Il fastidio di pensare – La verità a portata di mano

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L’ultima vittima della disputa tra ministero e società civile è una dottoressa bolognese, Barbara Balanzoni, che dopo essersi rifiutata di applicare le coercizioni ministeriali sui vaccini è stata radiata dall’ordine dei medici di Venezia. Lei ha ribattuto, in maniera forse un po’ troppo cruda, che se ne fotteva e ha fatto intendere che, per chi il medico ha scelto di farlo come missione sociale, se ti devi ridurre ad applicare direttive su cui hai dubbi molto seri e il problema poi è tra te e la tua coscienza, allora preferisce non esercitare affatto. Parole libere, ma che sono state coperte dal belato generale. Diceva Longanesi che in Italia non manca la libertà, ma gli uomini liberi. Di quelli, certo, ce ne sono sempre stati pochissimi, confusi con i fessi, ma non siamo sicuri neanche della libertà: prima ce ne era un po’ confusa con l’anarchia, ma se continua così non vedremo più neanche quella. Nell’Italia di oggi non c’è spazio per chi non è d’accordo.

È un paese triste quello dove per essere un eroe basta avere una coscienza. Checché se ne dica, come ha sempre chiaramente scritto Kelsen che ne è considerato il maggiore teorico, i limiti della democrazia sono piuttosto semplici, e cioè che si delega alla maggioranza una decisione perché non si conosce una risposta definitiva. Sarebbe bizzarro, o anche solo da imbecilli, delegare alla maggioranza il risultato di una addizione o di una sottrazione. Ma c’è ancora una cosa che non ha il rango di verità, anche se ultimamente ce ne siamo dimenticati forse perché hanno tentato, a livello di strombazzamento mediatico, di farcelo credere (o forse lo credono quelli stessi che ce lo urlano): la scienza non si identifica e, soprattutto, non potrà mai identificarsi con la verità (non vi annoierò con lo spiegarvi perché, in un dibattito plurimillenario da Aristotele a Popper, la scienza ha sempre riconosciuto come non può identificarsi con Veritas, ma fidatevi). L’unica branchia del respiro umano che vende verità è la religione, come ricordano quei bellissimi affreschi con il Pantocrator nelle chiese con sotto scritto “ego sum Veritas”.

Siccome viviamo in un’epoca in cui tutti sono credenti ma in fondo poi non crede nessuno, al momento si è sostituita la religione con la scienza, ma con la stessa funzione, e mentre prima sermoneggiavano i sacerdoti, adesso a sermoneggiare sono gli scienziati, e mentre per secoli la politica ha preteso un imprimatur divino, adesso si sente più sicura se questo glielo fornisce la scienza; è un trend che dura da circa un secolo e mezzo: da Mussolini e Stalin non c’è legge che non abbia la sua giustificazione scientifica dietro e adesso non c’è dibattito parlamentare che non abbia dietro il suo resoconto scientifico a motivarla. Ma c’è una incongruenza di fondo, appunto. Mentre i sacerdoti ricevono la loro verità da un’entità trascendente, gli scienziati pretendono di riceverla dal mondo stesso, e questo non è possibile: il mondo non fornisce e non può fornire alcuna verità se non appunto quella che pretendiamo di vederci noi stessi. C’è un modo di pensare rassicurante da parte di questi nuovi sacerdoti-scienziati che vorrebbe colmare il vuoto di insicurezza lasciato dalla crisi religiosa dell’ultimo secolo, ma nasconde una contraddizione di fondo. Gli scienziati pretendono di fare religione servendosi della scienza, e questo è un tradimento squallido della loro missione. E a loro fa da complice la politica che scavalca continuamente i propri limiti.

La politica in Europa si occupa sempre più di circoscrivere verità: ci sono leggi in Europa che tutelano la versione corretta della storia, che istituzionalizzano la sessualità, adesso leggi che obbligano a terapie mediche. Non sono indirizzi di pensiero da cui ci si può discostare, sono  verità da cui è vietato pensare diversamente, con lo spauracchio del codice penale. Negli stati totalitari non si ragiona per dibattiti e scambi di opinioni, ma per vero o falso: se non la pensi come me stai sbagliando. E quindi chi non è d’accordo deve fare lo stesso quello che dice la legge anche se è convinto di fare cose sbagliate. O è costretto a eroismi. Quali sono i limiti della politica? In una società democratica sono, ricordiamo, la coscienza della propria ignoranza, l’affidare al dibattito una alternativa sempre aperta, il rifuggire alla coercizione, il rispetto delle minoranze come alternativa di pensiero perché, appunto, si è coscienti che non esiste una verità.

La coercizione contiene l’idea di difendere la propria opinione non con la persuasione o con la ragione, ma con i carabinieri e il codice penale. Ed è l’idea di chi non si fida dei propri argomenti. Naturalmente, ne siamo pienamente coscienti, ci sarà sempre una minima parte della popolazione che continuerà a credere che ad Auschwitz si facessero allegre scampagnate, o che è ovvio che la terra sia piatta, o che per una crisi convulsiva sia meglio chiamare l’esorcista, e non ci sarà argomentazione che li potrà convincere. Ma lasciare ad ognuno la libertà di credere quello che vuole non ha mai ostacolato il veloce progredire complessivo della scienza umana. Questo si è solo frenato allorquando, nella certezza di possedere la verità e quindi per il bene anche di quei pochi che non la vogliono accettare, si è voluto imporla a tutti. Solo nella libertà ci può essere progresso; la libertà, ricordiamo, che è alla base della politica democratica, e che adesso in Europa sta a poco a poco paurosamente scemando in una sua sbiadita controfigura. Preferiamo una società che tolleri chi vuole credere che la terra sia piatta piuttosto che una che abbia l’orgoglio delle proprie certezze e obblighi ognuno ad abbeverarsene.

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