Necessità e strategia, la politica della Reggina sul mercato è cambiata: e non è un male…

StrettoWeb

Il modo di operare della Reggina sul mercato, a leggere i nomi e le intenzioni, sembra essere cambiato. Necessità? Sì, ma anche strategia…

Pochi soldi, molti scambi e prestiti. In una piccola frase: “il calciomercato ai tempi del Covid“. Lo avevano detto già quest’estate, gli addetti ai lavori, ma le conseguenze di quelle riflessioni si stanno cominciando a intravedere più adesso che ad agosto, dove – chi aveva ancora qualche risorsa da sfruttare – non ha tirato il freno a mano. Questa sessione invece, sia per i motivi di cui sopra ma anche perché si tratta di una finestra di riparazione, è molto più “abbottonata”. Si muovono in poche, anche tra le big d’Europa, e chi lo fa si sposta a piccoli passi, evitando grandi falcate e sondando il terreno per risparmiare anche i centesimi.

E’ l’effetto della crisi che ha colpito chiunque, dai colossi del calcio ai dilettanti. Non esente, dunque, la Reggina. Luca Gallo sin dal suo avvento ha speso e investito molto, traendo finora più risultati sportivi che economici. Le entrate sono state finora meno delle uscite, sia perché in C e B circola poco denaro, sia perché la rosa negli ultimi due anni è stata composta perlopiù da giovani in prestito e da esperti arrivati senza acquisire cartellini, facendo venire meno – così – le plusvalenze tanto care specie in momenti del genere.

conferenza Lafferty
Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Le indicazioni di questi ultimi giorni in fase di mercato, però, ci suggeriscono un modo di operare differente, di certo non frutto del caso. Non c’è più traccia di “vecchie glorie” straniere dal passato in Italia e pronte ad una nuova rinascita in riva allo Stretto (sfruttando il decreto crescita). I nomi in entrata sondati, sostanzialmente, vanno in due direzioni: o giovani in prestito dalla A o esperti in cadetteria in scadenza di contratto. E’ necessità? Sì, in parte. Perché è anche strategia. Fondamentalmente, infatti, quella di acquisire i vari Lafferty e Menez, in estate, era – anche – una strategia, in parte rivelatasi sbagliata. Menez resta un grande campione e merita una seconda chance, ma quel modo di operare – che avrebbe portato anche Rami in riva allo Stretto – probabilmente poteva andare bene solo in qualche caso, forse uno, appunto Menez. La storia in Serie B insegna tutt’altro: che servono giovani da far crescere, corsa, intensità, integrità fisica e tanta esperienza nei ruoli chiave.

Sia chiaro, è sempre tutto molto soggettivo. L’impatto di Folorunsho o Delprato non è quello di Peli o Plizzari, pur essendo tutti giovani in prestito. Così come quello di Crisetig non è lo stesso di Guarna. Ma l’inconsistenza – e la scarsa integrità fisica – di scommesse o “vecchie glorie” straniere non troppo giovani non ha pagato. E non per niente Lafferty è già andato via e Vasic è sul piede di partenza. E non per niente si sta scandagliando il mercato dei prestiti e degli esperti di B (da Micovschi e Nicolas ad Antonucci e Mustacchio, anche se è saltato). E non per niente, chi è di proprietà nonché “futuribile” (Mastour e Marcucci su tutti), è andato o andrà in prestito.

Necessità sì, quindi, per adattarsi al mercato globale e rispondere alla crisi dovuta alla pandemia. Ma anche strategia diversa e più funzionale alla nuova categoria conquistata. Con un occhio alla patrimonializzazione. Lo aveva infatti detto la settimana scorsa il DG Tempestilli (“prendere giovani a poco e rivendere a tanto”). Anche perché non si può spendere all’infinito senza ricavare nulla. La Reggina, forse, lo sta imparando. E non è affatto un male…

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