L’autunno terribile di Reggio Calabria

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Reggio Calabria: degrado, sottocultura, criminalità e anarchia. Cronaca di una città allo sbando in un autunno terribile

E’ buio a Reggio Calabria. Buio pesto. L’incendio che nella notte ha distrutto un negozio di nuova apertura nella centralissima via Torrione, a pochi metri dai palazzi del governo e nel cuore del salotto buono della città, risveglia vecchi incubi e fantasmi che sembravano ormai appartenere al passato. E non è un caso isolato: la città vive un degrado economico, sociale, culturale e civile che non ha precedenti da oltre 25 anni, almeno dalla fine della seconda guerra di ‘Ndrangheta che si è conclusa nel 1991. Ce ne ha messo di tempo Reggio per risollevarsi da quell’incubo e ritrovare dapprima un minimo di normalità, poi anche una rinascita fino allo splendore degli anni d’oro. Gli anni del decoro urbano, delle opere pubbliche, della modernità, dello sviluppo, del turismo. Gli anni della Reggina Calcio in serie A, della Medinex Volley che vinceva coppe internazionali e dominava il campionato, della Viola Basket e della Cadi calcio a 5 che sfioravano in più occasioni un clamoroso scudetto contro i colossi delle metropoli del Nord, della Pro Reggina che nel 2012 ha vinto scudetto e supercoppa di calcio a 5 femminile.

Reggio Calabria raccolta rifiuti Cozza Lo sport era lo specchio del successo della città, che già nel 2008 vinceva le Cartoniadi, per il record di riciclo di carta e cartone in Italia (!!) e volava nella raccolta differenziata (quella fatta bene), scalando le classifiche in tutti gli indicatori economici, ambientali, sociali e culturali con mostre di rilevanza internazionale, concerti, spettacoli e manifestazioni che calamitavano l’attenzione non solo dell’hinterland ma di tutto il meridione. Era un gioiello che brillava nel deserto di un Sud sempre lontano dagli standard del resto del Paese.

I trionfi dello sport non erano soltanto soddisfacenti per l’orgoglio dei tifosi: erano innanzitutto il frutto di una classe imprenditoriale che aveva capacità importanti grazie all’economia vivace della città, ma soprattutto con le proprie strutture e le proprie competenze, idee e capacità dotava Reggio di centri di formazione specializzati che regalavano grandi chance di crescita e di sviluppo professionale e formativo a migliaia di bambini e ragazzi che potevano crescere all’insegna dei sani e nobili principi dello sport, in salute e inseguendo il sogno di diventare campioni direttamente a casa propria, senza dover emigrare altrove. Un miracolo reggino i cui risultati si vedono ancora oggi, con i tanti professionisti reggini protagonisti ad altissimi livelli nel calcio nazionale, in serie A, come mai accaduto prima nella storia della città.

Anche oggi lo sport è l’emblema delle reali condizioni della città: Reggio ha perso da anni ogni tipo di rappresentanza nelle principali categorie sportive nazionali e non viene più menzionata da alcuna cronaca sportiva di rilievo. E’ completamente scomparsa dalla cartina geografica dello sport italiano. In tutti gli sport e in tutte le discipline. E negli ultimi giorni, proprio in questo terribile autunno reggino, gli amministratori delle due principali storiche rappresentanze dello sport cittadino (la Reggina e la Viola) si sono dimessi consegnando le squadre nelle mani del Sindaco. Lo stesso Sindaco che aveva sposato i progetti di Praticò e Coppolino mettendoci la faccia e assicurando che con loro il calcio e il basket della città sarebbero tornati a brillare nelle categorie “consone alla città“. Invece hanno fatto soltanto passi indietro all’insegna di una mediocrità che ha ulteriormente allontanato la gente, mentre le strutture storiche come il Granillo, il palazzetto di Pentimele e il Centro Sportivo Sant’Agata sono finite in malora.

