
Segnava sulla libretta. La libretta era un “quadernino”, sul quale mio padre trascriveva l’importo complessivo della spesa quotidiana, effettuata a debito dal cliente, dopo averlo riportato anche sul librone “mastro”. In pratica l’importo veniva annotato sul libro di bottega e trascritto per riscontro sulla libretta del cliente. A fine mese, o quando Dio voleva, il cliente passava una sera in bottega, si faceva il conto e saldava. La libretta veniva annullata così come l’importo annotato a credito sul libro di bottega.
A volte capitava anche che il cliente non riusciva a pagare per lunghi mesi. A volte non pagava mai. Mia madre si arrabbiava e lamentava con mio padre della sua eccessiva bontà e disponibilità. Mio padre cercava di chiarirle che era il rischio del mestiere. Che non era un reale problema. In fondo era tutto calcolato e preventivato. Lei non capiva, fino a quando mio padre non le rammentava la sua fede nella Provvidenza, o fino a quando non ricordava il suo viaggio di ritorno dalla prigionia. Sbarcato a Napoli, dovette tornare a casa senza soldi e con mezzi di fortuna, ma raccontava sempre che nessuna casa, nessuna famiglia, gli aveva mai rifiutato un piatto di pasta o un pezzo di pane.
Anche io cominciavo a capire che la Provvidenza è qualcosa che ti provvede, ma che forse ti invita, a tua volta, a provvedere agli altri. Mi tornava allora in mente mio zio Demetrio, il fratello più grande di mio padre, figlio di prime nozze di mio nonno Paolo. Zio Demetrio ripeteva sempre “aiuta che Dio ti aiuta”.
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