Scuola: “didattica a distanza proibitiva per 6 bambini su 10”, la ricerca dell’Invalsi che dovrebbe far riflettere Spirlì e la Calabria

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Secondo l’Invalsi questa situazione non può far altro che aumentare le diseguaglianze già esistenti nella scuola italiana, ma in Calabria questo sembra non interessare

Il tema della scuola è tornato al centro del dibattito in Italia, soprattutto in Calabria dove il presidente facente funzioni Nino Spirlì ha scelto di emanare un’ordinanza di chiusura nonostante la zona gialla. La situazione epidemiologica nella Regione è tutt’altro che preoccupante, e questa decisione sembra essere molto in controtendenza con quella che è la realtà. Inoltre non tiene conto del fatto che tutti questi mesi di didattica (in gran parte) a distanza, soprattutto nel caso delle superiori, hanno scavato un solco negli apprendimenti degli alunni. A dirlo non sono solo gli studi internazionali che evidenziano un gap formativo nell’ordine del 30-50% in matematica e lingue, ma adesso è arrivata anche una ricerca dell’Invalsi, guidata da Anna Maria Ajello, che svela la condizione di partenza della scuola italiana all’arrivo della pandemia: per più di 6 bambini su 10 le lezioni da remoto sono state una prova proibitiva considerando che solo il 36% era in condizioni “accettabili” per affrontarle. Alle medie si sale leggermente al 48%, alle superiori al 66%. Tutti gli altri, dunque, potrebbero essere stati danneggiati dalla Dad. Perché se è vero che dall’emergenza a oggi il governo uscente ha stanziato 500 milioni contro il digital divide è altrettanto vero che anche Paesi all’avanguardia come l’Olanda (che ha chiuso le scuole per 8 settimane nell’anno scolastico 2019/20 contro le 18 nostre) hanno subito un contraccolpo nel passaggio all’e-learning.

Lo studio (realizzato su dati 2019 dai ricercatori Invalsi, coordinati dal responsabile Area prove nazionali, Roberto Ricci) consiste in un doppio questionario volto a indagare se gli studenti di quinta primaria, terza media e seconda superiore disponevano di un collegamento internet a casa, di un device e di un luogo tranquillo dove studiare. Fondamentale inoltre è capire se i docenti di italiano e matematica erano già avvezzi alla didattica digitale. Le risposte sono allarmanti: alle medie solo il 41% dei prof sondati, allo scoppio della pandemia, era abituato a farlo.

Questa fotografia di partenza, secondo l’Invalsi, non può che aumentare le diseguaglianze già esistenti nella scuola italiana. Sotto tre aspetti. Il primo, gli allievi che provengono da famiglie meno istruite sono svantaggiati rispetto agli altri. Ad esempio, in seconda superiore, dal 66% di studenti con un livello “accettabile” di Dad si scende sotto il 50% in presenza di genitori che hanno solo la licenza elementare. Un fenomeno che si osserva anche a medie e primarie. Il secondo divario riguarda i diversi indirizzi di studio delle scuole superiori, con un netto svantaggio per gli allievi degli indirizzi tecnico-professionali. Un dato su tutti: tra un liceale e un coetaneo del professionale ci sono 15 punti di differenza nell’indicatore di “accettabilità” a svantaggio del secondo. E veniamo alla terza differenza: la variabilità tra scuole e, in alcuni casi, tra le classi, specie nelle superiori. Dove al top ci sono allievi che, a parità di altre condizioni, hanno avuto migliori possibilità di apprendere in base all’istituto frequentato.

Percentuale di allievi in condizioni di accettabilità alla didattica a distanza

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