Reggio Calabria, lettera aperta di 8 lavoratori “stanchi e incazzati” del Centro Lilliput: “ennesima vergogna della nostra Amministrazione Comunale”

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Otto operatori del Centro Lilliput a Reggio Calabria scrivono una lettera aperta per denunciare l’assenza di risposte da parte dell’Amministrazione Comunale:” non si possono chiudere Servizi essenziali alle persone per un regolamento non applicabile. Come se non bastasse da gennaio 2021 la Cooperativa non percepisce alcun pagamento, creando gravi disagi anche con i fornitori, nonostante la Cooperativa stessa abbia anticipato quanto possibile. “Ovviamente” nemmeno i lavoratori ricevono compensi da tale data: ben 17 mesi!”

Otto lavoratori “stanchi e incazzati” scrivono una lettera aperta per evidenziare i noti problemi che di recente li hanno coinvolti. Stiamo parlando degli operatori del Centro Lilliput, Servizio Socio Educativo con sede a Reggio Calabria, che denunciano di essere “di fronte all’ennesima Vergogna della nostra Amministrazione Comunale, quella di Reggio Calabria”, esordiscono nella missiva. “Siamo otto lavoratoriscrivono nel testo congiunto i firmatari (Rosanna Iacopino, Antonino Praticò, Maria Marino, Giuseppe Costa, Paola Tripodi, Serena Flaviano, Consolata Vadalà, Domenica Praticò) – Professionisti che da ventidue anni continuano a tenere in vita, investendo tempo, energie ed entusiasmo, il Servizio Socio Educativo Lilliput. Siamo i lavoratori della Cooperativa “A Piccoli Passi” che sul lavoro nel sociale hanno costruito il proprio progetto di vita e hanno investito tempo e risorse per potenziare le proprie competenze professionali. Otto lavoratori stanchi, indignati e incazzatievidenziano – persone che si scontrano quotidianamente con una profonda frustrazione. Una delusione continua, esasperata anche dalla mancanza di risposte adeguate alle legittime richieste rivolte all’Amministrazione”.

E poi entrano nel dettaglio: “il Servizio Socio Educativo “Lilliput” opera con minori a rischio provenienti da famiglie fragili, vulnerabili, a rischio di emarginazione sociale. Dal 1° luglio 2022 per continuare a gestire il Servizio bisogna accreditarsi secondo il Regolamento Regionale n°22/2019 che, a parer nostro, ha snaturato la struttura organizzativa del Servizio eliminando figure professionali importanti, che garantiscono la qualità dell’intervento educativo. Tale regolamento richiede requisiti strutturali di difficile reperimento nel contesto urbano in cui operiamo (avrebbero comunque costi esorbitanti qualora si trovassero), ma paradossalmente riduce il budget economico finanziato, già non adeguato ai reali costi del Servizio. L’Amministrazione comunale, con l’approvazione del Piano di zona per il triennio 2021/2023, sulla carta si propone di potenziare l’offerta dei servizi, tuttavia, nel concreto, non fa nulla per non chiudere i pochissimi esistenti. Così facendo si favorisce una già crescente marginalità di tantissimi minori e famiglie, situazioni di grave povertà educativa e a rischio di forte devianza. Inoltre, in una città con un forte tasso di disoccupazione, molti lavoratori perderanno il lavoro. Il nostro grido d’aiuto è rimasto senza risposta! Dopo aver richiesto più volte un incontro mai ottenuto con l’Assessore Welfare Demetrio Delfino successivamente incontrato per puro caso all’assessorato ci siamo sentiti rispondere che non c’era niente da fare che il regolamento era piovuto dall’alto e bisogna rispettarlo”.

“Secondo noi – prosegue la nota, che punta il dito su Delfino – l’assessorato al Welfare dovrebbe avere a cuore principalmente il Benessere delle persone, dovrebbe creare, promuovere, potenziare i Servizi, anche e soprattutto a discapito di regolamenti impermeabili alle criticità specifiche di ogni territorio. Non si possono chiudere Servizi essenziali alle persone per un regolamento non applicabile”. Ma non è l’unico problema: “come se non bastasse – denunciano ancora i firmatari della lettera – da gennaio 2021 la Cooperativa non percepisce alcun pagamento, creando gravi disagi anche con i fornitori, nonostante la Cooperativa stessa abbia anticipato quanto possibile. “Ovviamente” nemmeno i lavoratori ricevono compensi da tale data: ben 17 mesi! Chiediamo attenzione, vicinanza e sostegno affinché le nostre voci siano ascoltate almeno fuori dal “Palazzo”, offrendo un epilogo diverso da quello già innescato”, concludono.

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