Messina e i suoi modi di dire: che scocciatura la ‘camurria’! Le origini della strana espressione tanto amata da Camilleri

StrettoWeb

“Che camurria!”, un’esclamazione immancabile nel vocabolario di ogni messinese e non solo: l’origine e il significato di tale espressione tanto cara ad Andrea Camilleri

Ci sono delle espressioni delle quali proprio non si può fare a meno. Esclamazioni che si adattano a tutti i contesti, parole che centrano sempre il bersaglio e c’entrano sempre, in ogni discorso. A Messina, e in generale un po’ in tutta la Sicilia, esiste una parola capace di racchiudere diverse sfumature di significato, descrivere alla perfezione molteplici situazioni e che sintetizza perfettamente uno degli stati d’animo più impellenti dell’essere umano, la seccatura: questa parola è “camurria”.

Origini e significato del termine “camurria”

Quando il messinese vuole dire a qualcuno che sta esagerando, che il suo comportamento è da vero rompiscatole o che la situazione che si è venuta a creare risulta davvero frustrante e fastidiosa, utilizza l’espressione “camurria”. Da essa derivano anche gli aggettivi “camurriusu e camurriusa” per un termine che si usa in maniera versatile sia al maschile che al femminile. La parola in questione è stata citata per la prima volta all’interno del dizionario siciliano-italiano del 1876: se ne indica la derivazione da “gonorrea” (malattia sessualmente trasmissibile) o dal toscano “camorro”, ossia “malanno”. C’è chi invece ne associa il termine a ‘camorra’, la mafia napoletana. Il motivo? Il ‘fastidio’ creato dagli sgherri della malavita alle fasce più povere della popolazione con ricatti e minacce, in maniera assillante. Secondo il “Devoto-Oli” del 1968, la parola deriverebbe da “morra”, ossia gregge, con il rinforzato “ca”. Addirittura ci sarebbe una similitudine con il Portoghese: nel dialetto minhoto infatti, “camurro” significa stupido.

Lo scrittore Andrea Camilleri, padre del mitico ‘Montalbano’, ha sempre attinto a piene mani dalla cultura e dalla lingua siciliana per le sue opere. In un intervento sul Corriere della Sera Magazine datato settembre 2008, Camilleri ha descritto così la tanto amata/odiata “camurria”:forse è la parola più spesso usata e anche pensata ma non detta per ragioni di civile comportamento da chi sta scrivendo questo lemma, tanto che una sua nipotina, appena cominciò a parlare, oltre a mamma, disse distintamente “camurria” pur non essendo siciliana. Accrescitivi sono: “gran camurria” e “grannissima camurria”, frequente è anche “granni e grannissima camurria”. Il massimo è costituito dalla composizione “grannissima camurria buttana”. Qui si ricorda la variante introdotta dal barone Logreco in punto di morte: “Il munno è ‘na grannissima camurria buttana e ‘mpistata”, dove, ‘mpistata equivalendo a leutica, veniva realizzato un felice ritorno del termine a una delle supposte origini“.

Condividi