Reggio Calabria, chiusi fino al 16 gennaio Mamma Mia e Pasqualino Pizza & Vino. Il titolare: “dove finisce la sanzione e comincia il dispetto?”

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Il titolare Pasquale Latella si sfoga sui social e spiega a cosa è dovuta la sanzione, ma si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa

“Ho pensato a lungo se fosse opportuno scrivere questo post. Bisogna comunicare ai clienti di Mamma Mia! e Pasqualino Pizza & Vino che i locali rimarranno chiusi fino a sabato 16 Gennaio. E’ quanto scrive tramite il proprio account Facebook Pasquale Latella, il titolare delle note pizzerie di Reggio Calabria“Avrei potuto scrivere che, dopo le faticose giornate lavorative del periodo natalizio, meritiamo anche noi un po’ di riposo “per ricaricare le pile e tornare con più entusiasmo e idee”. A proposito, quanto è antipatica questa storia del ricaricare le pile per fare meglio dopo? Lo leggo sulla maggior parte dei post dei ristoranti che comunicano alla clientela che stanno entrando in ferie. Invece di dire, semplicemente, modestamente, “chiudiamo perché anche noi adoriamo l’ozio, le gite, le vacanze e tutti i vizi umani… insomma, chiudiamo per noi stessi” (ma poi, in fondo, bisogna per forza specificare perché si va in ferie?), sembra ci si vergogni di manifestare il proprio essere persone qualunque, e allora anche le ferie devono sembrare funzionali alle performance dell’attività: “chiudo, no perché mi sono rotto gli zebedei di vedervi e sentirvi tutti, anzi! Passerò le ferie a studiare, a migliorare (giuro!), ansioso di riabbracciarvi tutti”. Siamo, bene o male tutti, affetti da una sorta di sindrome dell’eroe…”, prosegue l’imprenditore.

“Ma vengo all’oggetto del messaggio – prosegue Latella – . Purtroppo, a causa di una mia negligenza, è arrivata come un fulmine a ciel sereno un’ordinanza di chiusura per 5 giorni a partire da oggi. Non mi voglio cimentare in un excursus dettagliato dei fatti. Faccio una riflessione, forse anche un po’ banale e ignorante (ma capitemi, nella vita faccio pizze, non studio leggi e norme), sull’opportunità di chiudere, di questi tempi, anche solo per pochi giorni, un ristorante che ha commesso un errore esclusivamente procedurale”.

In sintesi, “in generale il governo nazionale e le amministrazioni comunali, per supportare il settore della ristorazione, colpito pesantemente dalla crisi pandemica ed economica degli ultimi 2 anni, hanno concesso alle attività di somministrazione cibo e bevande l’occupazione gratuita di suolo pubblico all’aperto, per ampliare le superfici di vendita col duplice obiettivo di recuperare parte delle perdite economiche dovute ai distanziamenti e alle chiusure a singhiozzo e incoraggiare il consumo di cibi e bevande all’aperto dove le probabilità di contagiarsi si riducono drasticamente. Che qualcosa nel bando comunale di partecipazione fosse poco chiaro si evinceva già lo scorso anno, se qualcuno ricorda ancora la nota storia dei jersey, i dispositivi di protezione in cemento che, sostanzialmente, in prima battuta, mancavano a quasi tutte le strutture sorte i quelle settimane di euforica riapertura delle attività. Fortunatamente per noi la vicenda dei jersey non ci ha riguardato, in quanto la nostra struttura sorgeva sull’ampia piazzola adiacente al Teatro Cilea, quindi non sulla strada. Abbiamo incaricato un tecnico affinché disegnasse una planimetria e relazionasse la nostra manifestazione di interesse rispetto a quello spazio. Inviata pec al Suap, dopo alcuni giorni riceviamo risposta con richiesta di integrazioni che noi, prontamente, inviamo allo stesso Suap, sempre via pec. Da quel momento tutto tace, non riceviamo alcun parere e nemmeno ci viene segnalato che la pratica avrebbe dovuto essere caricata su un portale dedicato. Sinceramente, sono fin troppo allergico alla burocrazia, tanto che se non mi aiutasse mio padre, tutti gli adempimenti burocratici aziendali e personali rimarrebbero nel cassetto per sempre. Perciò ho inteso la circostanza come di tacito assenso. A fine stagione estiva, il martedì della festa di Reggio, riceviamo una verifica della Polizia Municipale, che ci contesta la mancanza di autorizzazione per l’occupazione del suolo pubblico. Cado dal pero! Stampo le pec scambiate col Suap e le mostro agli agenti, che, rammaricati, mi informano del mio errore: avrei dovuto caricare la pratica sul portale dedicato, per cui sono in sanzione. Tutto sommato la prendo bene! Da mesi mi dico che ne abbiamo passate così tante per via della pandemia che per buttarci giù dovrebbe pioverci addosso un asteroide. Prendo il verbale, saluto quegli agenti, quasi più dispiaciuti di me perché avevano capito che non era mai stato nelle mie intenzioni abusare dei beni comuni, e torno a lavorare. A dire il vero, prima di andare via la Polizia Municipale mi avvertiva che, al di là della sanzione, avrei potuto ricevere un’ordinanza di chiusura per 5 giorni. Non ho dato peso a quella probabilità, perché, mi dicevo “chi vuoi che sia così sconsiderato da dare, per una ragione simile, ordinanza di chiusura di un’attività che è rimasta chiusa o parzialmente chiusa per tutto questo tempo?”. Invece l’ordinanza di chiusura è arrivata, e non mi dispiace tanto perché è toccata a me (anche se, da quello che mi riferivano gli agenti, a tanti colleghi sta toccando la stessa sorte), ma perché ancora una volta, e lo dico odiandomi, perché odio lamentarmi delle cose che non vanno, le istituzioni dimostrano la loro incapacità di essere concretamente vicine al mondo del lavoro”.

“Se ho sbagliato, giustamente, devo essere sanzionato. Ma dove finisce la sanzione e comincia il dispetto? Se mi sanzioni per meno di 200 euro e poi mi fai chiudere per 5 giorni, cosa ci hai guadagnato? Dico, non sarebbe stato più ragionevole e utile a tutti farmi pagare molto di più e farmi continuare a lavorare? In un momento storico in cui dei diritti si è fatta totale carne da macello per la salute pubblica, bene superiore sacrosanto, non bisognerebbe approcciarsi in modo altrettanto sincretico a certe situazioni, mostrandosi empatici rispetto alle necessità / difficoltà / carenze dei cittadini e delle attività economiche? Insomma, per farla breve, dopo tutte le chiusure e restrizione a cui siamo stati sottoposti in questi anni, non si poteva proprio evitare, per una procedura? Non voglio parlar male della mia terra, della mia casa. Quando andai via anni fa dissi a me stesso che, a costo di fare il barbone in giro per il mondo, a Reggio non ci sarei mai più tornato. Poi tornai da Malta con le ossa rotte e, come un genitore amorevole, Reggio mi ha riabbracciato e dato tutte le opportunità che, invece, credevo avrei potuto trovare solo altrove. E continuo a credere che, nonostante tutto (e in questo tutto c’è un mondo di cose), bisogna avere rispetto per questa assurda città. Però è importante che, chi ha volontà, ambizione, sogni, a Reggio, venga veramente supportato dalle istituzioni e preso per mano soprattutto dove e quando commette degli errori. Ci vediamo domenica, per chi vuole”, conclude Latella.

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