Elezioni Reggio Calabria, il ruzzolone di Falcomatà: dal 61% al 36%, in 6 anni ha perso 30 mila voti. E adesso Minicuci può farcela davvero

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Elezioni Comunali Reggio Calabria, il risultato certifica la rovinosa caduta del Sindaco uscente Giuseppe Falcomatà: è crollato dal 61% del 2014 al 36% di oggi perdendo in sei anni quasi 30 mila voti

Ha perso quasi 30 mila voti rispetto alle elezioni dell’ottobre 2014 quando era stato incoronato Sindaco di Reggio Calabria con il 61% delle preferenze dei reggini: Giuseppe Falcomatà in 6 anni da amministratore è riuscito a dilapidare un enorme patrimonio di consenso. Aveva ottenuto 58.171 voti da candidato Sindaco della speranza di una nuova era, dopo il commissariamento che aveva rappresentato il periodo più buio della città. Una città che in quel ragazzo dal volto pulito aveva riposto tutte le proprie speranze: c’erano i migliori auspici e tutti i presupposti per iniziare una nuova stagione di buon governo, invece mese dopo mese, anno dopo anno, errore dopo errore, scivolone dopo scivolone, rimpasto dopo rimpasto e inchiesta dopo inchiesta, Reggio è arrivata persino a rimpiangere i commissari e l’ha detto forte e chiaro anche nell’urna elettorale di queste elezioni comunali, in cui con Falcomatà non erano candidati neanche tutti gli Assessori uscenti. E alcuni del suo staff se li è trovati addirittura contro (vedi Anghelone e Marcianò).

Falcomatà
Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Per Falcomatà non è bastato neanche l’effetto-Covid, determinante per le riconferme di tutti i rappresentanti istituzionali uscenti che erano ricandidati in Comuni e Regioni d’Italia: la possibilità di gestire la pandemia da un ruolo di governo ha dato enorme visibilità e ha consentito anche di adottare strategie che hanno fatto presa nella popolazione, bisognosa di punti di riferimento in un momento di grande paura, incertezza e difficoltà. Non è un caso se tutti i governatori che erano ricandidati alle Regionali hanno vinto come Toti in Liguria ed Emiliano in Puglia, o addirittura stravinto nel caso di Zaia in Veneto e De Luca in Campania. Anche per le Comunali è andata così nelle principali città in cui l’uscente era ricandidato: Brugnaro a Venezia ha vinto al primo turno con il 54% dei voti, Palazzi a Mantova addirittura con il 71%. A Trento l’uscente Andreatta (Pd) non si è ricandidato ma ha vinto al primo turno il suo erede dello stesso partito Ianeselli, in forte continuità con il predecessore.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Falcomatà è l’unico, invece, a non aver beneficiato dell’effetto-Covid, o di averne beneficiato soltanto per un parziale recupero rispetto al disastro concomitante di mala amministrazione con cui si è contraddistinto negli anni. Non è bastato neanche l’esercito di liste (11) e candidati (333) a raggiungere un risultato che si potesse considerare soddisfacente per chi ha gestito il potere della città per sei lunghi anni, controllando Palazzo San Giorgio, Atam, Castore etc.. E se Falcomatà ha raggiunto il 36% delle preferenze, significa che il rimanente 64% si è frammentato nei tanti competitor che hanno trovato spazio proprio a causa del malcontento rispetto all’uscente. Quel 64% che comprende i vari Minicuci, Marcianò, Pazzano, Davi, Foti, Tortorella, Putortì e Siclari è comunque un 64% contro Falcomatà, soprattutto nelle candidature più fortemente connotate a sinistra come quella di Saverio Pazzano che ha raggiunto l’ottimo risultato del 6,5% ma che mai avrebbe potuto ambire a una cifra del genere se Falcomatà non avesse lasciato tutto questo spazio di delusi nella sinistra, talmente tanto delusi da non votare per il partito di sempre e la principale coalizione.

minicuci
Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Ecco perchè adesso Minicuci può farcela davvero a diventare Sindaco tramite il ballottaggio: sarà un vero e proprio referendum su Falcomatà e sui suoi 6 anni di governo, e non si verrà chiamati a votare su principi di base ideologica ma molto più semplicemente su una persona che può sistemare le strade, raccogliere i rifiuti, riparare la rete idrica, riaccendere la pubblica illuminazione, tornare a curare il verde pubblico, restituire ai reggini una città normale. Piccole cose che non dipendono dall’appartenenza a questo o a quello schieramento, a questo o a quel partito ma semplicemente dal buon senso e dalla competenza amministrativa.

Falcomatà ha già lanciato la sua campagna elettorale per il ballottagio, “la scelta è tra Reggio e la Lega“. Minicuci gli ha risposto per le rime, “ribadisco di non essere mai stato leghista, sono un rappresentante del Centrodestra e il primo partito della mia coalizione è Forza Italia“. Il risultato delle elezioni effettivamente rende sempre meno “leghista” Minicuci, che leghista non è mai stato ma era stato voluto e indicato da Salvini in persona come candidato a Reggio in forte contrasto con i rappresentanti politici locali.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Nel centrodestra, però, adesso è proprio Forza Italia di Francesco Cannizzaro a trainare la coalizione, con un risultato di lista straordinario da primato cittadino: oltre l’11%, meglio di tutti, persino del Pd. Considerando anche l’ottimo 4,5% di “Cambiamo con Toti” e il 3,4% di “Reattiva“, una civica nata proprio come costola di Forza Italia, abbiamo una coalizione molto spostata verso il centro rispetto all’ennesimo flop della Lega che s’è fermata a un poco significativo 4,7%. Eppure era stato proprio Cannizzaro, inizialmente, ad opporsi alla scelta di Salvini su Minicuci per il metodo dell’uomo calato dall’alto e per il merito di un competente tecnico ma timido oratore, come effettivamente il candidato ha poi dimostrato in campagna elettorale. Adesso s’è ripreso la coalizione in mano e l’ha fatto sul campo, anche se per il ballottaggio sarà tutta un’altra partita.

Si riparte da 0-0, e l’ago della bilancia a risultare determinante sarà il comportamento degli elettori che al primo turno hanno scelto Marcianò, Pazzano, Davi, Foti e gli altri. Sceglieranno che tutto resti così com’è oggi e com’è stato negli ultimi 6 lunghi anni, o proveranno a cambiare qualcosa?

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