Messina e il “caso del quadro imbrattato”: cosa c’è dietro quei simboli disegnati con la bomboletta [FOTO]

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Sui social in molti hanno ironizzato sui commenti dei cittadini che non avevano capito la volontarietà del gesto dell’artista

Da oggi, martedì 31, nel Transatlantico di Palazzo Zanca a Messina è visitabile una mostra “silenziosa”, finalizzata a manifestare un segno tangibile di vicinanza e di solidarietà al dolore e ai sacrifici delle donne afghane che stanno vivendo uno dei momento più bui cui l’umanità sta assistendo, dopo i recenti fatti di Kabul. Tra le varie opere d’opere arte, una in particolare è diventata “famosa” sui social: un artista infatti ha realizzato un quadro e poi ha disegnato con una bomboletta il simbolo di genere del sesso femminile, “sporcando” il ritratto. Molti non hanno capito che quel segno era voluto, lo hanno interpretato come un atto vandalico. Ecco che sui social è esplosa un gran dibattito, con molti che hanno ironizzato su colore che sono rimasti sorpresi dal gesto. “È stato il gruppo consiliare del PD, nottetempo! Per fare opposizione al sindaco! Vergogna!”, commenta ironicamente il Consigliere Comunale Alessandro Russo.

L’iniziativa, organizzata e curata dall’esperto del Sindaco di arte contemporanea Alex Caminiti, in sinergia con gli Assessori alle Pari Opportunità Laura Tringali e alla Sicurezza Urbana Dafne Musolino, e in collaborazione con gli artisti del GAS collettivo d’arte indipendente, comunque si è rivelata un gran successo. L’intento è quello, attraverso il linguaggio dell’arte, di dire condannare la violenza perpetrata dai talebani al popolo afghano e in particolare alle donne. Protagonisti dell’evento saranno artisti provenienti da diversi Paesi del mondo: Felipe Cardena, Spagna; Svetlana Grevenyuk, Ucraina; Baxter, Regno Unito; Sadif, Egitto; Gimaka, Senegal; Scoot Mecfarland, Nuova Zelanda; Maori, tribù Paitangi; Ma Lin, Cina; e gli artisti italiani Alessandro Follo, Roberta Dallara, Giovanni Gatto, e Sabrina Di Felice. “La fuga verso l’Occidente da Kabul e l’avvento dei talebani che hanno preso il comando dell’Afghanistan ha destato preoccupazione per chi ha a cuore – evidenzia l’esperto Caminiti – la salvaguardia dei diritti umani e la vita dei soggetti più a rischio, come donne e bambini, il cui destino è nuovamente consegnato a un indicibile orrore. Sono nostre madri, amiche, sorelle. Pertanto, attraverso l’allestimento di questa mostra intendiamo fare rete contro ogni forma di violenza ed essere vicini a tutte quelle studentesse di Kabul che nascondono i documenti di iscrizione all’università e che bruciano i vestiti e svuotano le trousse con i loro trucchi, che chiudono i profili Instagram, e che si procurano dei chadari, i burqa afgani per scongiurare la violenza dei talebani”.

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