Messina regina dello street food, le origini del pitone messinese: le sacerdotesse di Apollo e il dilemma linguistico

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Le origini del pitone messinese: il simil calzone la cui preparazione risale alle sacerdotesse di Apollo e rappresenta un dilemma linguistico

L’Italia è una terra ricca di grandi tradizioni, anche culinarie. I piatti tipici del Bel Paese sono fra i più buoni, apprezzati e scopiazzati in tutto il mondo. Non soltanto alta cucina, l’Italia è anche famosa per il suo street food, letteralmente il cibo che si può consumare in strada. Un trancio di pizza, un panino o un prodotto di rosticceria da leccarsi i baffi. In Sicilia la tradizione dello street food è ben radica e Messina vanta una specialità unica nel suo genere: il pitone. Simile alla vista ai calzoni, il pitone è un gustoso scrigno dorato riempito di scarola, acciughe sottolio, tuma (qualcuno aggiunge anche i pomodorini) e condito con pepe nero, sale e olio. È una pietanza popolare, ai messinesi un solo morso riporta alla mente i dolci ricordi di mamme e nonne, vere e proprie artiste di questa prelibatezza.

Le origini del pitone messinese, il dilemma linguistico: con la T o con la D?

Il pitone è senza dubbio uno dei pezzi più gustosi della rosticceria di Messina. Potremmo dire che è ‘sulla bocca di tutti’, non soltanto però per il suo sapore ma anche per un dilemma linguistico legato alla sua pronuncia. Si dice pitone o pidone? U piduni o u pituni? Con la T o con la D? Una domanda che attanaglia i messinesi da sempre e che trova delle similitudini nella questione ‘arancina o arancino’, argomento scatenante schermaglie linguistiche fra i siciliani. Un aiuto potrebbe arrivare dalla storia antica in quanto le origini del pitone (con la T) risalirebbero addirittura all’antica Grecia.

Le origini del pitone messinese: le Pizie, sacre sacerdotesse di Apollo

Secondo i miti greci, Pitone era una sorta di drago marino serpentiforme, guardiano dell’Oracolo di Delfi. La creatura venne sconfitta dal dio Apollo (probabilmente per vendetta dopo che aveva perseguitato la madre del dio) e le sacerdotesse legate al culto del Pitone, chiamate Pythie (Pizie, pitonesse), diventarono le sacerdotesse apollinee. Com’è noto, le pizie presenti nell’Oracolo di Delfi erano famose per le loro qualità pro-piziatorie, ovvero la capacità di predire il futuro attraverso le loro visioni mistiche. Le sacerdotesse entravano in uno stato di trance, probabilmente dovuto all’ingerimento delle foglie di alloro che provocava uno stato allucinogeno. L’alloro per altro, era uno fra gli elementi base, insieme al farro, di una sorta di focaccia che i fedeli portavano in dono sugli altari delle divinità, ma che poi spesso finivo per essere il pasto delle stesse pizie che ne appresero anche la preparazione tramandandola nel tempo. Quando si dice che il pitone (con la T) messinese ha un gusto divino beh… è proprio vero!

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