
Mia madre, Marisa, Paolo e Pasquale, si aggregarono alla carovana, sarebbero rientrati intorno alle dieci del mattino. Io ero troppo piccolo e “delicato” per poterli seguire, rimasi a casa con Papà. La storia si sarebbe ripetuta per sette sabati consecutivi. Poi ci sarebbe stata la “grandiosa festa i Maronna”. La festa della Madonna della Consolazione, la Patrona della nostra città, la nostra Mamma Celeste. Da quel sabato decisi di fare un fioretto, dato che non mi era consentito seguirli, avrei atteso sveglio la Carovana. L’idea del fioretto mi venne perché ero sicuro che i miei non mi avrebbero svegliato o non mi avrebbero consentito di alzarmi. Così per sette sabati, puntualmente alle tre, davanti la Chiesa, vedevo arrivare la Carovana diretta all’Eremo.
Il pellegrinaggio del sabato era una vera festa notturna, anziani, giovani, bambini, chi suonava, chi cantava, chi pregava. Un miscuglio di festa sacra e pagana. Una musica, quella della tarantella, che ti pervadeva e ti faceva battere il tempo, spontaneamente, senza che tu lo volessi.
Zio prete diceva che in fondo anche il suono della tarantella era preghiera. L’allegria della gente era preghiera. Diceva che quando si prega bisogna essere allegri, perché si ringrazia nostro Signore per le cose belle che ci circondano. Aveva ragione.
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