“Ho tre lauree, non faccio il vaccino e non intendo pagare i tamponi per insegnare”: il professore che critica il Green Pass nelle scuole

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Secondo il professore Valentino Di Carlo queste regole “rasentano l’incostituzionalità” e per il momento “non intende fare la cavia”

“Il punto non è vaccino no o vaccino sì, io sono a favore dei vaccini: quello che rasenta l’incostituzionalità è il fatto che si obblighi il lavoratore ad accedere al luogo di lavoro soltanto con il Green Pass. Vorrei vederci più chiaro e non fare la cavia: che poi sia utile vaccinare in questo momento storico per calmierare il contagio, lo capisco: però non mi si può chiedere un foglio per entrare al posto di lavoro. La mia scelta è una scelta attendista: massima fiducia nella scienza, ma sicuramente l’evoluzione del lavoro fatto dagli scienziati sul vaccino ha bisogno ancora di qualche limatura”. Lo afferma ai microfoni di Repubblica è Valentino Di Carlo, docente precario di 41 anni con tre lauree magistrali alle spalle. Di Carlo insegna in scuole e istituti superiori di Lecco, mentre i suoi titoli di studio sono in Scienze Politiche, Scienze Filosofiche e Lettere Moderne.

Di Carlo spiega quali sono i suoi dubbi sul vaccino: “come mai chi si è vaccinato ha dovuto firmare liberatorie su ciò che si è fatto iniettare, che sgravano lo Stato da ogni responsabilità? In pandemia dovrebbe essere lo Stato a prendersi la responsabilità per i suoi cittadini e non lasciarli soli a scegliere”. Di Carlo si domanda inoltre come mai l’ipotesi dei tamponi gratis non sia stata contemplata per i lavoratori della scuola. “Perché non tutelare anche chi intende andare a lavorare senza dover necessariamente esibire la vaccinazione e il Green Pass, anche perché la vaccinazione non esclude la diffusione della malattia. E poi non c’è un minimo di collaborazione: è stato anche detto che i tamponi devono essere pagati dai docenti, siamo alla follia, soprattutto per i precari: il tampone costa adesso 15 euro, ne devo fare tre a settimana, per un totale di 45 euro a settimana. E solo per poter entrare nel posto di lavoro. Siamo l’unica categoria trattata così. Perché?”, sono i dubbi che si pone.

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