Ma se lo sport è il termometro della febbre di Reggio, sono anche tante altre le situazioni di degrado, sottosviluppo e sottocultura che la città esprime quotidianamente. Due giorni fa, ad esempio, un gruppo di ladri sorpreso dalla Polizia in una villetta, si è dato alla fuga invadendo la pista dell’Aeroporto (!!!) e saltando nel torrente Sant’Agata. E in meno di venti giorni 4 persone sono morte per incidenti stradali: i due motociclisti di Pentimele sbalzati in aria da una voragine dell’asfalto il 2 Novembre in un tratto di cantiere abbandonato da una settimana, l’uomo deceduto sul raccordo autostradale il 22 ottobre e il ragazzo morto lungo le “Bretelle” del Calopinace il 13 ottobre. A proposito di incidenti e viabilità: la città è paralizzata dai lavori sul raccordo che procedono con ritmi che sembrano dettati da Pierre Sansot, il noto filosofo francese teorico della lentezza, mentre sull’isola pedonale del corso Garibaldi quotidianamente scorrazzano con prepotenza auto di grossa cilindrata che si permettono persino di suonare il clackson se i passanti continuano a passeggiare senza spostarsi in un tratto a loro riservato. Nelle ore serali, lo stesso Corso diventa un parcheggio incontrollato. I Vigili Urbani sono ancora senza comandante da oltre cinque anni e la città è alla deriva: domina l’anarchia.

Capitolo sporcizia: cumuli di rifiuti campeggiano ovunque, dal centro alle periferie. Abbiamo già parlato a lungo dei disagi dovuti al nuovo sistema di raccolta differenziata, ma basterebbe tornare sul corso Garibaldi, la strada principale della città, per rendersi conto che sono scomparsi anche i cassonetti per i pedoni. Chi deve buttare una carta, è costretto a tenerla in mano per svariate centinaia di metri. Altro che “lordazzi”, i reggini meriterebbero il premio nobel per la pazienza e la pulizia!

reggio calabria immigrati rissa poliziaPoi c’è la cronaca. La cronaca di una città completamente degradata, socialmente allo sbando, fuori controllo in un autunno davvero terribile. Il 16 settembre un gruppo di clandestini aveva scatenato una vera e propria guerriglia urbana in un lido del Lungomare, il 6 ottobre un immigrato ha danneggiato il portone del Duomo e per fuggire alla Polizia si è arrampicato su un palazzo della piazza, il 25 ottobre la Polizia ha arrestato un uomo di 75 anni che aveva costretto una bambina di soli 8 anni ad avere rapporti sessuali, il 28 ottobre un altro clandestino, nigeriano di 21 anni, ha aggredito, picchiato e palpeggiato una ragazza sul viale Europa, nella zona Sud della città.

Da un lato, quindi, c’è la ‘ndrangheta con il suo opprimente cappio sempre più stretto sul cuore pulsante della città, dall’altro c’è una deriva fuori controllo di reati e disordini senza precedenti. Il problema della sicurezza è grande, dalla macro-criminalità alla micro-criminalità che mai si erano espresse con azioni così eclatanti che mettono quotidianamente a repentaglio il quieto vivere dei cittadini. Reggio era una città in cui le ragazze potevano tranquillamente passeggiare in qualsiasi orario del giorno e della notte senza alcun tipo di paura o problema, ed era una città in cui la ‘ndrangheta – pur non avendo mai smesso di perpetuare i propri loschi interessi – aveva scelto un basso profilo, rimanendo dietro le quinte e non disturbando ulteriormente la quotidianità di tutta quella gente onesta con la malavita non aveva nulla a che fare. Adesso, invece, sembra stia tornando all’antica.

LaPresse/ Adriana Sapone

Sanità allo sbando – Intanto il 29 ottobre una donna è morta agli Ospedali Riuniti durante il parto: l’ennesimo episodio che ha portato il reparto di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti sulle prime pagine dei giornali nazionali dopo le drammatiche vicende smascherate dall’inchiesta “Mala Sanitas” e i disagi che ogni giorno le gestanti devono subire per la chiusura di tutti gli altri punti nascite dell’hinterland. Nel buio di Reggio Calabria è probabilmente la criticità più grave perchè oggi in questa città non si può più neanche nascere. E che futuro ha una città in cui partorire diventa un terno al lotto?

