Strage di Capaci, piena luce sui mandanti dell’operazione: “Riina dichiarò guerra allo Stato”

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Strage di Capaci: arresti e perquisizioni ad opera della direzione investigativa antimafia di Caltanissetta in esecuzione di otto provvedimenti cautelari emessi dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta della direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore della repubblica Sergio Lari.

Ricostruita in maniera compiuta dalla magistratura nissena la fase deliberativa, preparatoria ed esecutiva della strage di capaci, malgrado il lungo tempo trascorso dal 23 maggio 1992.

Squarciato il velo d’ombra nel quale erano rimasti alcuni personaggi, mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste sull’eccidio di capaci.

Dalle prime ore di stamane, decine di agenti della direzione investigativa antimafia di Caltanissetta  con il coordinamento della direzione distrettuale antimafia – diretta dal procuratore della repubblica Sergio Lari – stanno eseguendo una serie di arresti e perquisizioni in diverse citta’ del territorio nazionale.

 Il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, gia’ reggente del mandamento mafioso di Brancaccio e fedelissimo dei fratelli Graviano, in merito alla strage di capaci, oltre ad ammettere spontaneamente il personale coinvolgimento nella fase esecutiva dell’attentato, fornisce elementi di assoluta novita’ in ordine al coinvolgimento di altri otto personaggi tra boss e gregari -appartenenti al mandamento di Brancaccio – ritenuti corresponsabili dell’eccidio, mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste.

Un protagonismo, quello del mandamento di Brancaccio, che dimostra, secondo gli esiti giudiziari, tutta l’importanza acquisita nel tempo e sul campo da quel mandamento mafioso.

Le nuove indagini non rivisitano criticamente i precedenti giudizi, ne’ li mettono in discussione; anzi, le pregresse acquisizioni probatorie ne costituiscono il presupposto e l’ossatura.

La rinnovata attivita’ d’indagine  riguarda esclusivamente personaggi interni alle associazioni di tipo mafioso, segnatamente organici al mandamento mafioso di Brancaccio ovvero contigui, nonché il loro protagonismo in una fase specifica dell’organizzazione del delitto, ossia nella predisposizione dei mezzi poi usati nel  momento esecutivo dell’attentato.

L’attuale  procedimento  presenta un duplice aspetto: di conferma e di assoluta novità.

Da un lato, trovano conferma ed ulteriore affinamento le certezze processuali cui approdarono le precedenti sentenze.

Infatti, mediante un’opera di raffronto tra le sentenze emesse sia sulla strage di capaci che su quelle consumate dalla mafia fuori della sicilia nel 1993 e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia del calibro di Antonino Giuffrè, di giovanni brusca e, pure, di Salvatore Cancemi, nonché mediante la successiva unione con gli ultimi apporti collaborativi, in particolare quello di Gaspare Spatuzza (organico al mandamento di Brancaccio), si è riusciti ad affinare ulteriormente la ricostruzione dei momenti ideativi della “stagione delle stragi”.

A seguito di questi approfondimenti, si puo’ fondatamente sostenere che la deliberazione della morte del dr. Giovanni falcone non rappresentò, semplicemente, la decisone di eliminare un nemico dell’associazione mafiosa ma si inserì, quale segmento, all’interno di un progetto unitario, nell’esecuzione del quale cosa nostra passò dall’attacco alle istituzioni (le stragi di capaci e di via d’amelio in particolare) all’offensiva contro lo stato (le stragi del 1993), senza una reale e concreta soluzione di continuità.

Dall’altro lato, dall’inchiesta in corso emerge una assoluta novità relativamente alla fase esecutiva (o, meglio, ad una delle fasi squisitamente preparatorie di quella prettamente esecutiva dell’attentato) che dissolve quel velo d’ombra nel quale, per vent’anni, sono rimasti avvolti alcuni personaggi, ora organici del mandamento di brancaccio ora contigui, mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste; e non certamente per incapacità o negligenze dei precedenti inquirenti.

Novità assoluta che prende forma dagli apporti collaborativi di Gaspare Spatuzza e di Fabio Tranchina, entrambi inseriti nel  mandamento di brancaccio ed, al pari, fedelissimi dei fratelli graviano, segnatamente di giuseppe graviano, ed i cui primi, seppur labili, germi si rinvenivano nelle dichiarazioni di Giovan Battista Ferrante nel corso dei precedenti giudiziari.

