Scuola, la nefandezza tutta italiana degli Assistenti Educativi: dal Severi di Gioia Tauro l’iniziativa per tutelare queste figure lavorative

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Sottopagati, spesso non pagati per mesi o anni, eppure indispensabili per il buon andamento scolastico: gli Assistenti Educativi andrebbero valorizzati e invece sono ‘invisibili’

Quella dell’assistente educativo e culturale è una figura scolastica spesso bistrattata, ma fondamentale per le dinamiche scolastiche. Si tratta di un operatore chiamato a fornire prestazioni di supporto e di assistenza agli alunni con disabilità, ovvero bambini o ragazzi che hanno ottenuto una certificazione di disabilità dalla ASL e che quindi, secondo la vigente legge 104/92, hanno diritto a misure di sostegno e integrazione.

Ad occuparsi di questi alunni con bisogni speciali non sono dunque solo gli insegnanti di sostegno, ma spesso è prevista anche l’assegnazione di un assistente educativo culturale, che opera in genere fino al raggiungimento di un monte ore settimanale congruo con il livello di gravità della disabilità, dietro valutazione fatta dalla ASL. Le famiglie degli alunni possono farne richiesta alla scuola che, tramite il Dirigente scolastico, la inoltrerà all’Ente Locale di competenza.

I compiti dell’AEC sono in particolare il sostegno e la promozione dell’autonomia dell’alunno; il facilitarne il processo di integrazione e comunicazione in classe; il rendere accessibili le attività scolastiche (didattiche o ricreative che siano). Una figura fondamentale, dunque, che si occupa non tanto della didattica, compito che spetta all’insegnante di sostegno, quanto all’inserimento dell’alunno nel contesto scolastico, della ‘comunicazione’ tra l’alunno e il resto della classe. Ebbene, tanto è fondamentale questa figura, tanto viene trascurata sia da un punto di vista dell’organizzazione scolastica, sia da un punto di vista contrattuale ed economico.

Nella Città Metropolitana di Reggio Calabria la situazione degli assistenti educativi, come del resto in buona parte d’Italia, non è per niente rosea. Anzi. Stipendi che non arrivano per mesi e mesi, condizioni contrattuali ai limiti della decenza, della dignità umana e dello sfruttamento di una figura professionale che, spesso, è formata in maniera completa, efficiente e soprattutto indispensabile per la comunicazioni tra alunno diversamente abile e resto della classe, insegnanti compresi.

Ne abbiamo parlato con diversi ‘attori’ di queste dinamiche, primo fra tutti il dirigente scolastico Giuseppe Gelardi, preside dell’Istituto Severi di Gioia Tauro, che ormai da anni ha fatto della sua scuola un vero fiore all’occhiello dell’intera regione. “Purtroppo è una delle nefandezze della scuola italiana – ci spiega il dirigente -.È giunto il momento di far luce su qualcosa che, ancora oggi nel 2020, è una vergogna per il nostro sistema scolastico. La figura dell’assistente educativo è diventata fondamentale nella scuola e possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che è stata una vera e propria fortuna sia per i ragazzi che necessitano di essere affiancati da questi professionisti, sia per il resto della classe. L’esperienza professionale ad me maturata mi consente di sostenere che si tratta di un vero e proprio arricchimento, un valore aggiunto al quale non viene dato però quel giusto valore indispensabile per avere dignità lavorativa e soprattutto contrattuale“.

Noi assistenti educativi siamo figure chiave per le scuole – ci spiega Fabiana Plateroti, AEC all’ITIS Conte Milano di Polistena – sia per il ruolo, di fondamentale supporto all’attività didattica svolta dagli insegnanti di sostegno, sia  per le competenze particolari. Siamo oltre 60 mila in Italia, molti dei quali laureati in psicologia e scienze dell’educazione. Purtroppo però possiamo dire di non essere riconosciuti da nessuno. Non abbiamo contratto di lavoro e non abbiamo alcuna tutela“. Gli assistenti educativi, infatti, vengono pagati a gettoni, senza alcun diritto in caso di assenza, né propria né dell’alunno, o in caso di malattia. “Siamo tutti formati per poter interagire al meglio con gli alunni e poter fare da tramite tra loro e il contesto scolastico. Il nostro è un lavoro ma anche una missione, seppur sottopagato spesso dimenticato”, ci racconta Fabiana.

In provincia di Reggio si tratta di oltre un migliaio di persone. “La nostra è una figura indifferibile e indispensabile per il buon funzionamento delle attività didattiche – spiega Maria Teresa Perri, che da tempo presta servizio proprio al Severi diretto dal prof. Gelardi. “La ‘battaglia’ che abbiamo deciso di intavolare per i nostri diritti è partita proprio dal Severi, con il sostegno del dirigente. Siamo sottopagati, non abbiamo stato di previdenza. Noi non rientriamo in alcun protocollo per la sicurezza anti Covid. Se ci ammaliamo a scuola non abbiamo diritto a nulla, nonostante ci venga detto che dobbiamo lavorare in presenza, ed è anche giusto visto che nel nostro caso la Didattica a distanza interromperebbe non solo il percorso didattico degli alunni, ma anche la loro inclusione. Ognuno di noi ha una formazione ad hoc per i bisogni degli alunni, e inoltre abbiamo svolto un tirocinio lunghissimo. Nonostante tutto questo siamo considerati quasi ‘ospiti’ nella scuola. Per questo abbiamo deciso di far sentire la nostra voce”.

“Il Dpcm 2020 ci obbliga a venire in presenza, ma non abbiamo i diritti che ogni lavoratore pubblico dovrebbe avere. E’ come se lo Stato, con noi, diventasse come una sorta di caporalato. Chiediamo di essere pagate, di avete tutela per protocolli Covid e dignità lavorativa“, conclude Perri che è tra i promotori dell’iniziativa partita proprio dal Severi e già allargatisi ad altre scuole, per chiedere maggiori diritti e maggiori garanzie per degli operatori che, a tutti gli effetti, sono parte integrante della scuola, sebbene non riconosciuti e non sufficientemente istituzionalizzati.

Questi indispensabili lavoratori non hanno alcuna tutela – sottolinea Gelardi,che già tre mesi aveva richiesto alla Città Metropolitana di Reggio Calabria la corresponsione del saldo per i compensi degli assistenti, ma ad oggi non c’è stata alcuna risposta. –. È una figura essenziale e sottopagata, quando vengono pagati. Non hanno assicurazione, né fondo pensione e i contratti sono a prestazione d’opera. Ma non solo: la Città Metropolitana è in ritardo con i pagamenti. È da cinque mesi che gli Assistenti Educativi lavorano senza che dagli enti preposti sia arrivato un solo euro come ricompensa del servizio prestato. E questo è niente, se consideriamo che alcuni aspettano da anni di essere pagati. Inoltre è fondamentale una maggiore inclusione all’interno della scuola, in sinergia con gli insegnanti, perché da un punto di vista comportamentale, psicologico e comunicativo, siamo quelli che meglio conoscono gli alunni”.

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