Berlato: “il Green Pass è discriminatorio”. E l’UE gli dà (parzialmente) ragione

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La Commissione Europea ha risposto all’onorevole Sergio Berlato: la nota ufficiale dell’UE

“È necessario che la Commissione europea si pronunci sull’uso improprio e discriminatorio che l’Italia sta facendo del green pass, in quanto assolutamente contrario alle stesse disposizioni europee”. Lo aveva detto lo scorso agosto l’onorevole Sergio Berlato, europarlamentare di Fratelli d’Italia, presentando un’interrogazione parlamentare. E oggi, 22 ottobre, è arrivata la risposta della Commissione Europea, che gli dà parzialmente ragione: “Il regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al certificato COVID digitale dell’UE(1) si basa sull’articolo 21, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea – si legge nella nota – e mira ad agevolare il diritto alla libera circolazione all’interno dell’UE“.

“Per garantire che anche le persone non vaccinate possano godere del diritto alla libera circolazione – prosegue la nota – il regolamento istituisce un quadro a livello europeo per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati relativi non solo alla vaccinazione, ma anche ai test e alla guarigione dalla COVID-19. Esso afferma chiaramente che la vaccinazione non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto alla libera circolazione. L’uso nazionale dei certificati COVID-19 per scopi diversi dall’agevolazione della libera circolazione all’interno dell’UE non rientra nell’ambito di applicazione di tale regolamento. Gli Stati membri possono effettivamente utilizzare il certificato COVID digitale dell’UE a fini nazionali, ma sono tenuti a prevedere una base giuridica nel diritto nazionale che rispetti, tra l’altro, i requisiti in materia di protezione dei dati. Nel caso in cui uno Stato membro istituisca un sistema nazionale di certificati COVID-19 a fini interni, esso dovrebbe garantire che anche il certificato COVID digitale dell’UE sia accettato in tale contesto. In questo modo, i viaggiatori che si recano in un altro Stato membro non devono ricevere un certificato nazionale supplementare per la COVID-19 per avere accesso, ad esempio, a bar o ristoranti. Per contribuire a garantire che tutti i cittadini possano usufruire di test a costi accessibili, la Commissione ha messo a disposizione degli Stati membri 100 milioni di EUR per test che soddisfino i requisiti per il rilascio del certificato COVID digitale dell’UE. Tuttavia, è importante notare che le decisioni relative alla determinazione dei prezzi dei test rientrano nell’ambito di competenza degli Stati membri”.

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