La cura riesce a fermare l’avanzata della malattia attraverso l’uso di questi farmaci che già i medici hanno a disposizione
“Non è la polmonite a uccidere, si ostinano a curare le complicazioni polmonari quando ormai sappiamo in modo sempre più accertato che questo virus tramite il polmone entra a contatto con il sangue, viene pompato dal cuore in tutto l’organismo e determina trombosi disseminata che in alcuni casi può portare alla morte. Ma c’è una terapia semplice, da somministrare in fase iniziale, non a tutti i pazienti ovviamente ma solo in coloro che iniziano ad avere sintomi polmonari, che può evitare tutto questo”. Ad affermarlo è stato il prof. Salvatore Spagnolo in un’intervista ai microfoni di MeteoWeb. Cardiochirurgo di fama internazionale, calabrese d’origine, è cresciuto e si è formato al San Raffaele di Milano e dopo una lunga carriera tra Busto Arsizio, Lecco, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Treviglio, adesso è un punto di riferimento molto importante dell’Istituto clinico ligure di Alta specialità cardiochirurgica di Rapallo, in Liguria. Sul Covid-19 sta lavorando non solo da medico, ma anche da ricercatore e ha ideato una terapia domiciliare che sta producendo grandi risultati.
“La mia terapia prevede cortisone ed eparina – continua Spagnolo – , precisamente Clexane da 4000-6000 UI, Deltacortene da 25mgr mezza compressa due volte al giorno (mattina e sera) e Azitromicina da 500, una compressa al giorno. Ma bisogna farlo nel momento giusto, non dopo che il virus ha già danneggiato polmoni e vasi sanguigni. Bisogna anticipare la fase avanzata dalla malattia con questi farmaci che abbiamo già a disposizione”. Il professore ha monitorato 140 pazienti che, tramite i loro medici curanti, si sono sottoposti a questa terapia: soltanto 2 sono stati ricoverati, altri 138 sono guariti senza necessità di cure ospedaliere. Secondo Spagnolo, anche l’aspirina può aiutare a contrastare gli effetti del Covid-19 nei pazienti che hanno le forme più leggere, asintomatici o paucisintomatici: non è certo una novità, dopo lo studio dell’Università Americana del Maryland che ha dimostrato quanto sia diminuito il tasso di ricovero tra i pazienti lievi che usavano l’aspirina nella fase iniziale della malattia.