La resa di Callipo, l’ennesima sconfitta della Calabria

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La resa di Pippo Callipo: ecco perchè è una brutta notizia per tutti i calabresi perbene

Pippo Callipo ha alzato bandiera bianca. Si è dimesso dal suo ruolo di consigliere regionale della Calabria cinque mesi dopo aver perso le elezioni contro Jole Santelli.

Il messaggio per la Calabria, i calabresi e la politica, è devastante.

Callipo si arrende. Lo fa quando l’alba di questa legislatura non è ancora sopraggiunta e, probabilmente, quando la collettività calabrese ha maggiore bisogno di figure oneste e rassicuranti proprio come l’imprenditore di Vibo.

La resa di Callipo altro non è che l’ennesimo cazzotto sena preavviso rifilato ad una terra in debito d’ossigeno – economica, infrastrutturale, sociale –  e che giunge da chi meno te lo aspetti, da un uomo da sempre impegnato per la sua regione, prima come imprenditore poi come attivista.

Con questa mossa Callipo erige un muro etico tra se e la rappresentanza politica, tra la sua figura e la coalizione che lo aveva sostenuto nella corsa alla presidenza, di fatto scaricando ogni possibile ruolo di “protagonista” di un nuovo fronte progressista calabrese, anti sovranista, o comunque una posizione di primo piano nel disastroso panorama politico regionale.

La sua resa è un oltraggio alle migliaia di cittadini che lo avevano preferito nella competizione elettorale di Gennaio, premiandolo anche come il migliore candidato presidente ad ottenere il maggior numero di preferenze secche (senza indicazione ulteriore a liste e candidati al consiglio regionale) con 17.556 voti, tre volte in più della presidente eletta Jole Santelli.

Un patto forte, un legame autentico, un segnale di grande fiducia manifestato dall’elettorato verso Callipo e oggi tradito.

Ma anche una bocciatura per le scelte, spesso senza senso del Partito Democratico calabrese, più vicino ad un aggregato inconsistente di personaggi in cerca d’autore che di un partito organizzato e con idee lungimiranti.

Pippo Callipo lascia e anche le motivazioni addotte sembrano flebili. Per cambiare lo stato delle cose serve un impegno diretto, dall’interno dei palazzi decisionali e non certo dall’esterno: d’altronde era lo stesso imprenditore, in piena campagna elettorale a rinnovare “dichiarazione d’amore per la Calabria e di guerra al sistema che l’ha piegata agli interessi di pochi a danno della collettività. La mia missione è ridare dignità e libertà ai calabresi”.

Ma con le dimissioni sembra essere stato lui ad ottenere la libertà Dai calabresi.

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