L’avversario più complicato per la Reggina, in questo momento, è la Reggina

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Il primo e più complicato avversario per la Reggina, in questo momento, è proprio la Reggina stessa. Come può, una squadra che fino all’intervallo di Reggina-Cremonese (dieci giorni fa) era seconda, in fiducia, sulle ali dell’entusiasmo, tranquilla e lanciata, sfaldarsi in maniera clamorosa in meno di due settimane?

Mettiamola così: si va a Lecce, sabato, ma se si fosse andati a Barcellona, a Parigi, oppure a Palmi o Roccella (non ce ne vogliano), sarebbe cambiato poco per la Reggina. Non nel senso che sarà una sconfitta certa, perché non può essere così, ma nel senso che in questo momento poco cambia chi ha di fronte la squadra amaranto. Perché? Perché il primo e più complicato avversario per la Reggina, in questo momento, è proprio la Reggina stessa.

Al ds Taibi ieri in sala stampa ho posto una domanda che mi frulla in testa dall’immediato triplice fischio e che tutt’ora non riesco a togliere dalla mente: come può, una squadra che fino all’intervallo di Reggina-Cremonese (dieci giorni fa) era seconda, in fiducia, sulle ali dell’entusiasmo, tranquilla e lanciata, sfaldarsi in maniera clamorosa in meno di due settimane? La Reggina ha perso certezze, autostima, fiducia in se stessa. Ha paura di sbagliare, va in confusione alle prime difficoltà, si fa schiacciare con estrema facilità appena gli avversari alzano leggermente il baricentro (vedasi soprattutto il secondo gol di ieri, molto simile all’1-1 della Cremonese, con il pallone a stazionare per un’eternità in piena area senza che si riuscisse ad uscire), si fa prendere dall’ansia quando è sotto e quello che costruisce lo fa più con la forza della disperazione che con quella delle idee. Insomma, i sintomi tipici di una squadra che staziona nelle ultime posizioni, che sente addosso odore di retrocessione. In realtà, però, prima di ieri sera la Reggina era quinta in classifica e oggi è a metà graduatoria con un rassicurante +7 sulla zona playout.

Come, quindi, ripeto, si può interpretare questa inspiegabile involuzione in così poco tempo? L’involuzione di una squadra che ha subito solo 9 gol in 12 partite e poi ne ha subiti 8 nelle successive 3. Problemi tattici? Malumori di spogliatoio? Eccessiva sicurezza e autostima (leggasi: “all’intervallo con la Cremonese pensavamo di essere troppo bravi”, cit. Taibi)? Tutto e niente, in realtà. Le supposizioni, se non surrogate da fatti, restano tali. Ipotesi, sensazioni, ma poco altro. La realtà è che la Reggina ha mantenuto la fiducia nell’allenatore, si è isolata e non può far altro che lavorare. Non ha una situazione di classifica tale da far provocare scossoni eccessivamente drastici. Diciamo che la vera Reggina non è la squadra vista negli ultimi dieci giorni ma probabilmente non è neanche da secondo posto (nel senso che ciò che arriva di più è tutto di guadagnato, non che non possa accadere). E diciamo anche che i momenti complicati in una stagione ci sono quasi sempre e, se proprio devono arrivare, meglio che si presentino adesso.

L’errore più grande che si possa fare, in questo momento, è cominciare ad accusare, trovare un capro espiatorio. Non è il periodo delle accuse, del “si è rotto il giocattolo”, del “è tutto finito, si volti pagina”. Sono tutte impressioni a caldo di tifosi, giustamente, arrabbiati e delusi. Ed è evidente come in questo momento sia facile perdere la lucidità. Ma la storia insegna che di momenti anche ben peggiori la Reggina ne ha vissuti e li ha superati. Quei momenti in cui gira tutto male, quei momenti, diciamo così, in cui Denis sbaglia due rigori di fila… Perché, parliamoci chiaro, se Reggina-Ascoli si fosse giocata due mesi fa sarebbe finita in altro modo e, alla stessa maniera, se Reggina-Ternana si fosse giocata ieri non sarebbe finita 3-2 come a fine agosto.

Dunque, ricapitolando: isolarsi, lavorare e ritrovare certezze. Aglietti non ha bisogno di ritrovare il “bel gioco” (poi, vai a capire che significa “bel gioco”), anche perché quello – perlomeno quest’anno – si è visto di rado, se per “bel gioco” si intende fraseggio rapido e fluido, alternativa di idee offensive. Il mister ha dimostrato, prima del periodo negativo, soprattutto solidità e concretezza. Quasi sempre ottimo approccio, vantaggio e sapiente gestione della gara e della fase difensiva. E, forse sì, anche in questo caso si può parlare di “bel gioco”, a seconda di come si interpreta. Per cui: silenzio, compattezza, autostima e qualche risultato o qualche prestazione positiva. Facile a dirsi, difficile – guardando il calendario – a farsi. Ma non ci sono altre soluzioni. La Reggina deve battere se stessa. E poi potrà anche vincere a Barcellona e Parigi…

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