Una sentenza della Corte di Cassazione mette in guardia sull’utilizzo di appellativi offensivi sui social, anche in un contesto di semplice critica che non giustifica comunque espressioni che vanno a ledere l’onore altrui. In questo caso, la parola “bimbominkia” o “bimbominchia” non può essere usata su Facebook perchè definisce una persona dal quoziente intellettivo sotto la media, facendo dunque scattare la diffamazione aggravata.
Nella sentenza in questione, il bersaglio delle offese è l’animalista trapanese Enrico Rizzi. Come spiega “Tgcom24” L’uomo era stato condannato, sempre dalla Cassazione, a un risarcimento di 60.000 euro per aver offeso la memoria del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer, all’indomani della sua morte, definendolo “vigliacco”, “infame” e “assassino” a causa della sua passione per la caccia e per aver appoggiato la cattura di un’orsa. Ora a insultare Rizzi con l’appellativo di “bimbominkia” è proprio un’amica di Moltrer, anche lei condannata.
Nel gergo usato in rete e nei social, il “bimbominkia” è un giovane utente che si caratterizza per un comportamento fastidioso e infantile, spesso ignorante sull’argomento nel quale interviene, ma anche dal punto di vista linguistico e culturale. La sua scrittura è fortemente caratterizzata da enfasi, espressività, abbreviazioni e emoji. Secondo la sentenza il termine va a definire una persona dal quoziente intellettivo sotto la media: il suo utilizzo nel caso trattato nella sentenza, avvenuto all’interno di un gruppo Facebook di oltre 2000 iscritti, può configurarsi come diffamazione aggravata.