Lettera ai tifosi del Modena: dietro quegli striscioni ci siamo anche noi

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Lettera ai tifosi del Modena dopo gli striscioni della partita di serie B con la Reggina: grazie per contribuire alla nostra battaglia di sviluppo e coscienza civile, dietro quegli striscioni ci siamo anche noi

Cari tifosi del Modena,
sabato pomeriggio durante la partita di serie B contro la Reggina nel bellissimo impianto intitolato al grande Alberto Braglia avete assistito ad un appassionante incontro di calcio concluso con un risultato beffardo nei confronti di chi è uscito dal campo sconfitto pur avendo giocato meglio. Ma questo nel calcio può capitare. Più raro è assistere ad un così bello spettacolo di passione sugli spalti, con quasi 11 mila spettatori di cui oltre 2 mila nella curva degli ospiti: una cornice degna della serie A, dove Modena e Reggina si sono già incontrate una paio di volte una ventina di anni fa e dove mi auguro, e vi auguro, le due squadre si potranno affrontare nuovamente in futuro, in un palcoscenico degno delle due città che rappresentano. 

La stragrande maggioranza dei 2.058 tifosi ospiti che coloravano di amaranto la curva del Braglia non arrivavano, ovviamente, da Reggio ma erano reggini emigrati in Emilia per lavoro, dove sono perfettamente integrati nel tessuto socio-economico e culturale della vostra bella città.

Ho apprezzato molto, cari tifosi modenesi, i vostri striscioni che in queste ore e in questi giorni stanno facendo molto discutere nella mia terra, quaggiù a Reggio e in Calabria: come al solito in tanti si sentono offesi, sbraitano scandalo e tragedia, quando in realtà il vostro atteggiamento è esclusivamente da ammirare. Avreste potuto, infatti, rinnovare il consueto triste refrain dei “terroni puzzoni”, come accade ogni domenica più o meno in ogni stadio che ospita napoletani, palermitani, reggini e qualsiasi altra tifoseria del Sud. Ieri a Bergamo i tifosi dell’Atalanta l’hanno fatto persino contro la Fiorentina, nei confronti del Presidente Commisso “colpevole” di essere calabrese. Invece voi no, vi siete distinti. Avete ragionato, vi siete organizzati, avete colpito nel segno.

Non sto scherzando, non sono ironico: ho apprezzato molto quegli striscioni, perché innanzitutto l’anima del calcio è la goliardia. Non c’è calcio senza sfottò, e voi siete riusciti a fare il migliore possibile: prendere in giro l’avversario senza offenderlo. E l’avete fatto con educazione, con profondità di pensiero, con lucidità, con intelligenza: nessuna accusa razziale, ma una presa per i fondelli rispetto a una mentalità arretrata che purtroppo quaggiù è davvero molto diffusa. Non avete preso di mira Reggio Calabria e i reggini in quanto tali, ma quella mentalità degradata che certamente a Reggio, come in Calabria e in tutto il Sud, è molto estesa rispetto al Nord. Nei vostri striscioni, infatti, non c’è alcun riferimento alla razza o ai costumi, ma avete giocato con le parole sul reddito di cittadinanza (è il caso di “R (d) C” di cui purtroppo non esistono immagini televisive e vi prego di inviarmi una foto via email all’indirizzo peppe.caridi@strettoweb.com – * foto ricevute, a corredo dell’articolo) e poi scrivendo il reale indirizzo del centro per l’impiego modenese rivolto ai reggini percettori invitandoli, quindi, a lavorare.

Insomma, ci avete preso in giro senza offenderci, con originalità, senza luoghi comuni e per giunta su un tema di scottante attualità, dimostrando una conoscenza e un’attenzione delle dinamiche del nostro Paese che potrebbe sorprendere coloro che considerano quello degli Ultras un mondo marginalizzato rispetto alla società civile.

Bravi, complimenti!

I vostri striscioni sono anche i miei, sono anche i nostri. Dietro quel messaggio ci sono anche io e ci siamo anche noi reggini, calabresi e meridionali che non soltanto in un sabato pomeriggio allo stadio per sfottò, ma quotidianamente per impegno civico, combattiamo contro la mentalità della sottocultura di cui purtroppo la nostra terra è intrisa. “Narcotizzata”, come ha scritto con straordinaria intuizione il giornalista Felice Manti (anche lui reggino) sul Giornale pochi giorni fa, anche dal reddito di cittadinanza.

Siamo “narcotizzati” dalla politica che cavalca questa mentalità del “tirare a campare”: prima era il posto fisso, adesso è il reddito di cittadinanza. Qui al Sud vogliamo il nostro stesso male e neanche ce ne accorgiamo. Con questo “metadone di Stato” (altra felice intuizione giornalistica, stavolta di Daniele Capezzone), i nostri giovani abili al lavoro neanche si rendono conto di essere condannati dallo Stato all’eterna povertà tramite un’elemosina che ne tarpa le ali. Anche Pio e Amedeo, emblema e caricatura del profondo Sud, nella prima puntata della nuova edizione di Emigratis hanno fatto auto ironia sul reddito di cittadinanza al Sud esattamente come Checco Zalone fece qualche anno fa sul posto fisso. Dietro quegli striscioni, cari tifosi modenesi, ci siamo quindi anche noi meridionali che quotidianamente combattiamo contro la sottocultura della nostra terra.