Il saldo demografico della città è drammatico: l’Istat nel 2017 ha censito 181.500 residenti, un abisso rispetto ai 186.500 del 2010 e ai 185.000 del 2013. Tutto ciò nonostante il saldo migratorio dall’estero sia positivo con quasi 1.000 immigrati che si regolarizzano al Comune di Reggio Calabria ogni anno. Negli ultimi 4 anni, quindi, nonostante l’arrivo di circa 4.000 nuovi immigrati regolari, la città ha perso 4.000 residenti. Quindi 8 mila reggini sono andati via in appena quattro anni: si tratta del 5% della popolazione totale. Con questi stessi ritmi, tra dieci anni avremo altri 20.000 reggini in meno in città. Anche le nascite stanno crollando. Sia nel 2016 che nel 2017 sono nati appena 1.400 bambini, eppure nel 2007 erano 1.800 e nel 2009 1.750. E ancora, nel 2012 e nel 2013 erano 1.600. Oggi a Reggio Calabria nascono 200 bambini l’anno in meno rispetto a quattro anni fa, e 400 bambini l’anno in meno rispetto a dieci anni fa, nonostante il tasso di fertilità medio sia di gran lunga influenzato da quegli immigrati regolari che sono arrivati e partoriscono molto più degli autoctoni e nonostante la chiusura dei punti nascita della provincia che hanno portato molte donne di altri comuni a partorire a Reggio. Con questa media, tra meno di 30 anni non nascerà più nessuno.

Insomma, c’è una città in cui è buio pesto. Eppure è la stessa città che fino a qualche anno fa guardava al futuro con rinnovato spirito positivo, con ottimismo, ambizione, orgogliosa dell’inserimento tra le 10 “Città Metropolitane” dell’Italia, una conquista straordinaria che consente accesso a canali preferenziali per ottenere fondi europei che potrebbero davvero cambiare il volto della città ma di cui i reggini non hanno visto neanche l’ombra per la miopia di amministratori privi di idee, di capacità, di coraggio.

E’ la stessa città che sognava il Waterfront di Zaha Hadid e il Ponte sullo Stretto che l’avrebbero fatta diventare, insieme alla dirimpettaia Messina, un’unica grande area metropolitana, polo attrattivo del Mediterraneo, centro nevralgico del turismo e dell’economia internazionale.

Oggi invece Reggio è mortificata e isolata, sempre più periferica, emarginata e degradata. Altro che Ponte e Waterfront: adesso mancano persino quelle regole basilari di convivenza civile, e bisogna ripartire da zero. Mancano le telecamere ai semafori, mancano i vigili che facciano rispettare un divieto di sosta o un divieto di accesso, mancano i cassonetti della spazzatura. Mancano le regole. Manca un barlume di normalità. Mancano punti di riferimento, manca una classe dirigente che faccia da guida alla gente.

Tra un anno ci saranno le elezioni comunali e regionali, e non è che stiano emergendo alternative valide ed entusiasmanti rispetto alla fallimentare gestione degli ultimi anni. Forse è l’ultima occasione, forse è già troppo tardi. Forse si sono già arresi tutti. Ma se Reggio ha ancora quello spirito di comunità che l’ha sempre contraddistinta in tutte le proprie espressioni, dalle barricate del 1970 alle emozionanti coreografie dei 30.000 al Granillo dei tempi d’oro, è necessario che adesso tutte le parti sane della città mandino un messaggio. Siano unite e compatte. Trovino idee e progettualità per rilanciare la città che ne ha disperato bisogno.

Altrimenti non resta altro che il “de profundis“. Dopotutto questo 2018 era iniziato il 5 Gennaio con l’infelice scelta della “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi voluta dall’amministrazione comunale al Teatro Cilea. Un’opera straordinaria, che Verdi aveva composto in occasione della morte di Manzoni e che in ogni città d’Italia da oltre un secolo viene intonata nei momenti di grande lutto e dolore.

A Reggio, invece, è stato soltanto un cattivo presagio.

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