Reggio Calabria, 9 arresti per capolarato nella Piana: in manette un senegalese, un ivoriano, 2 taurianovesi, 2 cinquefrondesi, 2 rizziconesi e un rosarnese. Tutti i NOMI

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Reggio Calabria, nel corso di un’operazione di polizia convenzionalmente denominata Rasoterra

Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di complesse e articolate indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi [RC], la Squadra Mobile di Reggio Calabria e il Commissariato di P.S. di Gioia Tauro [RC], coadiuvati dalla Squadra Mobile di Caserta e dagli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine, nel corso di un’operazione di polizia convenzionalmente denominata Rasoterra, hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa in data 12.02.2021 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palmi, nell’ambito del Proc. nr. 1912/18 R.G.N.R. Mod.21 – Proc. n. 1872/18 R.G. G.I.P.,nei confronti dei seguenti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoroin concorso [caporalato] e trasferimento fraudolento di valori in concorso.

  1. Filippo Raso, nato a Taurianova [RC] il 01.06.1969, detenuto per altra causa [custodia cautelare in carcere];
  2. Ibrahim Ngom, nato in Senegal il 01.03.1980, domiciliato a San Ferdinando [RC], [custodia cautelare in carcere];
  3. Pasquale Raso, nato a Cinquefrondi [RC] il 07.02.2001, domiciliato a Rizziconi [RC][arresti domiciliari];
  4. Mario Montarello, nato a Rizziconi [RC] il 31.01.1965, ivi residente [arresti domiciliari];
  5. Giacomo Mamone, nato a Cinquefrondi [RC] il 14.11.1986, residente a Rizziconi [RC] [arresti domiciliari];
  6. Francesco Calogero, nato a Rizziconi [RC] il 25.03.1955, ivi residente [arresti domiciliari];
  7. Domenico Careri, nato a Rosarno [RC] il 02.08.1956, residente in Rizziconi [RC] [arresti domiciliari];
  8. Kader Karfo, nato in Costa d’Avorio il 01.01.1979, residente a Napoli [custodia cautelare in carcere];
  9. Vincenzo Straputicari, nato a Taurianova il 13.05.1980, residente a Rizziconi [arresti domiciliari].

Su richiesta della locale Procura della Repubblica, il G.I.P. di Palmi ha altresì disposto il sequestro preventivo della ditta individuale intestata a Raffaella Raso, attiva nel settore delle coltivazioni agrumicole, olivicole, di kiwi e ortaggi, di fatto gestita dal padre Filippo.

Le indagini – condotte dal Commissariato di P.S. di Gioia Tauro e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria dal mese di giugno 2018 al mese di giugno 2019 sotto la direzione della Procura di Palmi – hanno consentito di far luce su alcune vicendedi gravesfruttamento lavorativo nelle campagne di Gioia Tauro di numerosi migranti di origini subsahariana alloggiati nella baraccopoli di San Ferdinando, prima che venisse smantellata nelle giornate del 6 e 7 marzo 2019.

Dalle attività di controllo delle aziende e delle colture agrumicole in cui gli immigrati venivano impiegati come braccianti, dalle audizioni dei lavoratori sottoposti a sfruttamento e infine dalle operazioni di intercettazioni telefoniche condotte dagli Uffici operanti della Polizia di Stato, è emersoun contesto di assoluto rilievo criminale caratterizzato dal continuo verificarsi di condotte delittuose poste in essere da diversi soggetti della Piana di Gioia Tauro [datori di lavoro, caporali e faccendieri] consistenti quasi sempre nel reclutamento, utilizzazione, assunzione e impiegodei lavoratori extracomunitari a basso costo, allo scopo di destinarli al lavoro nei campi in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.

Ogni anno,da settembre a marzoe nel pieno della stagione agrumicola,giungono nella Piana di Gioia Tauro, specialmente nelle aree comprese tra Rosarno, Rizziconi e San Ferdinando, moltissimimigranti di origine centrafricana in cerca di lavoro come braccianti e vanno a popolare, in mancanza di diversa sistemazione alloggiativa, siti di fortuna, com’era da considerarsi la ex baraccopoli di San Ferdinando.

L’inchiesta ha portato alla luce elementi probatori chiari in merito alla sussistenza di un sistema organizzato di sfruttamento nel lavoro dei campi di numerosi immigrati africani che faceva capo principalmente a Filippo Raso, soggetto di elevata caratura criminalericonducibile all’alleanza di ‘ndrangheta, un tempo esistente, Piromalli-Molè, nonché dominus effettivodell’azienda agricola intestata alla figlia in cui lavoravano i migranti in condizioni di sfruttamento, che teneva continui contatti con icaporali e i faccendieri che operavano al suo servizio, impartendo loro direttive. Filippo Raso è gravemente indiziato di essere stato a capo di tale sistema,imponendo comportamenti e fornendo direttive, minacciando e punendo chi non eseguiva i suoi ordini, ben sapendo di essere temuto ed ossequiato e di potersi avvalere di una strutturata rete di collaboratori per realizzare i suoi obiettivi.

Sono stati altresì ritenuti sussistenti dal G.I.P. di Palmi gravi indizi di colpevolezza nei confronti di altri soggetti di cui il Raso si serviva per realizzare l’attività di sfruttamento. Ibrahim Ngom detto “Rasta”, eraun caporale che gestiva per conto di Filippo Raso i lavoratori extracomunitari, si occupava di reclutare i braccianti africani e di controllarne il lavoro. Kader Karfo detto CAFU’era un altro fidato caporale di Raso. A lui era demandatoil pagamento delle giornate di lavoro dei singoli operai di colore che erano impiegati nella raccolta degli agrumi, nonché il compito di guidarei furgoni a bordo dei quali venivano condotti i lavoratori nei campi. Mario Montarello era un fedele faccendiere di Filippo Raso e svolgeval’importante ruolo di tenere i contatti con i caporali e controllare il lavoro degli extracomunitari. Domenico Careri era un altro referente di Filippo Raso, per conto del quale reclutava manodopera, che talvolta provvedeva egli stesso a trasportare. Francesco Calogero, titolare di un’azienda agricolain stretto contatto con Filippo Raso, si occupavadi veicolare le direttive del Raso e dell’impiego di extracomunitari in condizioni di sfruttamento. Pasquale Raso affiancava il padre Filippo nei rapporti con i caporali, sia da minorenne sia dopo aver raggiunto la maggiore età. Oltre ad essere uno dei principali referenti del padre, dava direttive al caporale “Rasta” e pagava – a volte personalmente – i caporali e i lavoratori. Giacomo Mamone aveva il compito di fornire i mezzi per il trasporto dei lavoratori extracomunitari – per questo fine era in rapporto con il caporale “Rasta” – e curava la raccolta dei frutti. Vincenzo Straputicari, non collegato con Filippo Raso, era in contatto con “Rasta”  che per reclutava per suo contolavoratori extracomunitari che lo stesso Straputicari impiegava nelle campagne della Piana di Gioia Tauro.

Filippo Raso risponde anche del delitto di intestazione fittizia di beni (in concorso con la figlia indagata a piede libero) atteso che dalle indagini è emerso che l’azienda agricola intestata a quest’ultima era stata creata ad hoc per consentirgli di esercitare l’attività di impresa senza attribuirsi formalmente la titolarità della stessa. Egli invero è stato condannato per associazione mafiosa, è stato sottoposto alla misura di prevenzione dell’obbligo di soggiorno del comune di residenza ed è stato destinatario della misura di prevenzione della confisca. Non poteva pertanto essere proprietario formale di un’azienda agricola che certamente gli sarebbe stata sequestrata.

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