
Le sere d’estate, quando il sole era scomparso da qualche ora oltre l’alto orizzonte di Serro di Castello, dalle Pietre di Nava, oltre al guaito delle volpi, scendeva, lungo quel torrentello dalla vita breve, una arietta fresca e leggera che ritemprava i corpi e gli animi, dopo la calura del giorno. Dopo cena, le sere di estate, satolli di insalatone a base di pomodori “insalata”, cetrioli, cipolle e, quando cera, provola o tonno, accompagnate dal saporito pane di grano della “cooperativa”, ci riunivamo su quel muretto: il nostro salotto. Ci riunivamo tutti, grandi e piccoli, per godere della frescura, ma soprattutto per godere dello stare insieme. Si chiacchierava fino a notte inoltrata, quando la calura del giorno era andata via dai muri delle case per lasciare il posto al sonno ed alla sopraffazione della stanchezza. Oltre ai ragazzi dell’Asparella, erano soliti sedersi su quel muretto, che fungeva da sedile, unico arredo urbano, mio padre, compare Pepé Marra, il ripartitore, compare Ciccio e Mico Bellé, padre e figlio, don Carmelo Uzzolino, compare Lorenzo Sesia, padre, e compare Lorenzo Sesia, figlio, i fratelli Campolo.
Il muretto era strategico perché di lì passavano tutti quelli che da Prumo o da Riparo Vecchio, per la via breve rappresentata dal guado del Calopinace, salivano al paese. Era così che alcune sere oltre ai soliti avventori del muretto, capitavano gli altri ripartitori: il signor Denisi, compare Nino Scappatura, compare Demetrio Marra. A volte ci passava anche mio zio Vincenzo con suo compare Peppe Berna. Chiacchieravano a lungo. Affrontavano ogni argomento, dalla politica allo sport, dalla coltivazione dei giardini all’allevamento dei vitelli, dalla raccolta del bergamotto al prezzo del cascolo. Discutevano, esprimevano le proprie opinioni, a volte dissentivano. Ma la cosa che non avrei mai dimenticato di quegli uomini era il rispetto, la stima e l’affetto, che reciprocamente manifestavano.
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