Dal narrato di Gaspare Spatuzza e dalle conferme di Fabio Tranchina, infatti, discende che il gruppo di fuoco del mandamento di brancaccio, coordinato da Giuseppe Graviano,  fu coinvolto nel reperimento e nella lavorazione della sostanza esplosiva che costituì la parte preponderante della carica usata per l’attentato di capaci.

Inoltre, dal raffronto tra le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, quelle di salvatore grigoli, le nuove dichiarazioni di Giovanni Brusca e le diverse consulenze chimiche disposte nei processi relativi alla strage di capaci, a quelle dell’anno 1993 ed a quelle sulle sostanze esplosive a suo tempo sequestrate nei depositi di contrada Giambascio di s. Giuseppe Jato e Misilmeri, nella disponibilità di giovanni brusca e di palermo, nella disponibilità di Cosimo Lo Nigro, si puo’ concludere che:

  • Il tritolo costituì l’aliquota preponderante della carica esplosiva usata per l’attentato di capaci;
  • Il tritolo venne tratto da ordigni bellici residuati dal secondo conflitto mondiale, segnatamente mine antinave;
  • Lo stesso tritolo venne utilizzato per perpetrare le stragi nell’anno 1993.

Inoltre, dalle dichiarazioni di Spatuzza e di Tranchina e dai riscontri conseguenti, emerge che il cosiddetto gruppo di fuoco del mandamento di Brancaccio, coordinato da Giuseppe Graviano,  fu coinvolto nel reperimento e nella lavorazione della sostanza che costituì la parte più cospicua (oltre 200 kg.) Della carica esplosiva usata per l’attentato di capaci, ossia il tritolo.

L’ulteriore novità riguarda l’individuazione:

  • Di chi si occupò di reperire questo esplosivo;
  • Di chi lo fornì ;
  • Di chi lo lavorò e lo confezionò.

I successivi riscontri consentono di concludere fondatamente che il mandamento mafioso di brancaccio ebbe un ruolo risolutivo nell’organizzazione della fase esecutiva dell’attentato, in quanto i componenti del gruppo di fuoco alle dipendenze dirette di giuseppe graviano, si occuparono di  reperire e di preparare la parte più consistente della carica usata per l’esplosione del tratto d’autostrada.

In particolare, gli intranei del mandamento di brancaccio, furono in grado di approvvigionarsi di tritolo, sfruttando un privilegiato canale di rifornimento tra le conoscenze che vantavano nell’ambiente dei pescatori, così facendosi consegnare quattro bombe di profondità risalenti al secondo conflitto mondiale e rinvenute dai pescherecci impigliate nelle reti, durante la pesca a strascico.

In sintesi, il collaboratore che ha maggiormente contribuito ad individuare i nuovi responsabili della strage e chiarire aspetti della vicenda ancora poco chiari – soprattutto per ciò che attiene alla fase preparatoria ed esecutiva – è stato, però, gaspare spatuzza, killer,  uomo d’onore e, dopo il periodo delle stragi, reggente del clan di brancaccio, che, proprio in virtù del suo trascorso criminale, dei rapporti che lo legavano a tutti i soggetti chiamati in causa per la strage e del ruolo esecutivo ricoperto in occasione della stessa, è stato senza dubbio determinante.

Pertanto, gli elementi di assoluta novità introdotti dal collaboratore sono stati sostanzialmente quelli di aver consentito:

  • Di disvelare il coinvolgimento del mandamento di brancaccio nella fase preparatoria della strage;
  • Di individuare sette boss mafiosi e un incensurato, rimasto nell’ombra per circa 20 anni, quali corresponsabili della strage mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste;
  • Di accertare l’origine dell’esplosivo utilizzato per la strage, ricavato in massima parte da residuati bellici della 2^ guerra mondiale, recuperati nelle acque territoriali delle coste palermitane. 

I soggetti colpiti dalle misure custodiali in carcere sono:

Salvatore Mario Madonia, soprannominato “salvuccio”, nato a palermo il 16.08.1956, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere de l’aquila in regime di 41 bis o.p..

