Ponte sullo Stretto, Messina-Catania-Palermo, Salerno-Reggio: il Pnnr non decolla, fallimento annunciato?

StrettoWeb

Tante delle opere a cui si porrà mano con il PNRR non saranno concluse entro il 2026: si pensi alla Messina-Catania-Palermo che, se tutto va bene, verrà completata soltanto nel 2030 ma anche alla stessa Salerno-Reggio Calabria

La vicenda della diga foranea di Genova con le dimissioni del Direttore tecnico dell’ente certificatore del progetto di fattibilità, a causa dell’incremento dei costi e dei tempi di costruzione di questa enorme opera pubblica, ci pone di fronte ad importanti interrogativi sul PNRR e sulla sua reale efficacia.

Ciò non soltanto per la vicenda genovese ma anche per altre situazioni che abbiamo spesso commentato e criticato all’interno del Piano Nazionale. La scarsa attenzione verso il Mezzogiorno, innanzitutto, al quale, come sappiamo, sono state riservate “solo” il 40% delle risorse pur se – com’è indiscutibile – il Piano, all’origine, era dedicato in grande maggioranza (70%) al riequilibrio degli endemici squilibri sociali ed economici esistenti nel territorio italiano.

Ma elementi di preoccupazione provengono anche dalla reale capacità di spesa del “sistema Italia” di fronte alle ambizioni del Piano. Basti pensare che, come ha fatto rilevare l’ing. Ercole Incalza in un recente intervento sul quotidiano del Sud, nel 2021 si è spesa soltanto una parte molto piccola di quanto si sarebbe dovuto spendere, cronoprogramma alla mano: soltanto 1,2 miliardi sui 13,7 previsti!

Si conferma, pertanto, l’incapacità di spendere delle amministrazioni italiane, primo elemento da correggere nel grande puzzle del PNRR. O, quanto meno, l’attivazione di strutture attuative con carattere di urgenza, e poteri di tipo commissariale in grado di scavalcarerealmente, e non a proclami, i veti incrociati che hanno già posto tanti ostacoli agli interventi da realizzare. Il minimo sindacale se si vuole realmente centrare l’obiettivo, fin troppo ambizioso, della messa in esercizio entro il 2026 delle iniziative previste.

Ma, ad allarmarci, e non poco, c’è qualcosa di molto più sostanziale: la mancanza di una visione complessiva che leghi insieme i diversi interventi creando una programmazione minimamente credibile del nostro futuro.

Sembra invece che il Piano sia improntato alla spesa a tutti i costi delle somme disponibili, al punto che le stesse sono state dirottate verso progetti già esistenti, cristallizzando, di fatto, una visione del paese ancora improntata a soddisfare le esigenze dei territori politicamente più “forti”. Ciò che ha riportato il Piano alla vecchia idea,tanto cara alla grande stampa nazionale, della locomotiva, localizzata nel laborioso nord-est, che traina tutto il resto inteso come peso morto.

Una visione legata alle lobby che continuano a governare il Paese e che, infatti, non cambia con l’alternarsi di governi in perenne emergenza. Si guardi, tanto per avere un esempio, alla vicenda del Ponte sullo Stretto. Non si voleva prima del PNRR, con la scusa delle risorse mancanti, e si continua a non volere con il Piano vigente, nonostante la presenza di risorse in abbondanza.

La consapevolezza di tempi ristretti ha rafforzato questa tendenza portando a una programmazione vecchia e stantìa, in cui spiccano, per la loro assenza, interventi molto più efficaci soprattutto in chiave di riequilibrio territoriale. Si pensi ad esempio al sistema ALI (Aree Logistiche Integrate) che avrebbe dovuto creare una piattaforma infrastrutturale in grado di consentire ai porti meridionali di accogliere le, sempre piùgrandi, navi portacontainer che solcano il Mediterraneo. Dal “mare nostrum”, lo rammentiamo, passa il 20% delle merci trasportate ogni anno nel mondo e solo una minima parte tocca gli scali di quella che era universalmente definita “la piattaforma logistica del Mediterraneo”. Suona amara e irridente l’antica previsione secondo la quale “la Logistica sarà per l’Italia quello che è stato il petrolio per i Paesi arabi”.

Come abbiamo già più volte sottolineato i porti meridionali sono gli unici ad avere le potenzialità per poter accogliere queste navi, ma non possono farlo proprio per la mancanza delle Infrastrutture che non soltanto il progetto ALI, ma anche la stessarete ad alta capacità europea TEN-T hanno da tempo ipotizzato.

Tante delle opere a cui si porrà mano con il PNRR, inoltre, non saranno concluse entro il 2026 come impietosamente rivelano gli stessi cronoprogrammi degli enti esecutori. Si pensi alla Messina-Catania-Palermo che, se tutto va bene, verrà completata soltanto nel 2030 ma anche alla stessa Salerno-Reggio Calabria che nel 2026 vedrà concluso soltanto il tratto che da Battipaglia porta in quel di Romagnano, in direzione Potenza, inutilizzabile per i collegamenti verso Reggio Calabria e la Sicilia

Chissà perché mai, per questa linea ferroviaria, non si è pensato ad interventi in grado di valorizzarne il tratto più significativo in termini di benefici. Sarebbe bastato un intervento di riqualificazione del tratto che congiunge Gioia Tauro ai mercati del Nord attraverso la linea Adriatica per assicurare al porto taurense significativi sviluppi in chiave “gateway”, già a partire dai prossimi anni. Viene da chiedersi se i nostri “policy maker” sappiano che il grande scalo della Piana consente, oggi, una capacità di attracco quasi doppia rispetto a quella che avrà Genova soltanto fra 15 anni. Dopo aver speso 2 miliardi per la realizzazione della diga di cui abbiamo accennato all’inizio.

A riprova di quanto abbiamo sopra evidenziato, apprendiamo dalla firma di un Protocollo tra il Dipartimento Affari Regionali ed Autonomie e diversi Ministeri, finalizzato a chiedere ad ogni Regione l’inserimento di un progetto “bandiera” all’interno del PNRR. Una proposta che mette in competizione, anziché a sistema, i diversi territori, perdendo definitivamente la visione d’insieme di cui tanto ci sarebbe bisogno. Esasperando quella condizione di squilibrio la cui soluzione è demandata al Ministero per la Coesione territoriale. Anch’esso firmatario del Protocollo.

Condividi