Il convegno su intercettazioni e giornalismo d’inchiesta, a cura della rivista universitaria “Diritto21”

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4“Mercoledì 26 aprile, presso la cittadella dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, la redazione della rivista giuridica “Diritto21” – periodico a distribuzione interna, gestito dagli studenti – ha organizzato un incontro di analisi e di approfondimento di alcune coinvolgenti tematiche giuridiche, che ha suscitato l’entusiasmante interesse di studenti e cittadini. L’iniziativa, dal titolo “Intercettazioni e giornalismo d’inchiesta: il confine tra obbligo di segretezza e diritto di cronaca”, ha permesso di affrontare una tra le questioni più dibattute del nostro sistema di procedura penale: il controverso bilanciamento tra l’esigenza di riservatezza nelle indagini preliminari e il diritto all’informazione dell’opinione pubblica. L’obiettivo prefissato dai componenti di questa straordinaria realtà giornalistica è stato senz’altro incentivato dalla piena disponibilità degli organi d’ateneo, in particolare il Magnifico Rettore Pasquale Catanoso e il Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza ed Economia Francesco Manganaro, ed ha superato qualsiasi aspettativa grazie alla ben nota professionalità dei quattro relatori del convegno: il prof. Arturo Capone, docente di procedura penale presso lo stesso Dipartimento reggino; l’avv. Francesco Albanese, penalista del foro di Reggio Calabria; il dott. Claudio Cordova, direttore della testata giornalistica “Il Dispaccio”; il dott. Gaetano Paci, procuratore aggiunto di Reggio Calabria. Nell’ottica di un procedimento penale in grado di accertare la verità dei fatti, la segretezza di alcuni atti nella fase investigativa è funzionale a una corretta verifica della fondatezza della notizia di reato da parte del giudice dell’udienza preliminare (per evitare il rischio di alterazione delle prove e per non consentire un depistaggio delle indagini stesse), e soprattutto all’esigenza di tutelare la cosiddetta “verginità conoscitiva” del giudice in dibattimento (garantendo la terzietà e l’imparzialità nell’esercizio della funzione giurisdizionale). D’altro canto, in una terra terribilmente intrappolata nella morsa della criminalità organizzata, la possibilità di esercitare celermente un sano diritto di cronaca costituisce un insopprimibile bisogno da soddisfare. Dopo un’attenta ed esaustiva esposizione della disciplina codicistica, il prof. Capone ha sottolineato il delicato rapporto tra i vari interessi coinvolti, separando due diverse situazioni procedimentali: l’ipotesi in cui gli atti siano ancora coperti dal segreto, prevista dal 114 c.p.p., che dispone il divieto assoluto di pubblicazione, e quella relativa agli atti non più coperti dal segreto, disciplinata al comma 7 dello stesso articolo, in base al quale “è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto”, con la precisazione letterale in base alla quale sarebbe comunque vietato riprodurre l’atto nel suo tenore testuale. Sono anche stati ribaditi i diversi momenti a partire dai quali sarebbe invece possibile la pubblicazione integrale dei vari atti. Una chiara disamina normativa che ha permesso di tracciare i binari sui quali si sarebbe poi sviluppato il dibattito. L’avv. Albanese, componente della medesima cattedra universitaria, ha brillantemente posto l’attenzione sugli irrimediabili danni causati dai cosiddetti “processi mediatici”, non solo per i protagonisti del procedimento penale (in primis il giudice del dibattimento, che prima di essere un tecnico del diritto è anzitutto una persona, suscettibile quindi di condizionamento) ma anche per la società civile. Alcune celebri trasmissioni televisive pongono in essere vere e proprie “ricostruzioni” dei vari delitti di cronaca, attraverso tecniche imprecise e a volte fuorvianti (ad esempio con l’utilizzo di “plastici”), che si sostituiscono al lavoro degli inquirenti e che possono ingannare l’opinione pubblica. A testimonianza di tale “spettacolarizzazione” mediatica vi sarebbe, ad esempio, il mancato rispetto del co. 6bis dell’art. 114 c.p.p., in base al quale “è vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi […]”. Sarebbe inoltre auspicabile, a parere del professionista, che l’attenzione mediatica sia indirizzata non solo agli “elementi a carico” di qualsiasi soggetto sottoposto a procedimento penale, ma anche (e soprattutto) a quelli eventualmente “a discarico”, nell’ottica di un effettivo rispetto della presunzione di non colpevolezza.