Madonia, quale reggente della famiglia mafiosa di resuttana – colli, nell’ambito del mandamento di san lorenzo, è stato condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa e svariati omicidi, tra cui quello dell’imprenditore libero grassi, che venne ucciso per aver denunciato i suoi estorsori. “salvuccio”, che partecipò attivamente alla guerra di mafia per l’ascesa dei corleonesi, è in atto imputato nel procedimento per la strage di via d’amelio, scaturito dalle dichiarazioni del collaboratore gaspare spatuzza;

Giuseppe Carranca, soprannominato “ghiaccio”, nato a palermo il 02.03.1956, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere di parma.

Barranca, che è uomo d’onore e killer della famiglia mafiosa di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e svariati omicidi, anche per le stragi di roma del 14.05.1993, firenze del 27.05.1993 e milano del 27.07.1993. Per quegli attentati, effettuò i sopralluoghi unitamente a cosimo lo nigro e francesco giuliano. “ghiaccio”  venne indagato anche per gli omicidi dei funzionari della p. Di s. Giuseppe montana e antonino cassara’, nonché per quello dell’agente roberto antiochia e per il tentato omicidio dell’agente natale mondo. Per l’omicidio del dr. Giuseppe montana, venne anche tratto in arresto, ma il 05.07.1991 venne prosciolto “per non aver commesso il fatto”;

Cristofaro Cannella, soprannominato “fifetto”, nato a palermo il 15.04.1961, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere di milano opera in regime di 41 bis o.p..

Cannella, che è uomo d’onore e killer della famiglia mafiosa di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e svariati omicidi, anche per il rapimento del piccolo giuseppe di matteo e per le stragi di roma del 14.05.2003 e di formello del 14.04.1994;

Cosimo Lo Nigro, soprannominato “cavaddu” o “bingo”, nato a palermo l’08.09.1968, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere di carinola (ce).

Lo nigro, che è uomo d’onore e killer della famiglia mafiosa di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e svariati omicidi, anche per le stragi di roma del 14.05.1993, firenze del 27.05.1993, milano del 27.07.1993 e formello del 14.04.1994. Per quegli attentati, effettuò i sopralluoghi unitamente a giuseppe barranca e francesco giuliano;

Giorgio Pizzo, soprannominato “topino”, nato a palermo il 28.03.1962, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere di tolmezzo (ud) in regime di 41 bis o.p..

Pizzo, che è uomo d’onore e killer della famiglia mafiosa di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e svariati omicidi, anche per le stragi di firenze del 27.05.1993 e formello del 14.04.1994;

Vittorio Tutino, nato a palermo il 13.04.1966, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere de l’aquila in regime di 41 bis o.p..

Tutino, che è uomo d’onore e killer della famiglia mafiosa di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e omicidio, anche per la strage di formello del 14.04.1994. Lo stesso, inoltre, è in atto imputato nel procedimento per la strage di via d’amelio, scaturito dalla dichiarazioni del collaboratore gaspare spatuzza;

Lorenzo Tinnirello, soprannominato “renzo u turchiseddu”, nato a palermo il 28.01.1960, pregiudicato, mafioso, in atto detenuto presso il carcere di carinola (ce).

Tinnirello, che è uomo d’onore e killer della “famiglia di corso dei mille”, ricompresa nel mandamento di brancaccio, è stato condannato con sentenza definitiva, oltre che per associazione mafiosa e svariati omicidi, anche per la strage di via d’amelio del 19.07.1992. “u turchiseddu” venne indicato dal falso collaboratore vincenzo scarantino come colui che aveva guidato la fiat 126 imbottita di tritolo e l’aveva poi fatta esplodere in via d’amelio – ricostruzione poi sconfessata dalle dichiarazioni del collaboratore gaspare spatuzza e dall’attività investigativa svolta dalla direzione investigativa antimafia di caltanissetta;

Cosimo D’amato, nato a palermo il 06.02.1955, in atto detenuto presso il carcere di prato.

