Giro d’Italia 2021, Alessandro De Marchi in maglia rosa! Il CT Cassani lo celebra: il giusto premio per una vita in fuga

  • Foto di Luca Zennaro / Ansa
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Alessandro De Marchi nuova maglia rosa del Giro d’Italia 2021: il CT Cassani lo celebra con un post commovente: i sacrifici di una vita ripagati con merito

Alessandro De Marchi, una vita in fuga. Prossimo a compiere 35 anni, professionista solo da quando ne aveva 25, un po’ in ritardo. Il motivo? Non vinceva abbastanza gare. Il talento e le qualità fisiche non erano quelle del fenomeno, ma in quanto a work ethic e voglia di non mollare mai non era secondo a nessuno. Se ne era accorto per primo Gianni Savio, conoscitore di uomini prima ancora che di ciclisti. Oggi il ‘Rosso di Buja’ è diventato il ‘Rosa di Buja‘: nella quarta tappa del Giro d’Italia, la frazione Piacenza-Sestola, Alessandro De Marchi ha indossato la maglia rosa.

Foto di Luca Zennaro / Ansa

Il ciclista della Israel è arrivato secondo al traguardo dietro Dombrowski, ma con un tempo complessivo migliore nell’arco delle quattro gare fin qui disputate che gli ha permesso di scavalcare l’americano in classifica generale. Maglia rosa che resta sulle spalle di un italiano a quelle di un altro italiano, staffetta Ganna-De Marchi. A proposito di Italia, il CT azzurro Davide Cassani ha voluto celebrare il successo di Alessandro con uno splendido post social nel quale ha ripercorso la carriera di De Marchi svelando anche alcuni curiosi aneddoti: una vita in fuga, a lottare e dare fondo ad ogni energia rimasta per poi vedere trionfare gli altri allontanandosi dalla luce dei riflettori. Oggi il premio per tutti i sacrifici.

Alessandro De Marchi è un ragazzo che tra qualche giorno compirà 35 anni. Per passare professionista ha sudato sette camicie perché di corse ne vinceva poche. Passa professionista a 25 anni perché Gianni Savio, che non guarda solo gli ordini di arrivo ( Alessandro andava sempre in fuga) lo mette sotto contratto. Nel 2014, mese di febbraio, al mio primo raduno da CT, lo convocai insieme ad un altra decina di corridori. La sera del secondo giorno mi chiede di parlare con me: “scusami Davide ma cosa devo fare per essere un azzurro ad un mondiale”? Furono queste le parole che mi disse. La mia risposta fu altrettanto semplice: “fare quello che hai fatto in questi ultimi due anni”.

Quell’anno venne al Mondiale e fu talmente bravo che lo portai pure nel 2017 e 2018. Nel 2016, prima di Rio, eravamo d’accordo di fare l’avvicinamento ai Giochi Olimpici partecipando al Tour de France. A fine giugno mi chiamò: “ Davide, la mia squadra non mi porta al Tour e quindi penso che non mi porterai alle Olimpiadi. Vero?”
“Aspettiamo il Polonia” fu la mia risposta. A luglio andò al Giro di Polonia e in quasi tutte le tappe arrivò lontano dai primi ma non so quanti km fece in fuga. Appena finì la corsa lo chiamai: “Alessandro, ho bisogno di te, ti porto a Rio”.

Tirò per quasi 200 km e permise ai suoi compagni di squadra di stare tranquilli nella pancia del gruppo. Se Nibali non fosse caduto il suo lavoro insieme a quello di Caruso, Rosa e Aru avrebbe portato ad una medaglia sicura. Da CT sono felice per la sua maglia rosa, da uomo di ciclismo ancora di più perché questa maglia è il premio ad una carriera costellata da poche vittorie ma molta disponibilità a lavorare per gli altri. Da CT, lo guardo con estrema attenzione, rispetto, non solo per le doti atletiche ma anche per le doti di uomo e sportivo che sa essere squadra, sa sacrificarsi, rinunciare a qualcosa lui, per l’interesse degli altri. Tutte queste doti meritavano un premio. La maglia rosa. Pienamente meritata“.

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