Ponte sullo Stretto, ci risiamo: anche per Massimo Fini è solo un “regalo alla mafia”

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Gli intellettuali, soprattutto a sinistra, continuano tranquillamente a tirare in ballo la mafia per opporsi al Ponte. Offendendo impunemente milioni di persone

Il Fatto Quotidiano non è nuovo al lancio di invettive contro il Ponte sullo Stretto. Per non perdere l’abitudine, proprio ieri il quotidiano diretto da Marco Travaglio ha ospitato un editoriale di Massimo Fini intitolato “Ponte di Messina, scempio italiano”. L’articolo inizia con il ricordo degli scempi perpetrati in Italia in nome delle “Grandi Opere” come ad esempio avvenuto in Liguria. Un ardito paragone, fra posti lontanissimi fra loro. E comunque, a Fini ed a chi la pensa come lui, occorre ricordare che il ricordo dei “bei tempi andati” non può cancellare anni di sviluppo che il solo turismo, ancorchè d’elite, da solo non avrebbe mai potuto garantire alla Liguria ed a posti similari. Come non lo garantisce alla Sicilia, che a forza di scommettere sul turismo, deindustrializzandosi scientemente, o per assoluta mancanza di interesse ad attività fondamentali per l’economia di un territorio, si ritrova a fare i conti con un esodo di dimensioni bibliche, che da almeno venti anni ne riduce la popolazione, fino a farla scendere al di sotto dei cinque milioni, come è successo l’anno scorso.

Ma tornando a Fini ed ai sui paragoni, non contento di rammentare le riviere liguri, l’intellettuale si lancia in un altro ardito paragone: quello tra il futuro, possibile Ponte sullo Stretto e la diga di Assuan, sul Nilo. Della quale Fini racconta i problemi legati alle mancate tracimazioni, che hanno reso arido il territorio e costretto i contadini, a suo dire, alla miseria. Tracimazioni che, con tutta evidenza, per il giornalista sono ancora compatibili con la moderna agricoltura e le sue esigenze, ben diverse da quelle dell’antico Egitto. Quello che abilmente sottovaluta Fini citandolo come se fosse un dettaglio, è il beneficio portato da quella diga, che fornisce elettricità ad un popolo intero: esattamente più di 2 gigawatt, ovvero  più della metà del fabbisogno energetico egiziano. Non proprio un dettaglio, a meno di non escludere che il popolo egiziano abbia bisogno di elettricità. A parte dover accendere qualche luce qua e là, che bisogno ne avrebbe chi vive sulle sponde del Nilo potendo vivere, anch’esso, di “solo turismo”? Già, proprio quello garantito dalle Piramidi e dai templi che proprio ad Assuan furono salvati dalle acque dell’invaso, spostandoli diverse centinaia di metri più in alto. Un’operazione resa possibile da  escavatori, gru, camion e da quel cemento tanto odiato da Fini e dagli intellettuali da salotto.

Lasciando perdere il riferimento ai porti (turistici) che avrebbero deturpato le coste della Calabria, come se per quello non bastasse l’abusivismo edilizio fin troppo tollerato (del quale il nostro, stranamente, si disinteressa), si arriva finalmente alla classica ciliegina sulla torta, immancabile quando si parla di opere pubbliche al sud, figuriamoci se hanno le dimensioni del Ponte. L’opera, infatti, sarebbe “un regalo colossale sia alla mafia siciliana che alla ‘ndrangheta calabrese, che non aspettano altro”. Tesi poco originale, oltre che offensiva per almeno due regioni italiane. Che potrebbe essere smontata facilmente ricordando che la legalità non è un optional, e che in uno Stato serio non si dovrebbe neanche immaginare la rinuncia alle Opere di pubblica utilità per paura di favorire gli interessi di questa o quella organizzazione malavitosa.

A tutte le latitudini, però… Se è vero, come è vero, che le mire fameliche di mafia, camorra e ndrngheta si sono spesso e volentieri rivolte alle grandi opere del nord, come si è scoperto in numerosissime indagini. Giustamente, però, nessuno ha chiesto di cassare il Terzo Valico od il MOSE (opere, peraltro, ben più costose del Ponte) per non rimpinguare le casse delle varie cosche. Per il Ponte, invece, succede sempre. Ed a scambiare una grande opera pubblica, prevista nella programmazione europea dei grandi corridoi ad Alta capacità, per un “regalo alla mafia” sono intellettuali di chiara fama, incuranti delle ombre di sospetto che, in tal modo, gettano sulle popolazioni delle due sponde. E solo su quelle.

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