La Reggio Calabria di Nino Gullì: “è una Ferrari messa in mano a demolitori, amministratori incapaci di dare visione e prospettiva. Negli anni ’80 era tutto diverso, c’era grande fermento ed entusiasmo”

StrettoWeb

Reggio Calabria, intervista al titolare di Clivia Nino Gullì: il noto imprenditore reggino illustra il proprio punto di vista sullo “stato dell’arte” della città calabrese dello Stretto ripercorrendo gli ultimi decenni di storia e indicando una prospettiva migliore per il futuro

La scorsa settimana su StrettoWeb abbiamo raccontato la storia di successo di Nino Gullì, imprenditore reggino, fondatore del noto brand Clivia Profumi: una testimonianza mozzafiato, una storia umana ed imprenditoriale molto affascinante, partita con la sana follìa di due giovani che inseguivano un grande sogno con appena 280 mila lire, e con grandi sacrifici sono riusciti a realizzare le loro grandi ambizioni.

Ma Nino Gullì è uno dei principali imprenditori della città e gli abbiamo chiesto una serie di opinioni sulle condizioni della città, dall’alto del proprio punto di vista.

Come si incastra la sua storia, la storia di Clivia e quella di Reggio Calabria? La sua attività ha avuto alti e bassi condizionati dai momenti di sviluppo o di depressione del territorio? 

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

La mia storia e quella di Clivia sono strettamente correlate a quella di Reggio. L’azienda è nata in un periodo di forte vitalità culturale ed economica (metà anni ’80, ndr). A Reggio si lavorava e si viveva bene. Si respirava grande fermento ed entusiasmo, e tutti quanti ne beneficiavamo. Certo, non mancavano difficoltà che sono purtroppo storiche e mai risolte: la criminalità, lo scollamento rispetto alle principali reti infrastrutturali e commerciali, le difficoltà di accesso al credito specie per dei ventenni come eravamo io e Nicola, l’ostruzionismo delle banche e della burocrazia, nonché l’etichetta di essere “meridionali”. Tutti elementi che a volte ci hanno gettato nello sconforto, ma che non hanno mai giustificato una nostra resa. L’amore per il nostro lavoro, per la città e per la gente sono stati per noi un grande stimolo per andare avanti e cercare di migliorare le cose anche tramite la nostra attività imprenditoriale. D’altro canto abbiamo la responsabilità di decine di famiglie che lavorano in Clivia, più l’indotto, e stiamo studiando un modo per sostenere ulteriormente i nostri dipendenti in questo periodo di pandemia, specie coloro che hanno bimbi più piccoli. Le persone sono sempre state al centro della nostra attenzione. Ci occupiamo di prodotti per la cura personale, ma pure l’aspetto interiore ci sta molto a cuore. Per questo, man mano che l’azienda è cresciuta e il fatturato si è consolidato, abbiamo potuto via via investire anche nel sociale: abbiamo realizzato campagne di beneficienza come quelle a sostegno dei diversamente abili o per consentire visite diagnostiche a coloro che non possono permettersele. Abbiamo altresì sponsorizzato società ed eventi sportivi per i ragazzi. Io sono un grande appassionato di sport, dal calcio ai motori, e credo tantissimo nei suoi effetti benefici, di sviluppo psico-fisico per i nostri ragazzi. D’altronde, “mens sana in corpore sano” dicevano i Romani, no?

Cosa significa fare impresa in un territorio così difficile? Quali sono le principali difficoltà che incontra quotidianamente? 

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

È vero, il territorio non è di per sé dei più semplici. Pure lo Stato si mette col suo eccessivo carico di tasse, regole e burocrazia, ma è altrettanto vero che molti noti imprenditori a Reggio Calabria hanno fatto la storia. È facile gettare la spugna, arrendersi alla logica del “non c’è nenti” e andare a investire in realtà già ricche e ben organizzate. Più difficile è invece rimboccarsi le maniche e avere il coraggio di restare per cercare di realizzare qualcosa di importante dove prima sembrava impossibile. Non che chi se ne sia andato non abbia avuto le sue buone ragioni. La nostra è una realtà da sempre complessa, ma più di 35 anni di storia come quella di Clivia stanno a dimostrare che con amore, visione e impegno, tutto è possibile“.

Come fotografa l’attuale situazione socio-economica del territorio reggino e calabrese?

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Reggio Calabria è come una Ferrari messa in mano a un demolitore. Ha un potenziale enorme, ma versa in uno stato che definire vergognoso è quasi un eufemismo. Sono anni che ormai la città è ferma, non solo dal punto di vista della qualità della vita e dei servizi offerti. Le strade dissestate e le innumerevoli micro discariche sono solo la punta dell’iceberg. È palese che manchi proprio la visione, la prospettiva di quale sia il posto della città nel mondo e come possa proiettarsi nel futuro. Con la pandemia tutti i nodi sono venuti al pettine. Il sistema Italia e il sistema Reggio devono darsi una svegliata per recuperare il terreno perduto e trasformare la crisi attuale in una opportunità per le prossime generazioni“.

Qual è il suo pensiero sull’attuale classe politica? 

