Dall’Ucraina a Melito di Porto Salvo: due genitori calabresi e il viaggio della speranza per salvare il figlio adottivo

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Nonostante i bombardamenti della guerra un papà è partito dalla provincia di Reggio Calabria per raggiungere il villaggio di Brovary dove si trovava l’orfanotrofio del figlio adottivo

La Calabria si conferma terra di solidarietà e accoglienza. Più volte in questi due mesi abbiamo raccontato di come i cittadini calabresi abbiano trovato il modo di ospitare i profughi ucraini, l’ultima storia segnalata da La Repubblica lo conferma: è la domenica di Pasqua e Giovanni Bonarrigo, cancelliere al tribunale di Palmi, 55 anni, da Lamezia Terme raggiunge Cracovia (Polonia) in aereo, poi il viaggio continua fino alla sosta nel villaggio di Brovary, a sud ovest di Kiev, dove finalmente raggiunge il figlio adottivo. Dall’orfanotrofio fino a “casa” in provincia di Reggio Calabria, con tanto coraggio e scansando le bombe il piccolo può essere portato in un posto più sicuro.

“Abbiamo attraversato Leopoli – è il racconto di Giovanni a repubblica.it – dove due volte è suonata la sirena d’allarme, c’erano bombardamenti in corso, lungo la strada carcasse di carrarmati russi, i sobborghi a Sudovest di Kiev interamente distrutti, almeno 15 i checkpoint di controllo”. Poi gli ultimi 287 chilometri percorsi in cinque ore prima di raggiungere l’istituto di Chereshenky, dove ad attenderlo c’era Basyl, il figlio adottivo di cui la pratica per il nulla osta si è conclusa il 9 marzo. Da Catania, dove atterreranno, arriveranno così a casa a Melito di Porto Salvo. Ad attendere con il fiato sospeso è rimasta mamma Maria Antonietta: “festeggeremo con pizza margherita e wurstel, patatine, ketchup e Coca- Cola. Una cena solo per noi tre”, racconta la donna commossa che non vede l’ora di riabbracciarli.

Basyl, il bambino con cui si è ricongiunto, oggi ha 12 anni, ne aveva appena sei in quella primavera inoltrata di giugno 2016, quando per la prima volta è atterrato proprio all’aeroporto di Catania dove ad attenderlo c’erano i futuri genitori. I due coniugi non riuscivano ad avere figli e non si sono dati per vinti, avevano deciso di partecipare ai programmi di accoglienza temporanea o di risanamento destinati ai bambini dell’area Chernobyl, di cui l’Italia è dal 2000 capofila in Europa. Il piccolo Basyl che era stato lasciato dai genitori naturali in orfanotrofio due anni prima ed inizia così ad entrare nei cuori e nella vita della coppia calabrese. Il Covid ha complicato i passaggi burocratici della vicenda, la guerra in seguito aveva generato preoccupazione. Ma tutto e bene quel che finisce bene ed ora la bellissima famigliola è di nuovo riunita.

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