Reggio Calabria, la violenza killer della ‘Ndrangheta e il tabaccaio ucciso perchè disse “no” al boss: 4 arresti [NOMI, FOTO, VIDEO e DETTAGLI]

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Reggio Calabria, operazione “Giù la testa”:  tabaccaio ucciso brutalmente perchè disse “no” al boss della cosca Tegano

Alle prime ore della mattinata odierna, al termine di complesse ed articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura Distrettuale della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni BOMBARDIERI, gli investigatori della Polizia di Stato hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 2743/2017 R.G.N.R. D.D.A. – n. 3682/2019 R.G. G.I.P. – n. 42/2019 R.O.C.C. emessa in data 08.01.2019, dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della D.D.A., nei confronti dei seguenti 4 soggetti, ritenuti responsabili a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio, aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) anche dalla circostanza del metodo mafioso e dall’avere agevolato la ‘ndrangheta unitaria, nella sua articolazione territoriale denominata cosca Tegano, operante nei quartieri Archi e Gallico di Reggio Calabria:

  1. Francesco Polimeni nato a Reggio Calabria il 12.2.1964, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Prato [ritenuto responsabile dei reati di omicidio premeditato, illegale detenzione e porto in luogo pubblico di armi, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori e rapina, aggravati anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
  2. Francesco Mario Dattilo nato a Reggio Calabria il 8.9.1974, ivi residente [ritenuto responsabile dei reati di omicidio premeditato, illegale detenzione e porto in luogo pubblico di armi, tentata estorsione, rapina, aggravati anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
  3. Cosimo Scaramozzino nato a Reggio Calabria il 13.7.1967, ivi residente [ritenuto responsabile dei reati di omicidio premeditato, illegale detenzione e porto in luogo pubblico di armi, tentata estorsione, aggravati anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa];
  4. Giuseppe Antonio Giaramita nato a Castelvetrano (TP) il 15.06.1963, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari in Reggio Calabria [ritenuto responsabile dei reati di tentata estorsione, rapina, detenzione e porto in luogo pubblico di armi aggravati anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa e tentato omicidio].

L’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, sotto le direttive dei Sostituti Procuratori della D.D.A. Stefano MUSOLINO e Giovanni GULLO, ha fatto luce sull’omicidio del tabaccaio IELO Bruno classe 1951, barbaramente assassinato a colpi di pistola la sera del 25 maggio 2017, alle ore 21.10 circa.

Al momento dell’omicidio lo Ielo percorreva con il suo scooter la via Nazionale in direzione nord per rientrare a casa a Catona, preceduto di pochi metri dalla figlia Daniela Ielo che viaggiava con la sua autovettura. Il killer – entrato in azione a bordo di uno scooter di colore chiaro e il volto travisato da un casco integrale da motociclista – esplodeva contro il tabaccaio alcuni colpi con una pistola semiautomatica P. Beretta mod.70 cal. 7.65, poi abbandonata sul luogo del delitto con la matricola abrasa. Uno dei proiettili colpiva mortalmente la vittima alla nuca.

L’omicidio veniva posto in essere con modalità e simbologie tipiche di un’esecuzione mafiosa in piena regola. Invero, nel corso del sopralluogo emergevano circostanze che di fatto consentivano di escludere che potesse trattarsi di una rapina finita in tragedia, in quanto venivano rinvenute indosso alla vittima diverse banconote per migliaia di euro, costituenti l’incasso della giornata, rispetto al quale il killer si era mostrato indifferente, gettando l’arma e allontanandosi a grande velocità, subito dopo il compimento della fulminea azione delittuosa.

Lo Ielo era già stato vittima di una rapina perpetrata l’8.11.2016 all’interno della propria rivendita di tabacchi sita in via Nazionale di Gallico (RC), nel corso della quale era rimasto gravemente ferito da un colpo di pistola che uno dei rapinatori gli aveva esploso in faccia.

Le indagini – supportate da numerose attività di intercettazione telefonica ed ambientale, da sofisticati sistemi a tecnologia avanzata in 3D, dall’acquisizione di filmati registrati da alcuni impianti di videosorveglianza privata, dagli esiti dell’analisi della documentazione contabile delle due rivendite di tabacchi[1] (della vittima e del mandante dell’omicidio), nonché dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti e di alcuni collaboratori di Giustizia – consentivano di acquisire incontrovertibili elementi di particolare gravità indiziaria, in relazione alle condotte delittuose poste in essere da tutti i partecipanti all’omicidio e alle cause che lo avevano determinato, che gli investigatori della Squadra Mobile rassegnavano all’Autorità Giudiziaria, in un quadro d’insieme comprendente gli esiti delle attività svolte anche sulla violenta rapina e sul tentato omicidio subìti dallo IELO sei mesi prima all’interno della tabaccheria da lui gestita assieme alla figlia.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Le complesse investigazioni hanno invero consentito di accertare che Bruno Ielo era stato brutalmente giustiziato, in un crescendo di atti intimidatori finalizzati a fargli chiudere la tabaccheria con annessa ricevitoria Lottomatica e servizi similari o comunque a limitarne il volume d’affari, alla fine di una giornata di lavoro davanti agli occhi della figlia perché non si era piegato alle ingiuste pretese avanzate da Francesco Polimeni, elemento di spicco della cosca di ‘ndrangheta Tegano, gestore di un analogo esercizio commerciale intestato alla figlia.

L’omicidio veniva materialmente eseguito da Francesco  Mario Dattilo che esplodeva contro lo Ielo due colpi di pistola calibro 7.65, su ordine di Francesco Polimeni Alle fasi esecutive del delitto partecipava anche Cosimo Scaramozzino, uomo di fiducia del Polimeni, che affiancava nelle attività finalizzate a monitorare gli spostamenti della vittima e a pedinarla, in stretto raccordo con l’esecutore materiale, in occasione del compimento dell’azione delittuosa.

