Reggina, i primi tre appunti da segnare a matita

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Per giudizi, pensieri, punti vista, è ancora presto. Ma non per alcune sensazioni che non saranno, magari al momento, pura verità, ma che se confermate possono delineare i caratteri veri di una squadra

“Ci sono squadre che hanno vinto le prime quattro partite e sono retrocesse alla fine, così come alcune hanno iniziato perdendo sempre e poi hanno fatto stagioni importanti”. Lo diceva il tecnico della Ternana Cristiano Lucarelli non meno di dieci giorni fa. Vero, effettivamente. Ed è anche il motivo per cui i bilanci e i giudizi sono ad oggi tutt’altro che affrettati, nel bene e nel male. Equilibrio sempre, in questo periodo dell’anno. La condizione non è ancora al 100% e l’incertezza regna sovrana in una Serie B che è storicamente un eterno mistero e in cui si vince e si perde. Ecco, magari in alcuni casi si riesce anche a non perdere (ogni riferimento a cose, persone o… squadre è puramente casuale).

Per giudizi, pensieri, punti vista è ancora presto, dicevamo. Ma non per alcune sensazioni che non saranno, magari al momento, pura verità, ma che se confermate possono delineare i caratteri veri di una squadra. Della Reggina, ad esempio. Non sono solito sbilanciarmi dopo cinque giornate di campionato, nei discorsi da bar ma anche nelle pagine di questo giornale, e continuerò a non farlo, per ora e per ancora un po’ di settimane, almeno fino a quando la Serie B non comincerà a buttare già la sua maschera, anche solo una parte. Ci sono, però, alcune riflessioni che pure sembrano poter essere confermate nel futuro prossimo, ma attendiamo che soltanto il campo giudichi. In fondo, soltanto la scorsa stagione, il giudizio si ribaltò quasi completamente tra girone d’andata e girone di ritorno, per i noti interventi che ormai sappiamo a memoria.

Tornando alla Reggina attuale, il primo dato ad emergere è sicuramente l’imbattibilità. Ieri a Pordenone si poteva vincere? Sì. Ieri a Pordenone si poteva perdere? Sì. Gare da tripla, tante, quasi tutte, in questa B. Non c’è da nascondersi: la squadra amaranto ha giocato male. Probabilmente è la peggior partita della stagione, anche meno bene di Crotone in cui si era comunque andati in vantaggio pur rischiando un po’ di più. Ma si è riusciti comunque a non perdere. E se non si perde anche quando si gioca male, è un buon segno. E’ già successo due volte, forse due e mezzo considerando la ripresa contro il Monza in cui erano tuttavia subentrati altri fattori. Da segnare. E, sia chiaro, non si pretende di non perdere mai. Ma, e basta chiederlo a Castori e Zanetti l’anno scorso, un pari scialbo e sudato è pur sempre meglio di una sconfitta, nel computo dei punti conquistati a fine anno.

Secondo appunto: ho l’impressione, ma anche qui attendo le conferme nelle prossime settimane, che questa squadra riesca a mostrarsi superiore all’avversario solo quando “ha benzina”. E anche tanta. Sembrerebbe una riflessione banale, in realtà. Ed è anche un po’ il risvolto della medaglia del discorso fatto sopra, quella di non perdere pur giocando male. Sì, perché una delle cose che abbiamo capito del gioco di Aglietti è che sfrutta al massimo la semplicità e con essa i suoi concetti: pur preservando gli equilibri, infatti, tende ad attaccare con tanti uomini, tende a sfruttare la spinta costante dei terzini (che devono essere bravi a farsi trovare pronti dall’altra parte), tende a chiedere ai centrocampisti centrali un gran lavoro in entrambe le fasi. Insomma, un gioco semplice, ma – in molti casi – dispendioso. E quando “la benzina c’è” – vedi soprattutto Spal – il risultato (non solo sportivo) si vede e con esso anche gli errori altrui. La costante pressione e la compattezza hanno rappresentato infatti delle armi utilissime contro i biancazzurri e in uno dei disimpegni errati degli ospiti è arrivato il 2-1. Quando, però, le gambe non ci sono – o ci sono parzialmente – ecco che quella brillantezza viene meno, così come la lucidità e la forza di pungere e far male. E’ un po’ lo specchio di ieri sera. Evidente il confronto perso a centrocampo, sulle seconde palle e nell’anticipo. Il Pordenone ne aveva di più e la Reggina ne ha risentito.

Terzo punto: la panchina. E’, di nuovo, la salvezza di Aglietti. Sabato furono Cortinovis e Montalto, ieri Bellomo e Galabinov, ma soprattutto Hetemaj. Ed è vero che adesso ci sono i cinque cambi che stravolgono una squadra. Ed è vero che, visto il turnover, ad entrare sono stati tre titolari. Ed è vero che, in questi casi, dipende dal lato in cui si guarda il bicchiere, e cioè: Aglietti ha attinto bene dalla panchina o ha sbagliato la formazione iniziale e ha risolto in corsa? E’, in fondo, lo stesso bicchiere da guardare se si pensa che il punto di ieri sia perso o guadagnato. Punti di vista. I soliti. Presto perché possano diventare assunti, ma non perché possano rappresentare riflessioni in cerca di conferme. Sempre nel segno dell’equilibrio, perché in tre giorni la Reggina è passata dalla sua migliore alla sua peggiore prestazione stagionale. E non è da escludere che possa riaccadere anche in futuro. In campo, in fondo, ci vanno anche gli avversari, che si chiamino Parma e Monza oppure Pordenone e Alessandria.

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