Senza mezzi termini, questa è indubbiamente la peggior classe dirigente che il Paese potesse esprimere. Dai commissari alle recenti giunte colpite da vari scandali, ultimo quello sui brogli elettorali, emerge un quadro di amministratori incapaci di fare gli interessi dei cittadini e di farlo in maniera trasparente. Inoltre l’esperienza di certi partiti populisti a livello nazionale ha fatto scoprire tutta la loro inadeguatezza. Avevano promesso di rivoltare il Paese come un calzino, di «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» e invece sono finiti per rinchiudersi essi stessi in maniera ermetica dentro il Palazzo, proprio come una scatoletta di tonno nuova. È necessario un cambiamento vero, con persone che non siano degli scappati di casa, degli improvvisati, ma gente preparata, valida, esperta“.

Cos’è cambiato in questi 37 anni in cui è titolare d’impresa a Reggio Calabria? Quali sono le più grandi differenze tra il 1984 ed oggi?

È cambiato che la città e soprattutto i più giovani hanno perso la speranza e il coraggio di mettersi in gioco, di scommettere sul futuro. Flotte di ragazzi sono andati altrove a lavorare, fare famiglia, alimentare le economie. Perché? Perché la mia generazione ha rubato loro il futuro, gli ha bruciato il terreno attorno. Noi e i nostri padri ci siamo giovati dei Boom degli anni ’60 e ’80, sprecando risorse e aggravando quel debito pubblico che si troveranno a pagare i nostri figli e i figli dei nostri figli. Abbiamo l’obbligo morale e materiale di rimediare. Siamo ancora in tempo! Soprattutto adesso che abbiamo la possibilità di investire i fondi del Next Generetion EU, altrimenti detto Recovery Fund. Un’occasione più unica che rara dopo anni di austerity!

Qual è la sua visione sul futuro economico, politico e sociale alla luce dei grandi cambiamenti degli ultimi mesi? Quali nuovi comportamenti diventeranno routine? Ed eventualmente la sua attività si sente pronta al nuovo mondo post-Covid? 

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

La storia è come il surf. Emerge chi sa cavalcare le onde. La pandemia non è un’onda qualsiasi, è la madre di tutte le onde. E non possiamo pensare di fermarla: dobbiamo cavalcarla. Pure Papa Francesco lo ha detto in una recente intervista: «Da una crisi non si esce mai come si era prima: o si esce peggiori o si esce migliori». Dunque dobbiamo cercare di essere migliori e di trovare nuove ricette. Quali? Sicuramente ripartendo dalla sanità, dall’istruzione e dalle scuole: non lo era prima e ancora di più oggi, non è concepibile che i nostri ospedali siano così fatiscenti e carenti di personale. Bisogna porre fine al commissariamento e avviare una vera costruzione, da zero, della sanità calabrese. Altra questione da affrontare urgentemente è la formazione dei nostri ragazzi, che deve essere al passo coi tempi e che deve consentire l’incontro fra le loro attitudini personali e quelle che sono le richieste professionali del mercato. Poi, ad esempio, la già citata digitalizzazione e insieme lo smart-working: questi possono costituire già oggi una grande opportunità per la Calabria per reinserirsi nel mercato dei servizi. Centinaia di migliaia di giovani calabresi se ne sono andati per cercare fortuna altrove, abbandonando le loro famiglie. Con la pandemia, in migliaia sono tornati a casa, dai loro affetti, pur continuando a lavorare a distanza. Adesso possono restare. Se consolidiamo le infrastrutture digitali, se implementiamo le infrastrutture fisiche e i trasporti per facilitare le riunioni che comunque hanno bisogno di esserci sui luoghi di lavoro, come pure gli spazi di co-working per l’incontro e confronto fra professionisti, allora il progetto del cosiddetto “South-working” può diventare realtà, e la Calabria può tornare ad essere attrattiva per i nostri lavoratori. Non dobbiamo inoltre dimenticare il turismo! Un recente sondaggio SWG ha rilevato la grande voglia di viaggiare delle persone: dopo mesi di lockdown, restrizioni e costrizioni a casa, quasi un italiano su due ha espresso il suo desiderio di libertà e di vedere posti nuovi. Dobbiamo cominciare adesso a prepararci per attrarre i turisti: dobbiamo investire sulle strutture ricettive, organizzare tour sicuri, rendere fruibili e protetti i mezzi di trasporto e lavorare già da oggi su campagne di marketing attive e coinvolgenti che facciano conoscere le nostre meraviglie, dai boschi aspro-silani alle spiagge dorate, dai beni storico-archeologici alla “cultura culinaria”“.

Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Vuole mandare un particolare messaggio ai vostri affezionati clienti e alla cittadinanza?

«Quando dell’unione facciamo la nostra arma principale, vincere diventa più facile!» È un messaggio che abbiamo lanciato proprio in queste settimane su un cartellone gigante affisso all’ingresso dell’aeroporto Tito Minniti. Solo uniti potremo uscire da questo momento così critico e difficile. Uniti per darci una mano a vicenda e tutelare l’interesse pubblico, che poi diventa interesse di ciascuno di noi. Uniti, insieme, per spiccare nuovamente il volo!

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