Il delitto aveva la duplice finalità di incrementare i profitti della rivendita di tabacchi di Francesco Polimeni, attraverso lo sviamento della clientela della tabaccheria Ielo, eliminando fisicamente il soggetto (Bruno Ielo ) che con il suo attivismo commerciale determinava il mancato guadagno dell’azienda concorrente e di ristabilire sul territorio il prestigio criminale (l’“onore”) della cosca Tegano, cui lo Ielo aveva osato resistere non abbassando la testa alle richieste estorsive avanzate con modalità mafiose dal Polimeni.

L’avere ucciso il tabaccaio che non si era piegato ai diktat della cosca, sparandogli sulla pubblica via, in modo plateale ed evidentemente punitivo, colpendolo al capo ed abbandonando deliberatamente l’arma accanto al cadavere, connotava la condotta delittuosa di una particolare simbologia mafiosa, trattandosi di un chiaro segnale rivolto all’intera comunità gallicese allo scopo di riaffermare la percezione del pregante vincolo associativo, la perdurante operatività della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la potenza criminale.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Alla luce della ricostruzione unitaria degli eventi operata nel corso delle indagini, anche la rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale Bruno Ielo veniva gravemente ferito al volto con un colpo pistola esploso dai malviventi all’interno della propria rivendita di tabacchi a Gallico, era da ritenersi un atto intimidatorio organizzato da Francesco Polimeni ed eseguito da Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Giaramita (quest’ultimo, con condotta autonoma, sparando in faccia a Bruno Ielo) nell’ambito di un progetto criminoso di più ampio respiro con finalità estorsive, diretto a far chiudere, con il ricorso ad atti di estrema violenza fisica, l’attività commerciale dello Ielo e ad ottenere (il Polimeni) l’ingiusto profitto equivalente ai guadagni economici che sarebbero derivati dalla clientela dell’azienda concorrente (quella di Ielo che doveva chiudere). Invero, la rapina, più che un fatto con finalità predatorie era stata una vera e propria spedizione punitiva, portata a segno con modalità particolarmente cruente e con impiego di violenza esuberante rispetto a quanto sarebbe stato necessario e sufficiente per l’esecuzione del delitto.

A collegare la rapina all’omicidio nell’ambito di un unico disegno delittuoso, si addiveniva monitorando non solo le condotte degli esecutori materiali, analizzando le loro peculiari fattezze e movenze fisiche e il modus operandi oltremodo irruento in occasione della rapina, ma anche altri elementi in comune, uno dei quali rilevato con avanzate tecnologie di Polizia Scientifica che consentivano di dimostrare come l’arma simbolicamente abbandonata dal Dattilo sulla scena del crimine la sera dell’omicidio, fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina, ovvero una Beretta mod. 70 cal.7.65, tanto da far ritenere che per commettere l’omicidio di Bruno Ielo, il Dattilo abbia utilizzato, con elevata probabilità, la stessa pistola.

Determinante ai fini dell’individuazione del mandante, dell’esecutore materiale e degli altri soggetti concorrenti nelle fasi operative dell’omicidio di Bruno Ielo, nonché della rapina e del tentato omicidio perpetrati in precedenza in suo danno, è stata, ancora una volta, l’analisi integrata delle immagini acquisite dai molteplici sistemi di video sorveglianza privata presenti nei pressi della tabaccheria e lungo le strade percorse dallo Ielo per rientrare a casa e dal killer che lo seguiva per tendere l’agguato.

Invero, in assenza di elementi fattuali e testimoniali conducenti nell’immediatezza alla soluzione del caso, veniva posta in essere dagli investigatori della Sezione Omicidi della Squadra Mobile, un’imponente attività di acquisizione delle immagini registrate da numerosi impianti di video sorveglianza dislocati lungo le vie in cui si era sviluppata la dinamica dell’azione delittuosa.

L’accurata analisi di tutti i filmati acquisiti a seguito del delitto consentivano agli investigatori della Polizia di Stato di ricostruire le fasi salienti dell’azione delittuosa, a partire dall’individuazione del tabaccaio che veniva agganciato di sera, a fine lavoro, presso il proprio esercizio commerciale – nel momento di avviarsi a casa con un motociclo – dal commando composto da Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino a bordo di una Fiat Panda di colore rosso e dal killer Francesco Mario Dattilo in sella ad uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione della vittima lungo tutto il tragitto, fino al luogo dell’esecuzione dell’azione delittuosa.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Ulteriori e pregnanti elementi acquisiti dalle molteplici attività tecniche di intercettazione telefonica ed ambientale, eseguite dalla Sezione Omicidi e dalla Sezione Contrasto al Crimine Diffuso della Squadra Mobile, in combinazione con le risultanze ottenute dall’analisi dei filmanti registrati dalle telecamere, consentivano di ricostruire, a vario titolo, i ruoli avuti da Polimeni, Scaramozzino, Dattilo e Giaramita nell’omicidio dello Ielo e nella tentata estorsione finalizzata a fargli chiudere la tabaccheria di Gallico, nonché nella rapina e nel tentato omicidio posti in essere in suo danno sei mesi prima.

A Francesco Polimeni viene inoltre contestato il delitto di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dalla circostanza del metodo e agevolazione mafiosa, in relazione all’intestazione fittizia della tabaccheria, oggi cessata per via dell’interdittiva antimafia, intestata alla figlia, titolare formale, nei confronti della quale si procede a piede libero.

[1] che consentiva di cristallizzare l’andamento economico (in negativo) della tabaccheria gestita da Polimeni Francesco nel momento in cui lo Ielo esercitava a pieno regime la propria attività lavorativa.

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