Il Ponte sullo Stretto negli intrecci del nuovo Governo e della Lega: è la chiave per Salvini al MIT

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Salvini verso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per una grande battaglia sul Ponte sullo Stretto: obiettivo realizzarlo a strettissimo giro. La casella che può risolvere gli incastri per i Ministri del nuovo Governo guidato da Giorgia Meloni

Sono giorni decisivi per la formazione del nuovo Governo: la prossima settimana si insedieranno le Camere e verosimilmente entro fine mese si concluderà l’iter amministrativo che porterà alla nascita dell’esecutivo di Centrodestra guidato da Giorgia Meloni, alle prese con la complessa formazione della squadra di Governo. Tanti i dubbi sui nuovi Ministri: ci saranno tutti i politici di riferimento del Centrodestra, ma anche qualche tecnico di area che condivide le visioni politiche della coalizione, com’è sempre accaduto nella storia della Repubblica.

Uno dei più grandi punti interrogativi è ciò che farà Matteo Salvini: l’obiettivo principale del leader della Lega sarebbe quello di tornare al Viminale, dove da Ministro degli Interni ha già lavorato per poco più di un anno tra giugno 2018 e agosto 2019 bloccando gli sbarchi clandestini ottenendo un grande risultato politico che lo portò ad un enorme consenso nel Paese. Non si capisce per quale motivo, però, il ritorno di Salvini al Viminale potrebbe saltare: tante le indiscrezioni emerse in questi giorni, in gran parte ricostruzioni talmente tanto inverosimili che è facile bollarle come assolute fantasie. Ma il tema della Lega c’è e sta impegnando la nuova maggioranza di Governo: Forza Italia ha già espresso il proprio consenso al ritorno di Salvini al Ministero dell’Interno e la stessa Lega nell’ultima riunione federale ha dato pieno mandato a Salvini, in modo compatto, di tornare al Viminale mentre la linea politica sui temi dell’ordine pubblico, della sicurezza e dell’immigrazione è in assoluta sintonia con quella di Giorgia Meloni.

Dal punto di vista politico, il problema non si pone. Alle elezioni la Lega ha ottenuto il 9% dei consensi e giova ricordare che nel governo Berlusconi del 2001 ebbe dicasteri importantissimi (Bossi alle riforme, Castelli alla giustizia, Maroni al lavoro) nonostante avesse ottenuto appena il 3,9% dei voti; e poi ancora nel governo Berlusconi del 2008 con un migliore risultato elettorale (8,3% delle preferenze) trovò spazio nell’esecutivo con Maroni all’interno, Bossi alle riforme, Calderoli alla semplificazione e Zaia all’agricoltura. Anche stavolta, quindi, la Lega avrà spazi importanti nel governo Meloni con almeno 4 Ministeri di rilievo, ma Salvini non vuole rappresentare un problema e con spirito collaborativo si è già detto disponibile a rinunciare al Viminale se richiesto, consapevole che comunque sarà un’altra figura a condurre le sue stesse battaglie.

Il leader della Lega ha comunque intenzione di portare avanti nel nuovo Governo le proprie iniziative politiche, e da un paio di giorni sta circolando in modo sempre più insistente l’ipotesi di Salvini nuovo Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti qualora non dovesse andare al Viminale. La scelta di Salvini al MIT è chiaramente frutto di una visione politica data da esigenze interne alla Lega ed anche esterne. Salvini vuole essere protagonista del nuovo Governo e vuole legare le proprie future azioni politiche ad attività che hanno importanti ricadute sul Paese, in modo da rivendicarne la paternità ed incassarne il consenso, come già accaduto con i migranti quattro anni fa. La scelta del MIT, quindi, è inequivocabilmente volta alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, un’opera straordinaria anche dal punto di vista simbolico e di immagine, in grado di rilanciare Salvini e il suo partito non solo al Nord ma in tutto il Paese.

