Poker e Rivoluzione Culturale Cinese

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Poker-e-Rivoluzione-Culturale-CineseIn Cina, nel 1911 iniziò un grande processo rivoluzionario che portò alla fine dell’Impero Cinese, di millenarie tradizioni.

Dopo varie vicissitudini, che compresero guerre civili, l’invasione giapponese e la seconda guerra mondiale, nel 1949 fu proclamata la Repubblica Popolare Cinese, d’ispirazione comunista.

Ora bisogna sapere che i Cinesi hanno avuto sempre un debole per il gioco, a tutti i livelli.

Inoltre, se da una parte, specie per quanto riguarda l’alimentazione, sono sempre stati molto legati alle loro tradizioni, nel gioco, al contrario, sono stati sempre aperti alle innovazioni, anche provenienti dall’estero.

Dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, i Sovietici, al fine di poter esercitare la loro influenza nell’organizzazione della società ed in materia di poker, forti dell’esperienza acquisita al riguardo, inviarono subito dei consulenti a Pechino.

Fu così che in Cina, com’era avvenuto in Unione Sovietica, il poker fu ufficialmente abolito, pur continuando ad essere esercitato dai notabili del Partito Comunista.

Così andarono le cose per una decina di anni, durante i quali i burocrati di partito usavano organizzare tornei che diventavano sempre più ricchi ed a loro esclusivo beneficio.

Tuttavia Mao Tse Tung, Presidente della Repubblica nonché ispiratore del pensiero rivoluzionario e che, poco alla volta, era stato di fatto estromesso dai suoi compagni di partito, arrivò alla conclusione che le cose dovessero cambiare.

Forte del suo ruolo istituzionale e del suo carisma, pensò, in contrapposizione alla maggioranza del partito stesso, di fare qualcosa di veramente rivoluzionario.

E decise di consentire il gioco del poker anche ad altri strati della popolazione.

In particolare, gli studenti ne furono subito entusiasti.

Essi si organizzarono sotto forma di gruppi chiamati Guardie Rosse che, oltre a partecipare ad oceanici raduni in ogni grande città del paese in appoggio al Presidente, andavano alla ricerca dei burocrati di partito per sbeffeggiarli.

Mao, nella sua immensa saggezza, sapeva anche, però, che il popolo non poteva conoscere bene le regole del poker, poiché ne era stato volutamente tenuto all’oscuro, prima dal potere imperiale, poi dall’onnipotente partito.

Allora pensò bene di scrivere il famoso Libretto Rosso, in cui riportò le istruzioni sul gioco e tutte le sue teorie al riguardo, che chiamò massime, concepite durante la sua “lunga marcia” di apprendimento del poker.

Il libretto non era solo da leggere, ma rappresentava un insostituibile vademecum per chiunque andasse alla ricerca della verità, tant’è che le Guardie Rosse lo tenevano sempre nella tasca della loro giacca, consultandolo all’occorrenza e sventolandolo ad ogni occasione.

Inoltre era motivo d’orgoglio, tra quei giovani, conoscere a memoria il maggior numero di massime e recitarle ad ogni occasione, facendo a gara tra di essi per chi ne conoscesse di più.

Quelle massime divennero il pane quotidiano di cui si cibò una buona parte della nuova generazione di Cinesi ed ebbero un discreto successo anche all’estero, se pur in ambienti circoscritti.

Le massime del Libretto Rosso rappresentano un’opera che, per importanza, non potrebbe ritenersi inferiore al Codice di Hammurabi ed ogni uomo e donna dovrebbero conoscerle, a prescindere dal fatto che essi giochino o no a poker, in quanto spesso esse sono riferibili ad ogni aspetto della vita.

L’ideale sarebbe poterle leggere nella versione originale, in cinese mandarino, al fine di coglierne appieno il profondo significato ma, ritenendo che ciò possa costituire un ostacolo per qualche lettore, si riportano le più significative, tra le tante, nella traduzione ufficiale in italiano.

Massime di Mao:

  • E’ meglio avere un tris che una doppia coppia.
  • Potendo scegliere tra avere una scala all’asso e una al K, scegli la scala all’asso.
  • Se l’avversario ha un punto più forte del tuo, passa.
  • Se il tuo avversario ha chiuso un punto, non bluffare.
  • Se non guardi le tue carte, non potrai sapere che punto hai.
  • Se fai vedere le tue carte all’avversario, egli avrà un vantaggio.
  • Se non giochi, non potrai vincere.
  • Se giochi, potrai perdere.
  • Se il tuo avversario è più forte di te, è meglio che non ci giochi.
  • Se noi hai vinto, ciò significa che hai perso.
  • Se non hai i soldi per l’iscrizione ad un torneo, salvo che non trovi qualcuno che te li presti, non potrai giocare.

Sembra inutile soffermarsi sull’indiscutibile valenza pedagogica delle intramontabili massime di Mao che, se mai ce ne fosse bisogno, testimoniano la grandezza dell’uomo e ne suggellano il ruolo nella storia.

Subito dopo la pubblicazione del Libretto Rosso, Mao, il quale ormai aveva raggiunto maturità di pensiero e capacità intuitive tipiche solo dei più grandi uomini della storia, fu attanagliato dal dubbio che il poker potesse non essere un gioco proletario in quanto esso non offriva le stesse opportunità a tutti giocatori, poiché questi partivano, dopo la distribuzione delle carte, con punti ben differenti.

In effetti, la tesi poneva dei seri dubbi sulla corrispondenza delle regole del poker al principio dell’uguaglianza sancito dallo stesso “Mao Tse Tung Pensiero”.

Allora il Grande Timoniere (Mao era chiamato anche così) formò una commissione, costituita solo da Guardie Rosse le quali, dopo alcuni giorni di studio, portarono al Presidente la soluzione: bisognava giocare con mazzi di carte costituiti esclusivamente da assi.

Dopo le prime partite tutti però si accorsero che il gioco era chiaramente impossibile.

Mao allora si arrabbiò, anche se la sua fu una rabbia proletaria e non borghese e costrinse la commissione a fare autocritica.

Poi, grazie alla sua immensa saggezza, trovò la soluzione: i mazzi avrebbero mantenuto l’assetto abituale, con la sola differenza che ci sarebbero stati non quattro, ma ventiquattro assi.

Questo processo passò alla storia come Rivoluzione Culturale.

Naturalmente i Sovietici non videro bene quell’iniziativa ed infatti cessò la loro alleanza con i Cinesi.

In quegli anni, quando le Guardie Rosse trovavano in giro mazzi tradizionali, ne rintracciavano immediatamente il proprietario, il quale veniva costretto all’autocritica e quindi inviato in centri di rieducazione ed addestramento.

Dal 1976, anno della morte di Mao, le autorità cinesi, da una parte continuarono ad onorare lo statista come padre della patria ma, a poco a poco, ristabilirono le regole originarie del poker.

Da qualche anno a questa parte, in Cina è apparentemente caduta ogni proibizione riguardo al gioco del poker che oggi, a livello ufficiale, può essere giocato liberamente da tutti anche se, in pratica, il 98% dei Cinesi ne rimane ancora escluso.

Ma questo è un altro discorso.

Tuttora, in alcune periferiche province cinesi è possibile trovare, da qualche rigattiere, mazzi dell’epoca con ventiquattro assi.

Saverio Spinelli

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