La sentenza del TAR di Reggio Calabria, che stamani ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Adele Maria Pedà e Francesca Romeo in rappresentanza di un gruppo di genitori, ha scatenato una vera e propria barbarie: gli ‘mpanicati del Covid, quelli che “mio figlio lo tengo chiuso in casa dal 20 dicembre per non farlo contagiare”, quelli che da due anni supplicano i vari Conte, Speranza, Spirlì, Brunetti, di “chiudere le scuole per evitare la strage di bambini”, quelli che la paura ha trasformato in marionette a cui è possibile agevolmente negare ogni diritto acquisito da secoli di battaglie civili, si sono scagliati con violenza contro i genitori che hanno intrapreso l’azione del ricorso, considerandoli colpevoli di mandare “i bambini al fronte”, nell’erronea convinzione che la pandemia sia una guerra e che la lotta con il virus si combatte in classe. Fatto sta che da stamani i social sono inondati di ingiurie, offese volgari, accuse violente contro quelli che in realtà sono i più sani protagonisti di tutta questa vicenda, quelli che hanno mantenuto un briciolo di lucidità e che vorrebbero per i loro figli un mondo normale. Sono quelli che non si piegano ad una paura infondata e sono quelli che stanno dalla parte della legalità, impegnandosi in prima linea per combattere paranoie, psicofobie e deliri sociali.
Gli ‘mpanicati del Covid, invece, sono andati oltre. Non contenti di offenderli, attaccarli e ingiuriarli, hanno diffuso sui social network le generalità dei genitori che hanno proposto il ricorso, compresi i nomi e cognomi dei loro figli, violando la legge e commettendo un grave reato. Nella sentenza pubblicata dal TAR, infatti, viene specificato che “in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento si deve procedere all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati“. Questo non è avvenuto e allora, sempre su mandato dei genitori colpiti, gli stessi avvocati Adele Maria Pedà e Francesca Romeo oggi pomeriggio hanno depositato una denuncia alla Polizia Postale per accertare le responsabilità penali e civili nei confronti di tutti coloro hanno commesso il reato di divulgazione della sentenza del TAR senza aver oscurato le generalità dei ricorrenti e dei loro figli.
“Abbiamo assistito ad una grave escalation di atteggiamenti di ostilità contro i genitori che hanno proceduto al ricorso; la sentenza è stata inoltre diffusa con tutti i dati sensibili che conteneva. Siamo qui per denunciare tutto questo alla Polizia per tutelare i bambini e i genitori da questa situazione incresciosa. Sono stati violati i diritti con minacce di una violenza inaccettabile, la libertà di espressione non può scadere in tali offese volgari e incivili“, spiegano ai microfoni di StrettoWeb gli avvocati. Che colgono l’occasione per una piccola “lezione” di diritto base, rispetto a coloro che accusano i genitori che hanno intrapreso il ricorso di aver “deciso per tutti”. “In realtà – spiegano gli avvocati – è esattamente il contrario. A decidere è stato il TAR, non i genitori. Il TAR ha accolto il ricorso in ottemperanza alle regole vigenti. E’ il Governo a decidere quali sono le regole, i genitori sono stati semplicemente i garanti di queste regole che a Reggio il Comune aveva calpestato, come il TAR ha accertato. I genitori hanno semplicemente chiesto alla giustizia di rispettare le regole“. A tal proposito giova precisare che i genitori di Reggio Calabria sono stati in assoluto i più pazienti: il ricorso a Reggio è arrivato una settimana abbondante dopo quello dei genitori della Campania, di Messina e di Siracusa, contro il governatore campano e i sindaci siciliani che la scorsa settimana avevano emanato analoghe ordinanze (tutte illegittime) di chiusura delle scuole. E tutte infatti bocciate dai vari TAR in merito alle leggi vigenti. L’assurdo era solo il fatto che a Reggio le scuole fossero ancora chiuse, e i genitori che hanno disposto il ricorso andrebbero semplicemente premiati.
Nel merito della vicenda, gli avvocati Adele Maria Pedà e Francesca Romeo hanno espresso vivo apprezzamento per la sentenza del Tribunale: “l’accoglimento della sospensiva ci rende felici, siamo ben consapevoli che la didattica in presenza è l’unica modalità per fare scuola. I ragazzi a casa perdono i ritmi di studio, il contatto con la dimensione scuola. Con la Dad stiamo consegnando al futuro una generazione di disadattati, con problemi non solo culturali ed educativi ma psicolofici e formativi. Inoltre la Dad estremizza divari sociali inaccettabili, perchè non tutti hanno gli stessi strumenti e la scuola in presenza è l’unico modo per garantire pari diritto allo studio a tutti i bambini di tutte le famiglie. Infine è fondamentale ricordare che non c’è alcun dato scientifico e alcuno studio che dimostra che la scuola sia il veicolo del contagio: le scuole sono chiuse da un mese, eppure nelle ultime due settimane abbiamo avuto il peggior boom di casi dall’inizio della pandemia. Il contagio, quindi, non avviene a scuola più che in famiglia, in casa e in tutte le altre attività che oggi sono regolarmente aperte per tutti i bambini. Il Comune e le autorità politiche pensino ad approntare le modalità per mettere in sicurezza la collettività, non certo chiudere la scuola“.
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