Il Tunnel di distrazione di massa e il peccato originale del Ponte sullo Stretto

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Ponte sullo Stretto, l’inaccettabile speculazione del tunnel utilizzato per affossare il collegamento stabile dello Stretto e le ragioni tecniche di un’alternativa “improponibile”

Il 3 ottobre 1982 usciva in edicola lo storico Topolino n° 1401 dedicato al Ponte sullo Stretto di Messina, con la leggendaria storia di Elisa Penna e Giorgio Pezzin “Zio Paperone e il ponte di Messina“, disegnata dal mitico fumettista Giorgio Cavazzano. Zio Paperone sogna di realizzare il “Ponte di Messina” fiutando l’affare dell’investimento che consentirebbe di eliminare i disagi delle code per l’attraversamento dello Stretto, ripagandosi con gli incassi del pedaggio. A costruire il Ponte, però, è l’acerrimo rivale Rockerduck che, con escamotage criminali, ruba a Paperone l’idea ma inaugura un’opera instabile, destinata a consumarsi troppo in fretta (la storia completa è nella fotogallery scorrevole in alto). E quindi siamo punto e a capo: il Ponte sullo Stretto non c’è nella realtà dell’Italia del 2020, così come non c’era nel fantastico mondo dei Paperi di 38 anni fa. Ma il parallelismo tra le fantasie dei fumettisti di allora e la realtà politica di oggi si esalta nelle figure di PaperoneRockerduck rapportati alle menti amministrative che governano il nostro Paese. Paperone, infatti, mobilita i migliori tecnici che lavorano a lungo e superano enormi difficoltà ingegneristiche, spronati dall’entusiasmo della sfida del progresso scientifico, mentre Rockerduck inizialmente si disinteressa alla realizzazione della grande opera ma pur di impedire che la realizzi l’odiato rivale, fa di tutto per sabotarne l’iniziativa. Infine, gli ruba l’idea e lo costruisce davvero, anche se sbaglia i calcoli e il Ponte crolla. Più che una vignetta, sembra proprio la storia politica dell’Italia e del Ponte, con la differenza che questi scappati di casa non sono in grado neanche di rubare il progetto originale (nonostante qui gli autori glielo regalerebbero gratis!) e realizzarlo davvero.

Pur di non realizzare il Ponte, autorevoli esponenti del governo Pd-M5S hanno rispolverato i progetti del tunnel sottomarino che erano già stati scartati 40 anni fa per le difficoltà tecniche di realizzazione. Il tema, ovviamente, non è quello tecnico: siamo nel 2020 ed è più che giusto chiedere ed ottenere aggiornameni e adeguamenti basati sulle ultime scoperte tecnologiche rispetto al progetto definitivo, che è stato realizzato ormai quasi 10 anni fa. Ma quel progetto definitivo c’è e non si può ignorare, perchè c’è soprattutto un lunghissimo iter tecnico e burocratico che è già stato superato: se l’idea del tunnel è un tranello per ricominciare tutto daccapo, e quindi perdere altri 40 anni, si tratta di una speculazione inaccettabile. Quanto c’è da aggiornare e ammodernare si può fare in sede di progettazione esecutiva dei lavori e delle opere, partendo dal punto in cui tutto si era fermato ed evitando di dilapidare lo straordinario patrimonio di conoscenze (e denari) fin qui investito dallo Stato per unire Calabria e Sicilia.

Ci auguriamo che non si ripeta a livello nazionale quanto la città di Reggio Calabria ha subito per gli egoismi, le invidie e le gelosie della politica locale con il sindaco uscente, Falcomatà (Pd) che ha stralciato il progetto del Waterfront realizzato dall’archistar Zaha Hadid soltanto perchè ideato e voluto dall’odiato predecessore di destra Scopelliti, nonostante tutte le opere fossero già garantite da due finanziamenti, uno a valere sul Decreto Reggio per un importo di 52 milioni di euro e il secondo a valere su fondi POR – PISU (Progetti Integrati di Sviluppo Urbano), per un importo di 16 milioni di euro.

Sul Ponte è stato Berlusconi a metterci anima, cuore e concreti atti di governo: è il peccato originale. Possiamo mai noi grilloidi antikasta, adesso che siamo arrivati a Palazzo Chigi e abbiamo votato per le Olimpiadi che non volevamo, abbiamo dato la gestione del nuovo Ponte di Genova ai Benetton che contestavamo come fossero la peste, abbiamo messo l’obbligo addirittura del vaccino anti-influenzale mentre eravamo no-vax e stiamo aderendo persino al MES, realizzare anche il Ponte sullo Stretto? Ci manca solo questo che, se lo facessimo davvero, ci chiamerebbero Forza Italia e figliocci del Cav. Invece il tunnel non si può fare e non si farà, ma almeno allunghiamo il brodo e inganniamo qualche allocco. 

A tal proposito, sul Quotidiano del Sud di oggi Roberto Di Maria, Ingegnere Civile Trasportista, Dottore di ricerca in Ingegneria delle Infrastrutture dei Trasporti ed esperto di ponti e mobilità, ha spiegato perchè – sotto il profilo tecnico – quella del tunnel al posto del Ponte è una scelta “improponibile” per collegare Calabria e Sicilia. Può funzionare benissimo, invece, per affossare definitivamente il grande sogno del collegamento stabile.