L’augurio è che qualcosa stia cambiando: alle recenti elezioni politiche di domenica 25 settembre, infatti, anche al Sud e a Reggio Calabria ha stravinto la coalizione che in campagna elettorale ha promesso di abolire il reddito di cittadinanza nella sua formula attuale, lasciando un sostegno ai bisognosi che non possono lavorare ma negandolo a chi, invece, lavorare potrebbe eccome ma se ne approfitta. Lo stimolo positivo arriva dal risultato elettorale: a Reggio Calabria il 44,5% dei voti è andato al Centrodestra, un altro 4,7% al Terzo Polo di Renzi e Calenda da sempre in prima fila contro il reddito di cittadinanza, mentre il Movimento 5 Stelle s’è fermato al 21,4% raccogliendo 14.600 voti, esattamente corrispondenti al numero dei componenti dei nuclei familiari che percepiscono il reddito di cittadinanza nella nostra città. A fronte di questo vero e proprio voto di scambio, a Reggio Calabria il 49,2% degli elettori ha votato partiti che proponevano di abolire il reddito di cittadinanza mentre solo il 21,4% ha votato affinché questa misura venga mantenuta. 

La più grande differenza del voto tra Modena e Reggio balza subito all’occhio dall’affluenza alle urne. Demograficamente Modena e Reggio sono due città identiche: hanno entrambe 180 mila abitanti, a Reggio ci sono 136 mila elettori, a Modena 134 mila. Ma a Reggio hanno votato 71 mila, a Modena 100 mila per un’affluenza rispettivamente del 52,5% e del 74,7%. A Modena ha stravinto il Centrosinistra (43%) trascinato dal Partito Democratico (34%) in quella che è da sempre una delle storiche roccaforti rosse d’Italia, ma il Centrodestra ha preso più del 30% e il Terzo Polo di Renzi e Calenda ha raggiunto l’11%. Il Movimento 5 Stelle s’è fermato al 10%: a Modena il reddito di cittadinanza non lo prende quasi nessuno. Sull’intera popolazione, infatti, a Reggio Calabria beneficia del reddito di cittadinanza circa il 10% dei residenti, mentre a Modena appena l’1%. Il reddito imponibile Irpef pro capite di Modena è di oltre 25 mila euro, a Reggio Calabria non arriva neanche a 19 mila euro. Il tasso di disoccupazione a Modena è del 4%, a Reggio Calabria del 17%. Sono due mondi così lontani che sorprende pure che le due squadre di calcio si affrontino nella stessa categoria: davvero queste due città stanno nello stesso Paese? Una ha standard socio-economici degni di Inghilterra, Belgio e Danimarca, l’altra è più simile a Bulgaria, Serbia e Montenegro.

Ecco, è su questo che dovremmo riflettere quaggiù a Reggio Calabria. Anziché offenderci per un simpatico striscione, approfittiamone per analizzare perché a Modena possono permettersi di prenderci in giro dall’alto della loro ricchezza mentre noi viviamo nella povertà, nell’emarginazione, nella sottocultura, nel degrado civico e sociale, nell’arretratezza. Piuttosto, com’era già accaduto con il Veneto qualche mese fa dopo gli episodi (sempre da stadio) di Vicenza, guardiamo al Nord – che sia veneto o emiliano – come modello di sviluppo, affinché anche le nostre città possano diventare ricche, sane, pulite, ospitali, curate, zeppe di opportunità come quelle del Nord dove siamo costretti ad emigrare per trovare lavoro e vivere con l’acqua che scende dai rubinetti, senza cumuli di spazzatura che arrivano fino ai balconi e strade impraticabili per buche e voragini.

Non dobbiamo e non possiamo pretendere l’elemosina dell’assistenzialismo, che sia il posto fisso o il reddito di cittadinanza. Dobbiamo volare alto: lo Stato deve metterci nelle condizioni per sviluppare la nostra economia, non elargendo prebende ma realizzando le pre-condizioni per lo sviluppo che sono competitività fiscale, infrastrutture, collegamenti. Quello che dobbiamo pretendere è il Ponte sullo Stretto, l’alta velocità ferroviaria, un regime fiscale vantaggioso e così la nostra economia volerà producendo ricchezza e fornendo lavoro in modo spontaneo, facendo il bene non solo del Sud ma dell’Italia intera che oggi ha nel meridione una palla al piede da mantenere “in perdita”.

No, non vogliamo essere questo.

Ecco perché dietro quegli striscioni ci siamo anche noi.

Grazie, Modena, per aver interpretato al meglio la nostra più difficile battaglia quotidiana.

E forza Reggina!

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