Proprio in questa scelta si può leggere la doppia partita di Salvini, che quindi potrebbe addirittura preferire impegnarsi per realizzare il Ponte sullo Stretto anziché per fermare i barconi dei migranti. Dentro la Lega, infatti, ci sono ampie frange del partito che rimproverano a Salvini il fatto di aver trasformato un partito che coltivava interessi locali, in un movimento nazionale. Paolo Grimoldi, ex deputato ed ex segretario della Lega Lombarda, oggi nel gruppo di Umberto Bossi per il “Comitato del Nord”, in un’intervista al Giornale nei giorni scorsi ha rimproverato a Salvini proprio di aver parlato troppo del Ponte sullo Stretto: “In campagna elettorale abbiamo parlato un po’ troppo del ponte sullo Stretto di Messina e mai, per esempio, della Pedemontana lombarda“.

Sia chiaro, la Lega è da sempre favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto e lo ha dimostrato in parlamento, votando sempre in modo favorevole alla progettazione, al finanziamento, all’appalto dell’opera ai tempi di Berlusconi, e anche nelle scorse settimane sostenendo l’ordine del giorno di Matilde Siracusano per il Ponte a cui, invece, tutti i deputati calabresi e siciliani della sinistra (Pd, LeU, Movimento 5 Stelle) si sono opposti. Lo stesso Grimoldi nell’intervista, chiarisce: “… Quindi parlare della Pedemontana lombarda, rispetto al ponte sullo Stretto che resta sicuramente un’opera di primaria importanza, non è solo una questione viabilistica, ma di merci, di occupazione, di economia, della possibilità per le nostre aziende di stare sui mercati con la globalizzazione. E se non poni le questioni del Nord, che poi sono questioni primarie di interesse nazionale, evidentemente qualcuno al Nord può anche pensare che sia inutile votarti“.

Il punto della Lega, quindi, non è Ponte sì o Ponte no, ma enfatizzare maggiormente l’appartenenza territoriale anziché – come ha fatto Salvini – occuparsi di questioni più nazionali. Per avere il consenso del Nord, insomma, i leghisti vorrebbero realizzare il Ponte in silenzio ma sbandierare soltanto le battaglie per il Nord. Al contrario, Salvini ha tutta l’intenzione di essere leader nazionale e non vuole che la Lega torni al passato; ma se fosse messo all’angolo sarebbe già pronto alla scissione con il suo “Prima l’Italia” che dalla Sicilia è già pronto a guidare in tutto il Paese, lasciando alla Lega il nulla del consenso dopo l’emorragia di voti dilapidati negli ultimi anni non certo per le posizioni di Salvini, ma al contrario proprio per le scelte governiste di Giorgetti e degli altri leghisti che si sono appiattiti sul governo Draghi perdendo il contatto con la realtà popolare del Paese che, infatti, ha poi bocciato sonoramente tutti i partiti che sostenevano il Governo premiando invece quelli che erano all’opposizione (Fratelli d’Italia) o, dall’altro lato, che si sono sfilati alla fine (il Movimento 5 Stelle).

Salvini, insomma, ha ancora una grande ambizione politica e per alimentarla deve intestarsi un’altra grande battaglia portando risultati concreti. Se non è possibile con la sicurezza, punta a farlo con le infrastrutture e quindi prima di tutto con il Ponte sullo Stretto. Ed è una battaglia che il leader leghista conosce benissimo, supportato da tecnici molto preparati, e che politicamente non può fallire. Ecco perché per la Calabria, la Sicilia e il Ponte in sé, questa situazione politica non può che avere ricadute estremamente positive, pur mettendo in conto che con Salvini in prima fila per il Ponte, l’opposizione alla realizzazione della grande opera dello Stretto sarebbe ancor più agguerrita. Perché negli ultimi anni il leader leghista avrà anche combinato i suoi guai, ma da sinistra sono riusciti ad attaccarlo anche quando si limitava a dire che due più due fa quattro.

Intanto si registra per l’ennesima volta la rinnovata centralità di Messina nel panorama politico nazionale. Dopo l’incontro tra Meloni e Salvini proprio in riva allo Stretto lo scorso 29 Agosto, adesso può essere proprio il Ponte la chiave per risolvere i difficili incastri del nuovo esecutivo, inserendo in ogni casella la figura più motivata a realizzare gli obiettivi proposti agli elettori nel programma poi scelto dalla maggioranza degli italiani. E con il Ponte, lo Stretto rimarrà a lungo tra le priorità dell’agenda politica del Paese.

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