D’amato, che ha soltanto un banalissimo precedente penale per “falsa attestazione a un p.u. sulla propria identità”, è stato recentemente tratto in arresto dalla direzione investigativa antimafia di firenze per la strage consumata nel capoluogo toscano il 27.05.1993 e, in particolare, per aver recuperato alcuni residuati bellici, da cui sarebbe stato poi ricavato parte dell’esplosivo utilizzato nell’attentato, dai fondali marini al largo di porticello (pa), in nome e per conto dell’organizzazione criminale “cosa nostra”. L’individuazione del d’amato – sulla scorta dei pochi elementi forniti dal collaboratore gaspare spatuzza, che lo aveva indicato soltanto con il nome di battesimo ed il paese dove viveva, dando una sommaria descrizione dell’aspetto fisico – è stata possibile soltanto grazie alla minuziosa ed incisiva attività d’indagine svolta dalla direzione investigativa antimafia di caltanissetta, che ha portato ad escludere con assoluta certezza qualsiasi errore sull’identità del “cosimo” di porticello che aveva fornito l’esplosivo per le stragi: attività che si è rivelata utile anche all’a.g. del capoluogo toscano per le contestazioni relative alla strage di firenze.    

Con la suddetta ordinanza, sono stati contestati:

  • A tutti, la “strage aggravata continuata in concorso”, ma soltanto  a madonia il ruolo di mandante;
  • A tutti, con eccezione di d’amato, la “devastazione aggravata in concorso” e la “detenzione, fabbricazione e porto di esplosivi continuato, aggravato ed in concorso”;
  • Al solo d’amato la “cessione di esplosivi aggravata”.

I reati contestati con la suddetta misura restrittiva traggono origine dalle seguenti contestazioni:

?   Madonia, quale reggente del mandamento di resuttana, avrebbe partecipato alle riunioni della commissione provinciale di “cosa nostra” dal 1989 al 1991, nel corso delle quali venne deliberato il programma stragista, da parte dell’organizzazione, che prevedeva, tra le altre cose, l’uccisione del dr. Giovanni falcone, per essere stato il magistrato che, con la sua attività giudiziaria, prima presso la procura di palermo e successivamente come direttore generale dell’ufficio affari penali del ministero di grazia e giustizia, aveva posto in concreto pericolo la sopravvivenza dell’organizzazione criminale;

?   Barranca, cannella, lo nigro, pizzo, tutino e tinnirello, quali uomini d’onore del mandamento di brancaccio, avrebbero curato le fasi “esecutiva” e “immediatamente preparatoria a quella esecutiva” della strage di capaci, reperendo, lavorando e confezionando la parte preponderante della complessiva carica esplosiva poi utilizzata per l’attentato.

Nello specifico, barranca, cannella, lo nigro, pizzo, tutino e tinnirello, in concorso con il collaboratore gaspare spatuzza, per cui si procede separatamente, avrebbero reperito buona parte dell’esplosivo (400 dei 500 chilogrammi utilizzati), ricavandolo da quattro ordigni navali, residuati bellici.

L’esplosivo ricavato, una volta macinato e confezionato, sarebbe stato poi consegnato, da cannella e tutino, al capo mandamento di brancaccio, giuseppe graviano, per il confezionamento del micidiale ordigno poi fatto esplodere sotto il tratto autostradale di capaci;

?   D’amato, cugino di lo nigro, già detenuto perché recentemente tratto in arresto per la strage di via dei georgofili, pur non essendo organico a “cosa nostra”, ma comunque ben consapevole del ruolo del cugino e degli altri correi in seno all’organizzazione, grazie alla sua attività di pescatore, avrebbe procurato due dei quattro ordigni bellici da cui sarebbero stati ricavati 200 dei 500 chilogrammi di esplosivo utilizzato per la strage.

I destinatari della misura relativa alla strage di capaci avrebbero, comunque, agito in concorso con altri numerosi esponenti dell’organizzazione, capi e gregari, tra cui, solo per citarne alcuni, i noti salvatore riina, bernardo provenzano, mariano agate, giuseppe “piddu” madonia, benedetto santapaola, antonio ferro, pietro aglieri, francesco madonia, giuseppe calo’, raffaele ganci, giuseppe e filippo graviano, bernardo e giovanni brusca, benedetto spera e tanti altri, tutti già condannati con sentenza definitiva in separati procedimenti.

