Il fastidio di pensare – Il diritto all’imbecillità

StrettoWeb

Un intellettuale di grande intelligenza e sconfinato orgoglio con cui trascorrevo talvolta i miei pomeriggi adolescenziali sintetizzava con questa formula il suo disprezzo per la democrazia: “È quella forma di governo dove due imbecilli formano una maggioranza su una persona intelligente”. Naturalmente, del fattore quantitativo che si sovrappone e sovrasta quello qualitativo ne erano ben coscienti i filosofi politici che hanno studiato il fenomeno, a partire da Kelsen. A lasciar tutto al voto della maggioranza, scriveva, può accadere che tra Gesù e Barabba alla fine si scelga di liberare quest’ultimo: è una decisione perfettamente democratica. Ma poi lasciava intuire che di solito chi critica la democrazia con queste argomentazioni si pone sempre dentro una minoranza di illuminati che non vengono compresi, e si tratta spesso di persone pericolose, in quanto si sentono in possesso della verità ma, appunto, se la verità la potessimo conoscere non avremmo bisogno della democrazia.

La democrazia è sempre uno scontro di opinioni con la consapevolezza che, poiché non sappiamo quale sia quella giusta, ci affidiamo quantomeno alla dialettica delle opinioni con l’idea che la maggioranza, se non esprime quella corretta, se non altro esclude il meno possibile: magra consolazione basata sulla consapevolezza dell’ignoranza. Se avessimo la verità, non avremmo la libertà. Poiché la teoresi ha svuotato la forza delle opinioni e ha posto ogni analisi sulle stesso piano nella democrazia si è assistito da sempre a un grande effluvio di imbecilli che pretendono il diritto di esprimersi. E pure in questa prospettiva apparentemente tragica ci sono dei vantaggi: che pur non escludendo che i cretini possano aspirare e talvolta raggiungere un grande potere politico, c’è comunque la possibilità di poterli sostituire in tempi rapidi o comunque limitare il loro potere, mentre un cretino che raggiunga un grande potere in uno Stato dittatoriale può creare dei danni incommensurabili potendo disporre di tempi molto vasti.

Orbene, sarebbe bene che ci fosse un freno che limitasse se non il diritto di parola degli imbecilli in un sistema sociale quantomeno quello di essere ascoltato e di avere un seguito consistente e questo sarebbe compito dell’intelligenza e del potere critico della cultura ma, per come conosciamo le umane vicende, non c’è imbecille che esponga una cosa che, per quanto stupida, subito non trovi tutto un suo seguito personale che non lo veda come una specie di illuminato detentore di verità che ci volevano essere nascoste; viviamo anzi in una società così complicata che l’ovvio è sempre guardato con sospetto ed estrema diffidenza, come di chi ci vuole fregare, mentre chi ci pone di fronte discorsi irragionevoli sembra aprirci non all’assurdo ma a un universo che ci veniva occultato e di cui finalmente possiamo anche noi condividere segreti, come a far parte di una oscura consorteria.

Noi della lista vergognosa pubblicata dal Corriere della Sera e a cui lo stesso giornale ha prestato la sua infame complicità conosciamo a malapena il professore Orsini, e lo conosciamo solo perché si lamenta continuamente di essere ostracizzato e di non potere esprimere liberamente le sue idee, e di questa esclusione si lamenta in tutti i canali e in tutte le trasmissioni televisive. Noi lo riteniamo – ma, sia detto chiaramente, il giudizio è puramente personale – l’ultimo discendente di una lunghissima tradizione di intellettuali imbecilli italiani, tradizione lunga e illustrissima dai nomi altolocati, da quel Toni Negri illustre docente padovano di cui Montanelli diceva che era un imbecille che andrebbe impiccato a tutta una serie d’intellettuali che di tanto in tanto firmavano appelli contro l’uno o contro l’altro salvo poi giustificarsi, quando la storia dimostrava inappellabilmente il loro torto, che erano stati fraintesi, o che erano stati giovani e inesperti, o che insomma bisogna analizzare il presente e non si può restare fermi a guardare il passato.

Il problema di fondo al giorno d’oggi resta, tragicamente, il riconoscere questi cretini, perché la cretinaggine nei tempi moderni ha fatto passi da gigante è si è evoluta, ed è divenuta terribilmente complessa. Come diceva Sciascia già alcuni decenni or sono il cretino odierno non è più come il cretino di una volta che era un cretino genuino, che lo riconoscevi subito e aveva pure una sua autenticità e anche una sua funzione sociale come parte del paesaggio a cui regalava una sua completezza, ma è un cretino complesso; innanzitutto è un cretino di cultura, che quando parla arricchisce il suo sciorinare di imbecillità con dotte citazioni e un susseguirsi di precisi riferimenti storici. Per dirla alla Longanesi, non capiscono niente, ma non capiscono con autorità e competenza. Questi cretini quindi non sono come questi cretini di una volta che abbandonati alla crudeltà del mondo ti facevano quasi tenerezza: questi cretini moderni talvolta, nel loro cavillare incutono quasi autorità e riescono ad affascinare chi non ha una sua visione critica ed è fragile in un momento di confusione come questo. Sono quindi persone pericolose, come sempre i cretini lo sono stati, ma ancor di più in un paese come il nostro dove c’è un pecorume sempre alla ricerca di leader con il guinzaglio in mano. Si sarebbe quindi tentati di zittirli per il potenziale danno che l’imbecillità comporta, e la cosa avrebbe una sua giustificazione etica. Ma noi che amiamo la libertà al di sopra di tutto dobbiamo sentirci profondamente nauseati dall’iniziativa di quei giornali che, rivendicando la verità governativa, così come ogni sorta di verità, e nello stesso tempo tradendo lo stesso ruolo di ogni giornale che invece di denunciarla la appoggia, vuole tappar loro la bocca giustificando il tutto con l’intelligenza e la correttezza dell’azione politica.

Noi continuiamo a stare dalla parte di Kelsen e di coloro che hanno liberato Barabba. La deficienza è potenzialmente deleteria per uno Stato, ma difendiamo ad ogni costo il diritto ad esprimerla, anche nelle sue peggiori forme quali che siano, perché il prezzo per la libertà di Gesù è la servitù verso chi pretende di sapere in una Civitas Solis, di cui abbiamo già avvertito tristemente qualche avvisaglia, in cui non abbiamo nessuna ambizione di vivere. Difendiamo a tutti i costi il diritto e la libertà di espressione di ogni imbecille e, con lui, anche la nostra.

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