MES o non MES: questo è il dilemma, ovvero come tagliarsi le palle pur di essere coerenti

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MES o non MES, il grande dilemma che anima il dibattito politico

Di Kirieleyson – Il più noto dilemma della letteratura fu “l’essere o non essere” di Amleto.

Uno dei tanti dilemmi della politica italiana di oggi è l’accettare o meno il prestito, di 36 miliardi di euro all’1 % di tasso d’interesse, che l’Europa ci concederebbe, se noi lo richiediamo.

Il finanziamento sarebbe concesso dal MES (Meccanismo europeo di stabilità), che è un istituto finanziario dell’Unione Europea, costituito per fornire risorse monetarie ai paesi in difficoltà e che finora prevedeva per lo stato beneficiario l’accettazione di ferrei controlli sulla spesa programmata (come fu per la Grecia alcuni anni fa).

Ciò premesso c’è da dire che questa nuova versione del MES non prevede invece condizioni per gli stati fruitori, se non l’obbligo che la spesa sia destinata alla sanità.

Più o meno come quando si fa un mutuo per comprare la casa e la banca pretende che i soldi debbano essere spesi proprio per quello scopo.

Ma allora qual è il dilemma?  Potrebbe essere una buona occasione per attrezzare ospedali e adeguare tutte le strutture sanitarie del Paese.

E no signori, “questo finanziamento non s’ha da fare”. Ma perché mai?  I motivi sono tre.

Il primo motivo è Salvini Matteo che, avendo ripetuto per mesi di “non voler sentir parlare di MES”, avrà probabilmente ritenuto opportuno mantenere la sua posizione ad oltranza, forse pensando che un voltafaccia così eclatante sull’argomento, ancorché ampiamente giustificato, non sarebbe stato apprezzato dai propri elettori.

Anche se tale timore appare del tutto ingiustificato.

Infatti, l’elettorato si è dimostrato essere finora estremamente comprensivo nei confronti del leghista.

Vi ricordate le pluriennali ingiurie contro i meridionali?   Avete visto quanti voti ha preso al Sud alle ultime elezioni?

Il secondo motivo è rappresentato dai Fratelli d’Italia, da mesi impegnati nell’erosione dell’elettorato dell’alleato ex padano.

Le posizioni dei due schieramenti della destra, nella totale assenza di giustificazione plausibili dal punto di vista economico, assumono una unica motivazione, esclusivamente politica: non vogliono sentirsi scavalcati, gli uni dagli altri, nella competizione su chi dei due sia più sovranista.

Fin qua tutto comprensibile: entrambi i partiti stanno all’opposizione e non desiderano che gli oppositori che stanno al Governo possano avare dei vantaggi.

Il terzo motivo si chiama però 5 Stelle: anch’essi in passato si erano espressi contro al MES (non che fosse una novità, essendo stati sempre contrari a tutto).

Ma oggi sono al governo e la logica obbligherebbe loro a ragionare diversamente, trovandosi coinvolti nel dover trovare soluzioni a problemi pratici, piuttosto che alimentare polemiche, anche a discapito di precedenti asserti. Problemi pratici per la cui soluzione il prestito di 36 miliardi a condizioni molto vantaggiose sarebbe utile.

Tuttavia sono incalzati dalla frangia interna che addebita loro la “perdita dei valori originari” tra cui il concetto della dogmatica “immutabilità di pensiero”.

E allora cosa fa la leadership dei 5 Stelle, ormai orfana della piattaforma Russeau (a proposito, che fine ha fatto?), che la sollevava dal dover prendere decisioni?

Pur davanti all’evidenza, preferisce anteporre il natìo principio di coerenza, a quello attuale di convenienza, per il Paese.

Praticamente tagliarsi le palle, piuttosto che tentare di dimostrare di averle.

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