Doccia gelata sulle pensioni

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La prevista crescita del PIL al 4,8% è ora scesa sotto al 3%, l’inflazione viaggia pericolosamente verso la doppia cifra e l’aumento dello spread ha già comportato un consistente aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato

Ci si aspettava molto dall’incontro governo/sindacati della scorsa settimana per quanto riguarda la riforma previdenziale ma in pratica sulle pensioni poco o nulla si è ottenuto. Solo un generico impegno a confrontarsi nei prossimi mesi sulla situazione economica dovuta alle conseguenze del conflitto russo/ucraino nel quale eventualmente, se la situazione economica non peggiorerà, discutere anche di pensioni. Anche nel DEF che nelle speranze sindacali e dei lavoratori doveva contenere un impegno economico per garantire la nuova riforma previdenziale, nulla è stato inserito.

E’ stata proprio una doccia gelata per le aspettative dei lavoratori dopo gli speranzosi incontri di gennaio, ma la situazione in tre mesi è profondamente cambiata. La prevista crescita del PIL al 4,8% è ora scesa sotto al 3%, l’inflazione viaggia pericolosamente verso la doppia cifra e l’aumento dello spread ha già comportato un consistente aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato.

Il Governo viaggia a vista, con continue fibrillazioni, e con la scadenza della legislatura tra meno di un anno, c’è la forte tentazione da parte dell’esecutivo di consegnare la risoluzione dell’argomento previdenziale alla coalizione che uscirà vincitrice dallo scontro elettorale. Questo vorrebbe dire per il Governo in carica prorogare di un altro anno Opzione Donna, Ape Sociale e Quota 102 rimandando ulteriormente la soluzione del problema.

Questo non deve succedere perché vorrebbe dire sprecare un altro anno dopo quello appena passato. E’ necessario invece intervenire urgentemente per modificare l’odiata legge Fornero permettendo una flessibilità in uscita ai lavoratori prima dei 67 anni, ritenuta, da tutti, un’età troppo elevata e troppo difficile da raggiungere.

Il Governo avrebbe accettato di discutere di flessibilità a patto però di consentirla soltanto a partire dai 64 anni di età costringendo il lavoratore ad accettare che il conteggio della pensione sia effettuato su tutto il periodo con il conteggio contributivo molto penalizzante soprattutto per chi può far valere molti anni di contribuzione. Meno considerate dall’Esecutivo sono invece le proposte Raitano, che consentirebbe l’uscita anticipata sempre a 64 anni e una decurtazione del 3% annuo solo sulla parte di assegno retributivo e la proposta del Presidente dell’INPS Tridico che propone invece una pensione a due velocità. Uscita sempre a 64 anni di età con solamente la parte di contributivo e poi dopo tre anni, al raggiungimento a 67 anni della pensione ordinaria, conseguire anche la parte di retributivo.

Più organiche e capillari sono invece le proposte delle organizzazioni sindacali e dell’esperto di politica previdenziale Mauro Marino che prevedono, oltre alla flessibilità in uscita a partire dai 62 anni con una lieve penalizzazione anche la possibilità in alternativa di uscire dal mondo del lavoro con 41 anni di contributi per tutti uomini e donne a prescindere dall’età anagrafica e senza alcuna penalizzazione. Oltre ad interventi a favore dei giovani, delle donne e di chi svolge lavori di cura.

Qualunque ipotesi prenderà in considerazione il Governo dovrà in ogni caso farlo immediatamente perché non è più possibile rimandare ulteriormente tale problematica ma vi è la necessità di dare ai milioni di lavoratori una nuova legge previdenziale moderna, equa e che dia garanzie di continuità.

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