La storia di Filippo Juvarra, uno dei “vanti” della città di Messina: primo architetto civile del regno sabaudo e tra i migliori italiani dell’epoca

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Personaggi storici messinesi: storia, biografia e opere dell’architetto peloritano Filippo Juvarra, considerato tra i migliori della sua epoca e non solo

Filippo Juvarra è uno dei “vanti” della città di Messina. L’artista, architetto e scenografo vissuto a cavallo tra ‘600 e ‘700, è infatti una delle personalità più importanti a livello nazionale della storia peloritana, oggi protagonista della rubrica di StrettoWeb sui personaggi storici della provincia siciliana.

Nato nel 1678 a Messina, in giovane età cominciò ad indirizzarsi verso una formazione artistica grazie alla figura del padre argentiere, che aveva già notato nel figlio un talento non indifferente. Contemporaneamente alla passione per l’arte, conciliò la formazione teologica con cui pronunciò i voti sacerdotali nel 1703. Successivamente, ormai più che ventenne, si trasferì a Roma per approfondire le sue competenze artistiche. Si trovò subito a casa in quanto ospite dei Passalacqua in via dei Leutari, quartiere popolato da tanti messinesi, e conobbe lo scultore Carlo Fontana, che diventò fondamentale per la sua crescita. Con la nuova toccata e fuga Roma-Messina-Roma (era tornato in Sicilia per la morte del padre), iniziò a far intravedere anche nella città peloritana i primi insegnamenti acquisiti nella capitale. Qui cominciò a collaborare con il figlio di Carlo Fontana, Francesco, trasferendosi a Lucca per completare il Palazzo Pubblico e ricevendo la nomina ad Accademico di Merito dell’Accademia di San Luca. Proprio grazie alla collaborazione col figlio di Carlo, ricevette la commissione per la cappella di famiglia dell’avvocato Antamoro intitolata a San Filippo Neri nella chiesa di San Girolamo della Carità, ma la prematura morte di Francesco Fontana cambiò improvvisamente le abitudini dello Juvarra, costretto a “reinventarsi” in poco tempo. E riuscì così a trovare impiego come scenografo presso la corte del cardinale Pietro Ottoboni, dove in poco tempo cominciò ad acquisire anche uno stile raffinato. Ma anche questo felice periodo durò poco, perché la morte di Carlo Fontana allontanò lo Juvarra da Ottoboni.

Una nuova “Primavera” si presentò in patria, a Messina, alle dipendenze della corte sabauda, grazie all’incontro tra il marchese Francesco Aguirre e Vittorio Amedeo II di Savoia, che aveva ottenuto la Sicilia e aveva bisogno di un successore del defunto architetto di corte Michelangelo Garove. Juvarra “colpì nel segno” presentando un progetto di ampliamento del palazzo reale di Messina a Vittorio Amedeo. Quest’ultimo, entusiasta, decise di affidarsi a lui in qualità di “primo architetto civile del regno Sabaudo” e lo Juvarra partì alla volta di Torino per la sua nuova giovinezza. Qui “rivoluzionò” le sorti architettoniche della città piemontese, a partire dalla costruzione di una grande basilica a Superga e passando anche dalla riprogettazione della Villa della Regina e dalla “rifinitura” della Reggia di Venaria e del Castello di Rivoli. Uscì anche fuori dai confini nazionali, sbarcando a Lisbona, in Portogallo, su richiesta del Re Giovanni V, e successivamente a Londra, nei Paesi Bassi e a Parigi.

Gli ultimi anni furono sempre a Torino, dove l’architetto proseguì l’opera di riqualificazione della città e si consacrò definitivamente come uno dei migliori architetti italiani dell’epoca, richiestissimo in ogni parte d’Italia e d’Europa. E, nonostante qualche piccola caduta – come la mancata assegnazione della Sagrestia Vaticana e della facciata di San Giovanni in Laterano, che provocarono in lui un po’ di rabbia e indignazione – passarono dalle sue mani anche opere come il Duomo di Milano (fu chiamato per un’opinione sulla facciata) e il Palazzo Reale di Madrid, completato dall’architetto messinese su richiesta specifica del Re spagnolo Filippo V. Fu qui, però, che Juvarra morì improvvisamente e prematuramente, il 31 gennaio 1736, a neanche 60 anni, a causa di una polmonite.

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