Le frecce di Reggini e Messinesi

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Anche le frecce accomunano le due sponde dello Stretto

Di Kirieleyson – Tutte le automobili abilitate a circolare nelle strade hanno gli indicatori di direzione, meglio conosciute come frecce.

Una volta le frecce non c’erano: si utilizzava il braccio, che veniva fatto sporgere dal finestrino.

Successivamente il braccio umano fu sostituito da una piccola asta luminosa (approssimativamente simile appunto ad una freccia) che veniva fatta uscire fuori, all’occorrenza, dalla sagoma dell’auto.

E ciò finché a qualcuno non venne l’idea che poteva bastare attivare una luce, a destra o a sinistra, secondo le esigenze: nasceva così il fanalino. Ma rimase comunque il termine di freccia per definire l’indicatore di direzione.

Fatta un po’ di storia e stabilito che le frecce servono ad avvertire le altre auto in strada che, da lì a breve, si intende cambiare direzione e che il Codice della Starda ne stabilisce l’obbligatorietà dell’uso per girare, fermarsi o partire da fermo, sorge spontanea una domanda: Perché nelle province di Reggio Calabria e Messina, buona parte dei guidatori non usa le frecce né per entrare o uscire dal parcheggio e né per girare?

L’argomento è stato oggetto di un convegno tenutosi a Taormina lo scorso fine settimana ed in cui studiosi di diverse discipline si sono confrontati, scomodando persino Freud, il complesso di Edipo, Tommaso Campanella e l’impero bizantino, al fine di trovare una motivazione condivisa che potesse giustificare la repulsione di tanti guidatori locali verso l’uso delle frecce, senza tuttavia giungere ad alcun risultato.

Da parte mia vorrei tuttavia cercare di dare un contributo, spero utile, a comprendere il fenomeno, partendo da un fatto accadutomi tanti anni fa.

Ero a colloquio con un imprenditore della Piana di Gioia Tauro, che era stato vittima di un incidente stradale: una moto APE che lo precedeva gli aveva tagliato la strada svoltando a sinistra, senza avere messo la freccia e lui, nel tentativo di evitarla, era andato a finire fuori strada riportando diverse fratture.

Era uscito dall’ospedale da pochi giorni e, man mano che mi raccontava l’episodio, inveiva contro tutti i guidatori di motocarri. Alla fine concluse:

“guardatevi bene in auto quando guidate se davanti a voi c’è una LAPA (moto APE), perché cu oggi avi a Lapa, prima aviva u sceccu. E u sceccu non avi frecce!

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