L’attività odierna rappresenta il naturale sviluppo delle indagini – coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e condotte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Villa San Giovanni – che già nel maggio e nel luglio del 2012, nonché da ultimo nel luglio 2013 (operazioni cd. “ALBA DI SCILLA 1, 2 e 3”), ha consentito di trarre in arresto complessivamente 23 soggetti facenti parte dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta operante a Scilla, denominata cosca “Nasone-Gaietti”.
Con la recente sentenza del G.u.p. di Reggio Calabria in data 9 ottobre 2013 sedici tra i predetti soggetti (ovvero quelli tratti in arresto nel maggio e nel luglio 2012), imputati a vario titolo dei reati di associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal cd. “metodo mafioso”, sono stati condannati a pene detentive comprese tra i 6 ed i 18 anni di reclusione. In particolare l’attività investigativa ha fatto emergere, tra l’altro, la capillare e continua pressione di tipo estorsivo esercitata dalla cosca a danno delle imprese impegnate nei lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria nel tratto ricadente sul territorio di Scilla.
L’odierno provvedimento restrittivo ha riguardato NASONE Domenico, cl.1970, rispettivamente figlio convivente e fratello dei detenuti NASONE Virgilio Giuseppe e NASONE Francesco, entrambi condannati con la predetta sentenza del 9 ottobre 2013 alla pena di anni 16 di reclusione (Nasone Virgilio Giuseppe) ed anni 18 di reclusione (Nasone Francesco), quali capi e promotori dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta operante a Scilla.
Le indagini hanno dimostrato come il NASONE Domenico (in concorso con il cugino Carina Angelo), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p., abbia tentato di estorcere somme di danaro ad un locale imprenditore edile. Con un modus operandi già emerso in precedenza e nonostante gli arresti eseguiti nel maggio e nel luglio 2012, anche in questo caso i predetti soggetti hanno esercitato la pressione mafiosa – rimarcata, tra l’altro, attraverso l’inequivocabile messaggio della bottiglia incendiaria lasciata nei pressi dell’abitazione della vittima – avvicinando in più occasioni il predetto imprenditore di Scilla e pretendendo dallo stesso, con reiterate minacce, la dazione di somme di denaro da destinare al sostentamento dei parenti detenuti.
Come già avvenuto in altre situazioni, decisiva ai fini delle indagini è stata la collaborazione prestata dell’imprenditore vittima dell’estorsione che non si è piegato alle richieste estorsive, fornendo un apporto rilevante alla definizione dei dettagli di tutta la vicenda delittuosa in questione.