Coronavirus, Vaia (Spallanzani): “il vaccino andrà ripetuto ogni anno, i giovani sani non si ammalano di questo virus”

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Coronavirus: le parole di Francesco Vaia, direttore dell’Istituto nazionale di Malattie infettive Lazzaro Spallanzani

Come Paese dobbiamo spingerci oltre arrivando a fare il richiamo una volta l’anno, esattamente come avviene per il vaccino antinfluenzale”. Lo dice al Messaggero Francesco Vaia, direttore dell’Istituto nazionale di Malattie infettive Lazzaro Spallanzani, secondo cui è necessario comprendere che il Sars-Cov-2 muta, ma ”come avviene sovente nelle code delle pandemie anche in maniera benigna”. Per la variante Omicron, aggiunge, “abbiamo messo in campo, d’intesa con i colleghi del Sudafrica, una task force e nel primo appuntamento di martedì abbiamo visto i dati che i colleghi ci hanno trasmesso: questa variante probabilmente potrebbe sostituire il virus così come si è manifestato fino ad ora. È già successo con la variante Alfa e poi con la Delta, nulla di eccezionale. In Italia ci sono pochissimi casi e dal confronto che abbiamo avuto con i colleghi sudafricani si manifesta in una maniera non grave dal punto di vista clinico, ovvero non è più patogena rispetto alle precedenti varianti e – cosa più importante – sembrerebbe anche non sfuggire al vaccino”. ”Il vaccino non serve solamente o esclusivamente a prevenire la malattia grave – sottolinea Vaia – ma anche, seppur in misura limitata, la contagiosità. Bisogna parlare chiaro agli italiani: la terza dose va fatta perché aumenta la nostra capacità di produzione anticorpale fino al 96% rispetto alla malattia ma anche rispetto al contagio. In questo momento bisogna salvare le persone. È saggio fare il richiamo alla scadenza dei cinque mesi. La sierologia ha avuto una sua grande efficacia e ci è servita in determinati momenti ma pensare a sierologie di massa è un errore né abbiamo un cut-off, ovvero un punto alto, rispetto al quale in base agli anticorpi presenti posso decidere di rimandare il richiamo. Anzi, la terza dose rafforza l’esistente e allunga nel tempo la difesa ma dobbiamo spingere per andare un po’ oltre e arrivare alla dose di richiamo annuale”. “Il punto è arrivare a chiudere l’emergenza, aggiornando i vaccini e arrivando a farci la dose annuale con la stessa logica dell’antinfluenzale. La vaccinazione non deve essere un dramma. Dobbiamo adottare misure che facciano delle famiglie le nostre alleate. Con il sorriso e con il buon senso. Ne usciremo, ci siamo. I numeri si possono anche torturare ma dicono sempre la verità, l’indice Rt si sta abbassando e questo significa che dovremmo avere anche una riduzione dei contagiati. Noi Spallanzani non facciamo più il bollettino quotidiano perché non ha più nessun senso, molti contagiati sono asintomatici. Le misure hanno funzionato, se ci crediamo andiamo avanti, ci stiamo arrivando gradualmente tenendo presente che i nostri ospedali sono a un terzo delle capacità soprattutto in terapia intensiva. L’identikit del paziente di terapia intensiva resta prevalentemente quello di una persona non vaccinata, le altre, non vaccinate, sono persone molto anziane o hanno altre patologie. La persona sana e giovane difficilmente si ammala gravemente con il coronavirus. Sono del parere – conclude – che bisognava ampliare la fascia dell’obbligo vaccinale a tutte le persone che hanno rapporti con il pubblico. Detto ciò, dopo le misure attuali le vaccinazioni sono aumentate, preferirei che le persone si convincessero e non fossero costrette, ma dal punto di vista tecnico mi interessa che ci vacciniamo non come ci arriviamo”.

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