Calabria, se lo Stato dimentica i più fragili: due bambini privati da 6 anni del sostegno economico. Rita Bernardini scrive al Presidente Santelli: “pronta a sciopero della fame”

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Genitori in carcere e, seppur esista legge sull’affido anche in Calabria, due bambini di 13 e 11 anni non hanno mai ricevuto il sostegno economico dallo Stato

Dov’è lo Stato quando un suo cittadino grida aiuto? Dove sono le istituzioni quando sono i più deboli ad aver bisogno di sostegno? Era il 30 luglio 2014, la data che segna il destino di un’intera famiglia. Un uomo e una donna vengono arrestati in Calabria per una faccenda di ’ndrangheta. Sono marito e moglie, padre e madre di due figli piccoli, di 13 e 10 anni, un maschio e una femmina. I nonni materni ne ottengono l’affido, oggi a quasi sei anni di distanza li accudiscono. I due anziani sono persone perbene, la figlia però si è innamorata e sposata con un ragazzo di una famiglia non proprio specchiata e dovrà scontare la sua pena fino al gennaio 2022. Nonostante il dramma, i ragazzi sono cresciuti bene e tra l’affetto dei parenti. Frequentano la scuola, ottengono buoni voti, vanno a trovare i genitori in carcere. Ma in tutta questa storia c’è purtroppo qualche cosa che non va per il verso giusto. In Italia esiste una legge sull’affido (n.184/83 e art. 5 n. 149/2001), cui molte regioni si sono dotate, compresa la Calabria, che prevede un contributo giornaliero per il mantenimento di un minore da rimettere direttamente alla famiglia. Insomma, lo Stato, le Regioni e i Comuni devono contribuire al mantenimento dei minorenni. Nel caso specifico si tratta di una cifra modesta e tuttavia preziosa: venti euro al giorno per entrambi i due ragazzi (in un istituto costerebbe molto di più), per un totale di circa €1200 al mese. Questa è la legge, così dovrebbe essere. Poi esiste la realtà. Una realtà che in Italia troppo spesso risulta essere amara e penalizza i suoi cittadini più fragili.

Il nonno fa di tutto per aiutare i suoi nipotini, passa da un ufficio pubblico all’altro per compilare numerose scartoffie, producendo documenti, stampando fotocopie, in attesa sempre di bollo e timbro. E nonostante questo, l’amara sorpresa. Dopo quasi sei anni di sforzi per un diritto che spetta di norma, non si è ancora visto un soldo. Con il passare del tempo, il ragazzo è diventato maggiorenne, pertanto dall’anno scorso non ha più diritto al contributo (ma i nonni non hanno mai ricevuto quello dei 4 anni precedenti). La ragazza, invece, è oggi 16enne.

Disperato, l’uomo chiama Rita Bernardini, noto esponente del Partito radicale e presidente di Nessuno tocchi Caino.

E’ questa la triste vicenda, che non deve far scaturire nessun altro tipo di ragionamento condizionato. Non è una storia che mette in evidenza il problema della burocrazia o quello della mafia radicata nel territorio calabrese. E’ la storia di due bambini che hanno il diritto di iniziare una vita, di essere inseriti nella società nel modo giusto, di crescere e formare il loro carattere nell’età più delicata di ogni persona. Avremmo voluto raccontare di uno Stato forte con i cattivi e benevolo con i più deboli, di istituzioni pronte a tendere la mano lì dove una firma o un intervento mirato può salvare la vita dei propri concittadini. Ma non è questo il caso.

Rita Bernardini ha scritto unalettera indirizzata alla Presidente della Regione Calabria Jole Santelli, raccontando la storia dei minorenni che da sei anni sono privati del sostegno economico previsto dalla legge. Nel riportare qui il testo della lettera si omettono tutti i riferimenti personali per evidenti ragioni di privacy. La missiva, trasmessa tramite posta certificata, è indirizzata “per conoscenza” anche a tutti gli attori in campo: al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, alla Regione Calabria – Dipartimento n°7 Sviluppo Economico, Lavoro, Formazione e Politiche Sociali, alla Procura della Repubblica c/o Tribunale per i Minorenni, al Sindaco e ai Servizi Sociali del Comune di Rosarno.

“Egregia On.le Jole Santelli,
scrivo a Lei nella speranza di venire presto a capo di una vicenda che mi ha molto colpito perché riguarda due minori e i loro nonni, che li hanno avuti in affidamento fin dal 30 luglio 2014 con provvedimento prima dei Carabinieri e successivamente, in data 11 febbraio 2015, del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria.
L’affidamento della bambina (all’epoca, di anni 10) e del ragazzo (all’epoca, di anni 13) ai nonni materni, è stato deciso dagli organi competenti a seguito dell’arresto dei genitori dei minori, avvenuto il 30 luglio 2014. Accade che, nonostante siano passati quasi sei anni e che la responsabilità dell’affido sia ancora in atto, ai nonni dei ragazzi non è stato mai riconosciuto il contributo previsto sia dalla normativa nazionale che da quella della Regione Calabria. Si tratta di una legislazione sacrosanta che aiuta i minori in momenti difficili della loro vita come è certamente quello della carcerazione dei propri genitori, aiuto previsto espressamente dalla legge n. 149/2001 (art.5). In tutti questi anni i due ragazzi, oggi liceali, sono stati amorevolmente accuditi dai nonni che hanno provveduto alla loro educazione, istruzione e mantenimento, facendo notevoli sacrifici economici anche per portarli a visitare in carcere i genitori che i due ragazzi considerano “come figure fondamentali di riferimento e dei quali attendono il ritorno a casa” (così si legge nel provvedimento di affido del Tribunale dei Minori).
Non è questa la sede per me di individuare e indicare i responsabili di questi sei anni trascorsi senza alcun supporto economico che, per legge, prescinde dalle condizioni economiche della famiglia affidataria. Aggiungo però che il nonno dei ragazzi è un impiegato amministrativo che per ben due volte è dovuto ricorrere a prestiti per far fronte alle spese di mantenimento dei minori e della sua famiglia. Nonno che, nonostante gli innumerevoli solleciti ai Servizi sociali del Comune di Rosarno, si è visto procrastinare all’infinito quanto gli era e gli è dovuto.
Vorrei, con molta semplicità, chiedere a Lei, Presidente Santelli, se con l’autorevolezza e le capacità che Le sono proprie (che personalmente ho potuto apprezzare quando sia io che Lei abbiamo fatto parte della Camera dei Deputati), si possa venire a capo in tempi rapidi di questa triste vicenda per la quale sono pronta ad intraprendere un’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame che mi auguro di tutto cuore non sia necessaria. Marco Pannella mi ha insegnato che, quando sono in discussione diritti umani fondamentali, la nonviolenza richiede a ciascuno di noi di non tirarsi indietro. E qui sono in gioco i diritti dei minori riconosciuti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, che l’Italia ha ratificato nel 1991. In attesa di un Suo riscontro, Le porgo i miei più sentiti saluti.

Lettera firmata – Rita Bernardini”

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