Recovery Fund: cos’è, come funziona e perchè può segnare il futuro dell’Europa

StrettoWeb

Con 750 miliardi di euro sul tavolo, la manovra proposta dalla Commissione europea potrebbe incidere profondamente sul futuro dell’Unione europea

A causa delle gravi conseguenze economiche che hanno colpito gli stati europei (e non solo) a seguito della crisi derivata dal diffondersi del coronavirus, da più parti è stata avanzata la richiesta di una risposta integrata da parte dell’Unione Europea. Ed è in questa logica che si muove la recente proposta della Commissione europea sul Recovery Fund.

La proposta della Commissione, più nel dettaglio, prevede la creazione di un fondo da 750 miliardi di euro da distribuire ai paesi membri. Questa cifra dovrebbe essere reperita attraverso un’emissione comune di bond che, al fine di essere resi più appetibili sul mercato, saranno garantiti dal bilancio dell’Unione e, dettaglio significativo, alla scadenza dovranno essere ripagati dalla Commissione stessa e non dai singoli paesi membri.

L’utilizzo del bilancio a garanzia dei titoli implica inoltre un ulteriore progetto per il suo potenziamento, dato che allo stato attuale la sua entità non è tale da poter assolvere a questa funzione. Si tratterebbe infatti di passare dall’attuale 1% rispetto al Pil europeo, al 2%. Ciò anche attraverso nuove risorse proprie dell’Ue come la “plastic tax”, la tassazione dei giganti del web e la riforma ed estensione dello European Trading Scheme. Quest’ultima può esseere descritta come la “tassa” che le grandi aziende pagano per acquistare quote di emissione di agenti inquinanti, il cui tetto massimo viene abbassato nel tempo dall’Unione per contrastare inquinamento e cambiamento climatico.

Accogliendo parte degli elementi presenti nella proposta comune presentata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron, la Commissione ha previsto che una parte dei fondi a disposizione saranno erogati come contributi a fondo perduto (fino a 500 miliardi), la restante parte (250 miliardi) invece come prestiti che i singoli paesi membri dovranno restituire.

Riguardo al criterio con cui questi fondi verranno allocati la Commissione è partita dall’assunto che sebbene il coronavirus abbia colpito tutti i paesi dell’Unione in maniera simile, le conseguenze economiche che ciò ha prodotto sono invece asimmetriche tra gli stai, colpendo maggiormente i paesi del sud dell’Europa. Per questo motivo i fondi andrebbero erogati proporzionalmente ai danni subiti e in questo senso Paolo Gentiloni, attuale Commissario europeo all’economia, ha dichiarato che l’Italia dovrebbe essere il primo paese membro in termini di risorse allocate. Si tratterebbe di oltre 81 miliardi erogati a fondo perduto e circa 91 in prestito.

Sulle finalità per cui questi fondi dovranno essere usati e gli strumenti attraverso cui farlo la Commissione ha identificato tre pilastri a cui fare riferimento. Il primo riguarda il supporto agli investimenti e alle riforme realizzate dagli stati membri, pratica alla quale verranno destinati circa 560 miliardi. Il controllo che l’Unione eserciterà però su questo aspetto appare più evoluto rispetto a quello adottato in occasione della precedente crisi finanziaria, rispetto alla quale il caso Grecia è stato emblematico. Piuttosto che focalizzare l’attenzione sui “tagli” infatti la Commissione si concentrerà sulla verifica della qualità della spesa.
Il secondo pilastro punta invece ad incentivare gli investimenti privati verso le aziende in difficoltà nei paesi più segnati dalla crisi. Per ottenere questo risultato è stata prevista l’erogazione di 31 miliardi che nei piani della Commissione dovrebbero servire a mobilitare investimenti per 300 miliardi. Altri 15 miliardi invece dovrebbero essere utilizzati per stimolare ulteriori investimenti privati finalizzati ad ampliare l’autonomia dell’Unione europea in settori strategici quale quello dele nuove tecnologie.
Il terzo pilastro, infine, prevede la mobilitazione di 9,4 miliardi da investire in prevenzione al fine di contrastare l’insorgere delle epidemie e nell’acquisto di medicine e strumentazioni mediche.

Da notare che le cifre descritte dalla Commissione europea rappresentano un unicum nella storia dell’Unione. Non a caso l’intera operazione è stata denominata “Next generation EU” quasi a voler sottolineare l’impatto che questa potrebbe avere sullo stato di salute dell’Unione europea andando anche oltre le tematiche strettamente legate al coronavirus.
È però opportuno sottolineare come allo stato attuale quella della Commissione sia soltanto una proposta, che come tale sarà soggetta ad un processo negoziale tra i leader europei e che pertanto non è detto che verrà attuata senza modifiche. Peraltro essendo necessaria l’unanimità per la sua approvazione è anche possibile che l’iter si protragga nel tempo e che l’entrata in vigore del fondo non avvenga in tempi rapidi.
In sede di negoziazione sarà infatti facile aspettarsi un certo grado di opposizione dai paesi del Nord che già hanno espresso critiche su temi quali l’ammontare complessivo del fondo, ritenuto eccessivo, ma soprattutto riguardo alle modalità della sua erogazione, in particolare sul tema del fondo perduto.

Sul Recovery Fund si è aperto anche un dibattito interno alla politica Italiana che ha accolto con toni differenti la proposta. Questa è stata ad esempio definita “Un’occasione incredibile” dal ministro alla Cultura e capodelegazione del PD Dario Franceschini secondo cui per la prima volta dopo trent’anni un esecutivo italiano sarà messo nelle condizioni di spendere invece che di occuparsi solo di fare tagli.
Più cauta Giorgia Meloni, leader di Fdi, che pone l’accento sulle incognite relative alle modifiche che potrebbe subire l’attuale proposta della Commissione e sulle tempistiche incerte relative alla sua attuazione.
Vito Crimi, capo politico del Movimento 5 Stelle, definisce la proposta “Un segnale molto importante da parte dell’Unione europea” in un suo intervento sul blog del Movimento e la descrive come “Lo sviluppo concreto della proposta all’epoca avanzata dall’Italia quando, su iniziativa del presidente del consiglio Giuseppe Conte, il nostro Paese si fece capofila di un gruppo di altri 8 per chiedere all’Ue una risposta economica più incisiva, attraverso un fondo alimentato da emissioni di debito comune”.
Insolitamente quiescente sul tema Matteo Salvini, leader della Lega, il quale ha comunque affermato che l’erogazione di queste somme avrà come contraltare “nuove tasse europee” su consumi e produzione.

Condividi