“L’orientamento del procuratore Izzo, che ci auguriamo non venga accolto dal Gip – dichiara Nuccio Barillà, della segreteria nazionale di Legambiente – è stato espresso senza aver ancora ricevuto la Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti dedicata al caso De Grazia, approvata lo scorso 5 febbraio. Nella relazione, oltre al contenuto della perizia medico legale (che smonta le conclusioni di morte naturale e avanza l’ipotesi di una decesso causato da sostanze tossiche, anche se non più accertabile), viene delineato, attraverso episodi precisi e circostanze dettagliate, il clima di pressioni, di minacce e di esposizione in cui operava il pool, di cui Natale De Grazia era il motore investigativo, poi smembratosi dopo la sua morte. Allegata alla relazione vi è tra l’altro una mole impressionante di documenti, finalmente desecretati, che possono essere in ausilio nuovo e importante al lavoro dei magistrati”.
Il caso De Grazia, come si afferma nelle conclusioni della Relazione parlamentare, è uno dei grandi misteri del Paese da chiarire.
“Per quanto difficile possa essere, dopo tanti anni – ha aggiunto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – è dovere dello Stato tornare a indagare in modo approfondito, sulla base di nuovi indizi, su quella tragica morte, sul contesto entro cui è maturata e sui motivi che l’hanno ispirata, per tentare di giungere finalmente alla verità. Ci auguriamo che il Giudice per le indagini preliminari, a cui tocca pronunciarsi sul caso, rigetti la richiesta d’archiviazione e disponga l’approfondimento delle indagini, a cominciare dall’acquisizione della Relazione conclusiva sul caso De Grazie e di tutti gli allegati. In questa vicenda pesano, secondo la stessa Commissione, superficialità, inadeguatezze, errori che hanno condizionato gli esiti della stessa perizia medico legale e che richiedono oggi il massimo del rigore”.
Per Legambiente, dopo l’esclusione della causa naturale del decesso del capitano De Grazia, è arrivato anche il momento di riconoscere ai suoi famigliari quanto previsto dalla legge 466 de 1990 per le “vittime del dovere”.