L’amore per la Calabria, l’attentato mafioso: il ricordo di Gennaro Musella a 40 anni dalla sua morte

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Il ricordo di Gennaro Musella a 40 anni dalla sua morte: l’imprenditore innamorato della Calabria, stroncato da un vile attentato mafioso

Il 2022 è un anno che conta tanti tristi anniversari tra le stragi siciliane del 1992 e gli omicidi eccellenti del 1982.
Tra questi ce n’è uno che non va dimenticato ed è quello di Gennaro Musella, ingegnere salernitano che aveva trasferito in Calabria la sua impresa di opere marittime la seconda del meridione. Il delitto Musella non è soltanto storia di un uomo e di una famiglia ma storia di una città e del movimento antimafia. Segna, infatti, l’alleanza tra la mafia catanese di Nitto Santapaola e la ‘ndrangheta calabrese di Paolo De Stefano. Certe morti non appartengono soltanto al privato ma diventano memoria collettiva.

Era una splendida e calda giornata di sole quel 3 maggio del 1982 a Reggio Calabria. Gennaro Musella, alle 8,20, scese come al solito di casa. Pochi metri, l’apertura della portiera, la messa in moto, il boato assordante. Reggio Calabria tremò come scossa da un terremoto: Musella veniva disintegrato da una potentissima carica di tritolo posizionata sotto il sedile di guida. L’auto si accartocciò su se stessa, volando in aria per poi tornare al suolo, mentre l’urlo straziante della gente in strada si alzava in cielo, come grido lacerante di dolore. Sull’asfalto si formò una voragine che ancora oggi ,quando piove molto, riaffiora. Una colonna di fumo nero, fitto, salì verso il cielo, circondando gli edifici, mentre del corpo dilaniato e sventrato dell’uomo, non esisteva più nulla. I suoi occhi spalancati sembravano essere quasi increduli. Di lui rimase solo un tronco monco; il cervello spappolato fu trovato appiccicato sul muro di un edificio della via antistante, una mano raccolta sull’asfalto“.

Moriva così un uomo buono, un professionista stimato, un padre di famiglia. Moriva in una via che oggi porta il suo nome, in una terra non sua ma che aveva imparato ad amare e di cui s’era innamorato, sognando di creare una seconda Positano in terra di Calabria. Quel sogno fu disintegrato con lui e il suo sorriso spento. Dopo appena due giorni, avrebbe compiuto 57 anni. In un attimo di follia, la distruzione di un corpo, di una vita, di una famiglia che da ieri ad oggi non ha smesso mai di pagare le conseguenze di quella tragedia. Non era un eroe ma una persona semplice  che ha pagato a caro prezzo la sua ribellione alla prepotenza e alla sopraffazione mafiosa, nel difendere dignità e libertà. Aveva, infatti, denunciato gli illeciti esistenti in una gara d’appalto, quella per il porto di Bagnara Calabra. A seguito della sua denuncia, la gara fu annullata e riproposta. Cinque giorni prima dell’espletamento della seconda gara, Gennaro Musella salta in aria. Sul suo delitto, l’ombra dei cavalieri dell’Apocalisse mafiosa. A vincere l’appalto del porto, fu, infatti, il catanese Gaetano Graci, lo stesso che ritroviamo nel delitto del giornalista Pippo Fava.

Anno funesto qel 1982. Musella viene ucciso dopo soli due giorni dall’assassinio di Pio La Torre e tre mesi esatti prima di quello del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Uomini diversi, professioni diverse e diverse città. Un comune tragico destino. Gennaro Musella è stato ricordato a Reggio Calabria da don Luigi Ciotti nel corso di una concelebrazione eucaristica a lui dedicata. Tra gli interventi sentito e commovente quello di Simona Dalla Chiesa.

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