Elezioni Presidenziali: chi vince in Francia?

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Emmanuel Macron o Marine Le Pen: è tra loro due, ormai appaiati, che si gioca la partita per l’Eliseo

di Agazio Loiero – Questa sera, accendendo il televisore per il rito del telegiornale, vedremo probabilmente come prima notizia non terribili scene di guerra, ma immagini distensive provenienti dalla Francia. Sapremo se al primo turno delle presidenziali ha vinto Emmanuel Macron o Marine Le Pen. E’ infatti tra loro due, ormai appaiati, che si gioca la partita per l’Eliseo. Tutti i sondaggi confermano con una certa sicurezza questa tendenza. Anche se il conflitto in corso scatenato da Putin monopolizza da tempo le letture quotidiane, confesso che uno sguardo agli articoli provenienti da Parigi in questi ultimi giorni l’ho sempre gettato. Un po’ perché la Francia ha sempre esercitato su di me, sin dalla prima giovinezza, un fascino irresistibile, un po’ perché ritengo che l’esito delle elezioni francesi potrebbe essere decisivo per il destino dell’Europa. Se al secondo turno del prossimo 24 aprile vincerà Macron, siamo in grado di immaginare in anticipo quali saranno i suoi primi gesti. Di sicuro riprenderanno le telefonate con Putin. Nei giorni scorsi sono state molte e senza alcun successo. Sarei tentato di non escludere che la forbice tra i due contendenti, che fino a qualche settimana fa sembrava favorire il Presidente uscente, si sia assottigliata anche per questo motivo. Un insuccesso che Il proverbiale orgoglio dell’establishment francese, dove è insediata la prevalenza del suo elettorato, fa fatica ad accettare. In omaggio ad “un’idée de grandeur” che nei Presidenti eletti in Francia sopravvive, svincolato dal colore politico, come un lascito testamentario. E’ infatti presente in De Gaulle come in Mitterand. Ci sarebbero molte cose da dire su questi cinque anni di Macron, sugli errori compiuti e sulla sua campagna elettorale cominciata per leggerezza in ritardo. Trovo però molto più utile soffermarmi sul pericolo rappresentato dalla sua agguerrita avversaria.

Se infatti al secondo turno la partita dovesse – Dio non voglia – vincerla Marine Le Pen, ho il sospetto che le questioni irrisolte sulla scena del mondo, a cominciare dalla guerra, cambierebbero radicalmente in peggio. La Le Pen, nel corso di questa campagna elettorale, ha deciso, come si sa, di cambiare la sua strategia politica. Ha lasciato all’altro candidato della destra estrema, Eric Zemmour, la rabbia e il conflitto, connotati tradizionali della destra francese e si è intestata, nell’interpretazione dei fatti, un’inusitata chiave emotiva. Prima la pandemia che imperversa sul mondo da oltre due anni con un carico imponente di vittime poi la guerra in Ucraina con la strage di donne e bambini che ogni giorno la televisione impietosamente ci catapulta nelle nostre case, lo stesso infuriare dei social, tutte queste cose insieme, hanno influenzato in profondità il sentimento del mondo. Marine Le Pen si è semplicemente adattata a questa piega. La condizione di donna l’ha avvantaggiata. Alcuni suoi tratti apparsi in passato fin troppo aspri – sovranista e antieuropea storica per eccellenza – appaiono oggi come addolciti. Nel dismettere la rigida corazza del passato, si è svelata come una donna. Con le risorse ma anche con le fragilità di una donna. Addirittura di mamma. Un compito che le era sfuggito di mano nel corso della sua carriera politica. “I miei figli? Capiranno un giorno che il tempo non passato con loro l’ho passato per loro” ha detto di recente. Di più. Ha mutuato da Macron alcuni simboli relativi alla civiltà del dialogo che sono elementi non trascurabili di una democrazia compiuta. Una persona rigenerata dunque, con un’altra storia da raccontare ai francesi. “Voglio essere il presidente della pace civile”. Nulla da eccepire sul grande cambiamento. Gli individui cambiano. E la politica è un acceleratore del cambiamento. Ma, visto che se dovesse vincere le presidenziali diventerebbe il Presidente della Repubblica francese con poteri politici enormi concentrati nelle sue mani, bisogna per prudenza ritornare al bagaglio culturale che ha caratterizzato l’intera sua vita politica, sperando che i francesi sappiano cogliere quello che è vivo e quel che è morto del suo passato.

“Marine Le Pen”, ha scritto qualche giorno fa Stefano Montefiori nel Corriere della Sera “nel 2012 auspicava la fine dell’Ue e la nascita di una “alleanza trilaterale Parigi-Berlino-Mosca”. Ancora. Si è vantata con Putin “di essere l’unica che in Francia difende la Russia”. Dai russi ha ricevuto il finanziamento delle sue campagne elettorali. Si dirà, ma è roba del passato. Mica vero. Appena una settimana fa ha dichiarato: “Finita la guerra in Ucraina, Putin potrebbe tornare un alleato”. Si vede che l’antico sodalizio, malgrado l’orrore che, grazie all’autocrate russo ci tocca vivere, non lo considera impraticabile. Dunque se Marine Le Pen dovesse vincere la partita si troverebbe alla guida di una Francia che ha le seguenti caratteristiche. E’ uno dei Paesi fondatori dell’Unione, è uno dei cinque seggi permanenti del Consiglio di sicurezza della Nazioni unite e, dulcis in fundo, è l’unico Paese dell’Ue a disporre dell’arma nucleare. Una Francia che sotto la guida di Le Pen potrebbe anche immaginare una nuova alleanza trilaterale, quella tra Francia, Russia e Ungheria. Anche con questo ultimo Paese guidato da Orban ha notoriamente un buon rapporto. Ovviamente di conseguenza salterebbe l’Europa e aumenterebbero a dismisura i pericoli per ogni singolo Paese dell’Unione. A cominciare dall’Italia. Esagero? Speriamo.

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