Il poker nel pensiero filosofico dell’antichità

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Il-poker-nel-pensiero-filosofico-dell’antichitàSi è visto come il poker fosse noto già nell’antichità, ma sia nel codice di Hammurabi sia nei papiri egizi giunti fino a noi, le tracce ritrovate riguardano solo le sue regole principali o forniscono solo una semplice testimonianza della sua presenza.

Con Pitagora da Crotone si ha invece il primo segnale di un approccio scientifico all’argomento.

Pitagora è infatti il primo (e per oltre un millennio rimarrà anche l’unico) ad affrontare il poker sotto l’aspetto matematico.

Alcuni studiosi della Sorbona di Parigi si sono soffermati sul suo famoso teorema:

Il quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.

I ricercatori parigini, convinti che l’antico matematico, con questa rivoluzionaria intuizione, fosse voluto andare ben oltre la geometria, hanno trovato un evidente collegamento con il poker e, precisamente, una mano giocata fra tre giocatori.

Infatti, in una mano a tre c’è sempre un vincente (identificato da Pitagora nell’ipotenusa) e due perdenti, i cosiddetti cateti (il termine cateto veniva usato, all’epoca, in senso denigratorio).

E, giustappunto, la somma degli importi persi dai due cateti viene inevitabilmente vinta dal giocatore ipotenusa.

Si parla di quadrati il quanto, all’epoca, i giocatori erano soliti tenere le loro fiches davanti a sé, in piatti di forma quadrata.

Oggi la cosa potrebbe sembrarci scontata, ma provando a pensare secondo i concetti noti 2500 anni fa, non si può non apprezzare la straordinarietà dell’intuizione del grande matematico magno greco.

Successivamente, si svilupparono in Grecia delle scuole di pensiero che, in controtendenza con le credenze popolari che vedevano negli dei i principali artefici delle vicende umane, cercarono di studiare, con un approccio libero e senza preconcetti, l’uomo, l’ambiente che lo circondava, le sue attività e quindi anche il poker, che ne rappresentava certamente un aspetto.

Uno dei più grandi pensatori dell’antichità fu Socrate il quale, dopo aver studiato per anni l’argomento, probabilmente perché non supportato da un’adeguata preparazione matematica, con grande sincerità, alla fine disse: so di non sapere.

Il suo discepolo Platone non si discostò molto dalla scuola del maestro poiché riteneva che la conoscenza fosse innata e che, pertanto, se un soggetto non era di per sé un buon giocatore, non poteva assolutamente diventarlo.

Aristotele, pur essendosi formato secondo le idee dei suoi predecessori, andò comunque oltre, ipotizzando la possibilità di un’intuizione contemplativa, che avrebbe potuto guidare un giocatore nel corso di una partita.

Egli ebbe il merito di proporre per primo l’uso della logica per l’analisi delle mani.

Degni di menzione sono, inoltre, altri filosofi che hanno lasciato una traccia sull’argomento.

Si ricorda la scuola di Epicuro, ispiratore del pensiero edonistico, per il quale il piacere rappresentava la massima aspirazione umana.

Egli organizzava quotidianamente dei tornei nel suo giardino, invitandovi discepoli ed ospiti occasionali.

In occasione di tali eventi usava utilizzare inoltre, come dealer, delle avvenenti fanciulle, con il duplice scopo di rendere più gradevoli gli incontri e, nello stesso tempo, distrarre di tanto in tanto gli avversari.

Non si può non ricordare Diogene, il quale, grandissimo appassionato del gioco, andava in giro in una botte di legno, da cui fuoriuscivano solo i piedi e che, per strada, invitava i passanti a farsi una mano, tirando fuori le carte che portava sempre con sé.

Non può non destare umana pietà la vicenda di Seneca il quale, scontrandosi con Nerone (di cui si è parlato in un precedente capitolo) durante un interminabile torneo di poker, talmente sicuro della sua mano, aveva accettato una mortale scommessa proposta dall’imperatore.

Inaspettatamente, perse la mano (in seguito alcuni storici ipotizzarono che Nerone avrebbe barato costringendo il dealer a cambiare una carta) e dovette tagliarsi le vene.

Ricordiamo infine lo scettico Pirrone il quale, nel dubbio, soleva sempre vedere ogni  puntata dell’avversario.

Egli finì inesorabilmente in bancarotta.

I suoi discepoli sono tuttora particolarmente graditi in tutti  tavoli da gioco.

Saverio Spinelli

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