Il Piano che si deve elaborare vuole provare a dar seguito a questa decisione e rappresenta un’occasione di riflessione collettiva per contribuire a tracciare alcune linee guida per il territorio della città di Messina. Non vuole dunque essere un elenco di interventi da realizzare (esistono già numerosi elenchi, almeno uno per ogni comune): si tratta di delineare una visione strategica di sviluppo proiettata nel medio – lungo periodo: è giunto il tempo di pensare a una nuova forma per la città. Una forma nuova che non può non gravarsi della crescente preoccupazione sulla crisi ambientale nelle sue varie sfaccettature: dai gravi problemi sul dissesto idrogeologico, alle recenti crisi energetiche e idriche (pensiamo al recente problema dell’approvvigionamento d’acqua), ai fenomeni legati ai rilievi sulle attività economiche e produttive e sul conseguente andamento demografico.
Riteniamo sia necessario sviluppare un’idea per la quale la città e soprattutto il suo territorio possano dotarsi di una “coerenza di sistema”, di un disegno organico, di una interna completezza. Un’idea di città nella quale sia riconoscibile il carattere morfologico strutturale “progettato” a partire dall’esistente. Un carattere che si configura come l’esito di una riflessione collettiva sul ruolo complessivo del territorio nel contesto nazionale, europeo e mondiale. Un carattere che attraverso operazioni infrastrutturali e architettoniche sia in grado di conferire ai luoghi una nuova misura e un nuovo ordine urbano e paesaggistico. Questo Masterplan dovrebbe rappresentare a nostro giudizio l’occasione per ragionare su urbanistica e architettura, ma anche su economia e agronomia: sui rapporti tra forme insediative e spazio della “natura”, tra morfologia urbana e morfologia della “terra” (forme del suolo), tra i caratteri dei luoghi e il loro sviluppo nella omogenea e allo stesso tempo multiforme realtà del territorio.

Se si analizza il valore topologico del territorio messinese, se pensiamo al rapporto tra le forme della natura e le forme insediative, se pensiamo, solo a titolo esemplificativo, alle forme dei “litorali” –alla loro definizione in relazione all’interpretazione del senso di un waterfront dilatato- se pensiamo alle forme delle fiumare -vere e proprie “camere di natura- e al valore dei numerosi centri storici interni, istintivamente identifichiamo in questi sistemi i temi principali da affrontare nella definizione del Masterplan. Il carattere oggi di questi luoghi denota una complessiva fragilità rispetto ai problemi cui si accennava: la dispersione urbana, la mancanza di adeguate infrastrutture, gli eventi climatici esterni e i disastri ambientali provocati (che hanno anche seminato morte e distruzione), i black out energetici e di risorse primarie (la recente crisi relativa all’approvvigionamento idrico dall’acquedotto “Fiumefreddo”).
A questa fragilità e all’incapacità di proporre scenari positivi dobbiamo opporci provando a offrire invece atteggiamenti operativi più incisivi che permettano di passare dal “cosa” al “come” nei confronti di una grande trasformazione in atto: dal saper riconoscerne le cause, ma anche e soprattutto dal saper proporre scenari che diano risposte. Un progetto, quello del Masterplan, che deve provare a farsi carico degli aspetti drammatici con cui oggi si pone, più di altri, il problema delle infrastrutture: forse proprio a partire da questi aspetti (dal progetto della strada, o del nuovo acquedotto, di una linea tramviaria) si può concentrare la carica dirompente di una nuova configurazione urbana contemporanea. Possono essere forse le soluzioni su rinnovate reti infrastrutturali, per la mobilità, per la messa in sicurezza del territorio, a incidere in modo decisivo sulla ricostruzione duna nuova città finalmente metropolitana.