Il fastidio di pensare – Il Pater degli orfani

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E così siamo giunti ancora una volta a uno degli impegni più importanti della vita politica della nazione: l’elezione del Presidente della Repubblica, una sorta di Pater familias. Da ingenuo lettore della Costituzione, ho sempre pensato che una delle massime saggezze dei padri costituenti, che evidentemente avevano una visione del popolo italico alla Prezzolini, sia stata svuotare questa carica di potere effettivo. Infatti è l’unica, tra quelle politiche, che dura dall’inizio alla fine (lo sarebbero anche i sindaci dopo la riforma se ogni tanto non si mettessero in mezzo ai piedi i magistrati), e siccome è anche lunga non sai mai chi ci potrebbe capitare a far danni. Il Presidente della Repubblica in Italia stringe mani, distribuisce onorificenze, se ha un po’ di coraggio o non è impegnato a stringere mani di tanto in tanto potrebbe rimandare indietro leggi particolarmente vergognose e miserabili (ma ultimamente si vede che ha avuto molte mani da stringere) e, nelle occasioni prestabilite, tanto per fare capire di essere ancora vivo, è tenuto a fare discorsi gonfi di retorica a reti unificate a cui la stampa è tenuta a dare il massimo risalto ma a cui in fondo non gliene importa niente a nessuno. La gente, per tradizione, ascolta il discorso di capodanno e magari si inumidisce gli occhi, in quel momento sente tutto il peso di appartenere a una nazione, ma poi il giorno dopo si sveglia e la vita riprende nella sua normalità e nessuno ci pensa più, un po’ come quei ciambelloni di pane che a Natale non se li mangia nessuno ma guai se mancassero dal tavolo, non sarebbe festa e dopo un paio di giorni finiscono quasi interi nella spazzatura. Perché in fondo ognuno ha i suoi problemi, quelli seri, a cui pensare.

Chi comanda sul serio in Italia è il Presidente del Consiglio. E quella in Italia da quando c’è la repubblica è una carica che dura al massimo un anno e mezzo. Per fortuna. Ma questa è stata un’altra furbata dei padri costituenti che la sapevano lunga. Teoricamente dovrebbe durare cinque anni, ma immaginate un po’ se avessero lasciato per cinque anni il governo nelle mani di quelle geni superiori che di tanto in tanto vengono chiamate a salvarla. Già questo paese è in ginocchio, ma dopo cinque anni di menti prodigiose come quella di Monti, o di Renzi, o di Draghi, questo paese si ridurrebbe ad avere il PIL del Burkina Faso. E quindi li si fa giocare un po’ con le loro idee sbarazzine, si scopre che uno non ha molta simpatia per la libertà di stampa, uno è insofferente per la Costituzione, uno per i diritti umani, ma vabbé, il tempo di sfogarsi con il paese, poi si raccolgono i danni e si riprende, l’Italia ha sempre fatto così. Nel mondo c’è di peggio: nel Kazakistan gli sparano addosso, quindi teniamoceli stretti questi, sembrano quasi di Amnesty International. Tanto, per sedersi lì, mica bisogna avere vinto le elezioni. L’ultimo ad aver fatto così è stato Berlusconi, l’uomo che adesso ha scatenato una autentica campagna popolare di gente che lotta per non farlo eleggere (che è tutto dire). Sono arrivate pure a me un paio di richieste di firma per petizioni contro di lui, e m’è venuta in mente una famosa metafora di Longanesi. Diceva che in questo paese la gente è abituata a mangiare piatti di letame, e lo fa silenziosamente, ma è pronta a sbraitare se ci dovesse trovare dentro un pelo. Gli italiani sono fatti così: ingurgitano di tutto, purché sia servito bene, nel piatto di portata, magari con il servizio buono. Sono degli autentici cultori dell’apparenza, da buoni eredi del Rinascimento: e non è forse questo il paese dell’arte? Si può anche mangiare merda, purché sopra ci sia una buona grattugiata di parmigiano, magari di quello stagionato. Adesso dicono che non vogliono Berlusconi, e non capisco perché. E non è forse un buon simbolo della nazione? Berlusconi è stato, dalla fine della cosiddetta prima Repubblica, il politico più rappresentativo dell’Italia. Quello che, nella storia repubblicana, ha occupato più a lungo la carica di Presidente del Consiglio e quello che anche da esterno ha retto tutti i governi e a cui si è chiesto di cambiare la Costituzione. Avrà i suoi difetti, naturalmente: alcune ricostruzioni presumono che avrebbe avuto rapporti con la mafia (ma se entriamo in queste inezie, a partire da Emanuele Orlando, non se ne esce proprio più); più che indiscrezioni appare invece certo che gli piace la gnocca (vuoi mettere?); faceva le corna durante le foto … insomma, c’è il rischio che ci faccia fare cattiva figura durante le riunioni internazionali. Ma questo paese ha resistito a otto anni di Napolitano. Il primo comunista a sedersi su quella poltrona, un uomo che ha trascorso tutta la prima parte della sua vita da giornalista e da politico a esaltare le efferatezze del Novecento. Un uomo che in patria secondo alcune inchieste avrebbe usato tutta l’autorità della sua carica per eliminare intercettazioni che lo riguardavano nelle mani della Procura di Palermo. Ma all’estero fu impeccabile. Ci s’accorse, per esempio, ad organizzare un viaggio di Stato in Ungheria, che in quel paese non era tanto gradito, perché nel cinquantasei, dopo migliaia di morti e di arrestati, lui aveva scritto candidamente che quello era il prezzo della pace. Gente suscettibile, i magiari. Ma lui si mise il vestito buono, come sempre accade in Italia, e disse che vabbé, mi so’ sbagliato, e che sarà mai, datemi un po’ di fiori che li metto sotto il monumento di quei disgraziati e amici come prima, ci ho ripensato, la vita (a proseguirla) insegna tanto. Tutto sommato c’è da preferire d’essere derisi a causa delle corna di quel mattacchione di Berlusconi, ci vedo più allegria.

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