Ecco l’articolo dell’ing. Di Maria:

Tra le idee che si presentano all’orizzonte per affossare il Ponte sullo Stretto una in particolare prende campo ultimamente: è quella del tunnel. Qualcuno chiede, in sintesi, di rinunciare ad un progetto definitivo che può contare almeno 20 anni di travagliati studi ed approfondimenti per progettare al suo posto, di sana pianta, un sistema di gallerie subalvee. Il solo attraversamento  ferroviario richiederebbe almeno tre gallerie: una per senso di marcia ed una di servizio. Quelle di transito dovrebbero peraltro essere di dimensioni maggiorate rispetto agli standard ferroviari per ovvi motivi di sicurezza, aerodinamici e di ventilazione. La galleria di servizio avrebbe anche finalità manutentive per consentire di recuperare viaggiatori rimasti intrappolati. Un’infrastruttura simile a quella realizzata sotto la Manica con una differenza notevole: la Sella dello Stretto è profonda più di 150 metri ed è relativamente “giovane” in termini geologici. L’esistenza di molte faglie – attive e trasversali rispetto al tunnel – e la presenza di formazioni incoerenti e permeabili sono sistemi geologici in grado di mettere in crisi persino lo scavo meccanizzato: l’attraversamento di una faglia ha causato l’unico rallentamento verificatosi durante lo scavo della galleria ferroviaria del San Gottardo (57 km).

In caso di attentato, ciò che potrebbe avvenire in una galleria lunga decine di km è molto più preoccupante di ciò che avverrebbe su un ponte sospeso di 3,3 km, considerati anche gli effetti dirompenti dell’incendio di un camion sotto il Monte Bianco nel marzo 1999. Lo stesso tunnel sotto la Manica, che ha registrato gravi incidenti già in fase di costruzione ed almeno 6 in esercizio, fu chiuso per un mese quando, il 18 novembre 1996, l’incendio di un Tir costrinse i gestori ad utilizzare un unico binario fino al giugno del ‘97. L’aumento di calore dentro la galleria fu tale da fondere chilometri di binari e linea di contatto. A malapena si riuscirono a evacuare i viaggiatori in preda al panico, a 50° di temperatura.

Mentre l’Eurotunnel non supera quota -100, per trovare nei fondali dello Stretto le prime rocce che danno, teoricamente, meno problemi occorre scendere a quota -250m, dove l’enorme pressione idrostatica comporta grave rischio di allagamento,

Mantenendo standard da AV, il percorso di approccio alla parte sottomarina sarebbe così lungo da rendere complicato servire sia Messina che Reggio. Non parliamo del tunnel autostradale che avrebbe bisogno almeno di 4 ulteriori canne, due di transito e due di emergenza, per una lunghezza di almeno 30 km, con problemi di sicurezza di gran lunga superiori a quelli del tunnel ferroviario. E siamo sicuri che la voglia di andare in Sicilia (o in Calabria) faccia superare le paure di chi è in auto?

Tutte problematiche ampiamente sviscerate da prestigiosi studiosi già a partire dagli anni ’80 e concluse dando il via al Ponte sospeso. Anche considerando il rischio più temuto: quello sismico.

I pericoli possono essere soltanto attenuati, ma mai eliminati del tutto e, per farlo, occorrono costosissimi sistemi che incidono pesantemente sui costi di gestione:  per questo motivo nasce il dubbio che si voglia ripiegare su un’opera esclusivamente ferroviaria. Forse per non scontentare qualcuno, compreso il Viceministro grillino Cancelleri che si converte sulla via di Damasco a prendere in considerazione una soluzione che penalizzerebbe enormemente la sua Sicilia.

Il Ponte, invece, è sia ferroviario che stradale e ha brillantemente superato le problematiche più impegnative che, per i ponti sospesi, sono legate soprattutto al vento: il profilo dell’impalcato, capace di resistere a venti di 200 km orari, è stato già imitato in tutto il mondo e l’opera, a differenza del tunnel, attirerebbe milioni di turisti ogni anno. Ma, forse, a questo il Viceministro siciliano non ha pensato.

Per quanto concerne l’impegno finanziario, va chiarito che per realizzare le gallerie sotto lo Stretto si spenderebbe una cifra del tutto paragonabile a quella prevista per il Ponte, se non superiore. Lo scavo delle gallerie è soggetto a “sorprese geologiche” che, nel caso della Manica, hanno comportato il triplicamento dei costi previsti.

In sintesi, tra maggiori pericoli, l’incertezza di percorribilità per il gommato, la mancanza di attrattività turistica, i probabili maggiori costi, i vent’anni necessari a riprogettare tutto, l’idea del tunnel, in un Paese serio, non sarebbe neanche lontanamente presa in considerazione. Ma pare che, dalle nostre parti, ci sia già qualcuno che si sta aspettando l’incarico per un’analisi costi-benefici da gestire opportunamente.

Ing. Roberto Di Maria

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