Il dott. Cordova, giovane giornalista reggino dotato di un disarmante spirito critico, ha posto invece in risalto la complicata questione che ostacolerebbe il mestiere di qualsiasi operatore dell’informazione, specialmente in terra di Calabria: la sopracitata norma in base alla quale il giornalista è tenuto a riportare solamente il “contenuto” degli atti d’indagine (non più coperti da segreto), comporterebbe una rielaborazione interpretativa da parte dello stesso, con il rischio di sottoporsi a una serie infinita di denunce per diffamazione che inciderebbero notevolmente sul mestiere e sulla funzione del giornalista. A parere dello stesso, la pubblicazione integrale dei testi estrapolati dalle intercettazioni, risulterebbe essere piuttosto uno strumento garantista, poiché mancherebbe il filtro del cronista e ciascun cittadino potrebbe leggerle e valutarle autonomamente; e inoltre, l’imparzialità e la terzietà del giudice potrebbero effettivamente essere influenzate dalle considerazioni che il giornalista esporrebbe sul contenuto degli atti a sua disposizione, qualora non fossero pubblicati per intero. Il direttore de “Il Dispaccio” sottolinea, infine, il tipo di giornalismo al quale s’ispira nel compimento del suo importante lavoro: si tratta del cosiddetto “giornalismo sociale”, nell’ottica di una responsabilizzazione della comunità con le armi della conoscenza.

Il procuratore aggiunto Paci, ha invece sin da subito evidenziato la fondamentale importanza delle intercettazioni come imprescindibile strumento di ricerca della prova. Citando la storica distinzione del costituzionalista calabrese Costantino Mortati, tra Costituzione “formale” (insieme di disposizioni scritte) e Costituzione “materiale” (che invece si riferisce al significato normativo degli stessi enunciati), per consentire un effettivo rispetto del diritto di cronaca l’opinione pubblica potrebbe legittimamente esigere delle informazioni che tecnicamente siano ancora contenute nell’involucro della segretezza procedimentale. A testimonianza di ciò, è doveroso notare come la sanzione prevista relativamente al divieto di pubblicazione risulti essere una semplice ammenda che varia da 51 a 258 euro (art. 684 c.p.), come se il legislatore “tollerasse” in qualche misura tale violazione. La legislazione italiana sulle intercettazioni, d’altronde, sembrerebbe essere una delle più avanzate dal punto di vista della tutela dell’indagato: in alcuni Stati infatti, ha sottolineato il magistrato, le intercettazioni vengono disposte direttamente anche dal potere governativo, e non solo dall’autorità giudiziaria. Necessaria poi la precisazione del dott. Paci relativamente al ruolo del giornalismo d’inchiesta, che in una democrazia assume le vesti di strumento indispensabile della magistratura, e non di ostacolo al rispettivo lavoro di ricerca della verità. La possibilità di cogliere tutte le sfaccettature di questa stimolante discussione ha senz’altro apportato un singolare arricchimento al corpo studentesco e a tutta la comunità reggina. A nome della redazione di “Diritto21” corre quindi il dovere di ringraziare questi indiscutibili professionisti che con passione ed entusiasmo hanno offerto le proprie magistrali competenze al servizio degli studenti e dei cittadini presenti, che, dal canto loro, hanno saputo cogliere la grande opportunità di formazione che questa iniziativa ha permesso di realizzare“. E’ quanto scrive il Direttore Responsabile di “Diritto21”, Giuseppe Abramo.

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