Le risultanze dell’attività investigativa svolta dalla direzione investigativa antimafia di caltanissetta, su delega e sotto la direzione della procura distrettuale di caltanissetta, sono, infatti, perfettamente in linea con quelle già cristallizzate in sentenze divenute ormai definitive e si fa riferimento, in particolare, alla nr. 24/06 del 22.04.2006 della corte d’assise d’appello di catania, che ha poi ricevuto l’autorevole suggello della suprema corte di cassazione il 18.09.2008.

Così come per la strage di via d’amelio, anche in questo caso la procura distrettuale di caltanissetta – ed il g.i.p. che ha condiviso le risultanze dell’attività investigative svolta dalla direzione investigativa antimafia di caltanissetta e le conclusioni dei magistrati della procura – ha contestato, per tutti i suddetti reati, ad eccezione che per la “cessione di esplosivi”, l’aggravante della “finalità terroristica”, in quanto inquadra quest’attentato, come anche quelli perpetrati successivamente a roma, firenze e milano, in un progetto volto alla “destabilizzazione dello stato per l’apertura di trattative con nuovi referenti politici”.

Le indagini, che la procura di caltanissetta ha delegato in maniera esclusiva alla direzione investigativa antimafia di caltanissetta, sono consistite per lo più in attività di tipo tecnico, dinamico e di riscontro alle dichiarazioni rese dai numerosi collaboratori di giustizia, tra cui, in particolare, gaspare spatuzza, giovanni brusca, antonino giuffre’, fabio tranchina e salvatore cancemi.

Le dichiarazioni del collaboratore spatuzza trovano, peraltro, straordinarie conferme e convergenze, non soltanto in quelle rese da giovanni brusca – che ebbe un ruolo cardine nell’esecuzione dell’attentato –, il quale, prima ancora di spatuzza, fece presente che “per capaci venne utilizzato esplosivo proveniente da brancaccio” e più precisamente “ricavato da residuati bellici”, ma anche dagli accertamenti di laboratorio, effettuati sui residui di esplosivo rinvenuti sul luogo della strage dai consulenti tecnici, i quali fecero presente che il “tritolo utilizzato per l’attentato di capaci, con ogni probabilità, proveniva dallo sconfezionamento di ordigni residuati bellici”.

Particolarmente impegnativo è stato il lavoro svolto dal pool di magistrati, coordinato dal procuratore aggiunto – dr. Domenico gozzo – e dagli investigatori della dia di caltanissetta.

A titolo meramente esemplificativo, si riportano qui di seguito gli atti di indagine compiuti:

  • –     Riesame dell’ingentissima documentazione riguardante le precedenti acquisizioni investigative e processuali, operate nell’ambito di numerosi procedimenti, comprese le sentenze relative a tutti i gradi del processo c.d. “falcone”;
  • –     Interrogatori di numerosi collaboratori di giustizia;
  • –     Svolgimento di un notevolissimo numero di interrogatori nei confronti di soggetti indagati a vario titolo;
  • –     Numerosissime esecuzioni di atti di ricognizione fotografica, eseguiti anche con l’ausilio di svariati album fotografici;
  • –     Esecuzione, tramite la direzione investigativa antimafia di caltanissetta, di numerosi esami testimoniali di soggetti che, a vario titolo, si è ritenuto fossero in grado di fornire informazioni utili all’accertamento della verità;
  • –     Molti sopralluoghi videoregistrati, alcuni dei quali con gli stessi spatuzza e tranchina per ricostruire, anche sui luoghi, il contenuto delle loro dichiarazioni;
  • –     Affidamento di complessi accertamenti tecnico scientifici alla polizia scientifica e di consulenze ad esperti di fiducia del p.m. (luoghi dove era stato prelevato, custodito e lavorato l’esplosivo);
  • –     Esecuzione, a cura di questo ufficio di una imponente attività di intercettazione telefonica ed ambientale, sul conto di numerosi soggetti coinvolti a vario titolo nelle indagini sulla strage di capaci;
  • –     Numerose deleghe di indagine, tutte conferite alla dia di caltanissetta, molte delle quali di elevata complessità;

A ben vedere, sono state messe in campo tutte le metodologie di indagine che l’ordinamento italiano mette a disposizione degli uffici del pubblico ministero, con un impiego di risorse, umane e strumentali, notevolissimo, allo scopo di non lasciare nulla di intentato per l’accertamento della verità.

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